Quell'anno, la famiglia di Gaia, aveva preso parte alle celebrazioni senza alcuna intenzione di festeggiare. Non c'era allegria negli occhi dei tre nobili che si recavano al luogo del rituale, tuttavia, non risparmiavano i saluti a chiunque conoscessero. Durante gli anni precedenti erano soliti uscire per strada e avviarsi lentamente, per potersi permettere le chiacchiere di convenevole uso con gli amici, o i conoscenti che a loro volta si erano riversati per le strade affollate. Si poteva dire che fosse il periodo preferito di Livia Giulia: da quando si era ritirata ad una vita più consona per una donna del suo rango, dopo il matrimonio, erano rari gli eventi che le concedevano, senza scandalo, una conversazione con le amiche compagne di adolescenza. Notava, quasi con sollievo, che tutte coloro con cui aveva condiviso parte della sua vita, ne avevano condotta una molto simile alla sua. L'ambiente in cui era cresciuta le aveva dato delle amicizie di rango uguale a quello che poteva vantare, quindi, come da regola, la loro vita si era svolta secondo un costume antico e radicato fin dall'antichità di Roma, fin dall'era di Romolo stesso. Spesso, passeggiando per le vie, in quelle occasioni, osservava bene il resto del mondo. Vedeva i contadini mietere le ultime spighe prima di concedersi del meritato riposo, oppure cogliere la frutta, dipendeva dalla stagione che caratterizzava quel periodo. Gli abiti da cerimonia del popolo non erano nemmeno paragonabili ai suoi, nemmeno a quelli che riservava alla quotidianità. Capitava spesso che si sentisse osservata in certe situazioni: ammirazione, con un leggero presagio di timore reverenziale. Assieme alle calende di Maius, i Lupercalia erano decisamente le sue celebrazioni preferite: attribuiva la scelta al fascino che i culti misterici, i cui segreti erano noti solamente ai sacerdoti, e che catturavano l'attenzione di tutti, generando una strana emozione di soggezione nelle masse. Tuttavia, in quel particolare anno, erano ben altri i pensieri che affollavano la mente della matrona. Gaia Valeria, sua figlia, camminava incerta al suo fianco. Il disagio era palese in lei in modo particolare, oltre che negli occhi della madre. Publio Valerio le aveva posto una mano sulla spalla, per rassicurarla, o almeno così si sarebbe detto. La ragazza tratteneva le lacrime, all'idea dell'imminente matrimonio cui nessuno avrebbe potuto opporsi: si rassicurava pensando all'aleatoria e improbabile speranza di lasciare Roma con Fearghal e la loro figlia, per poi farsi travolgere nuovamente dal vortice di disperazione che le lasciava questo pensiero. Aveva ripreso, con la dovuta cautela, ad uscire durante le nottate, nonostante ne fossero passate molte prima che il gallico decidesse di fare lo stesso, rammaricandosi poi del poco tempo che trascorreva con la sua amata, vista la perpetua stanchezza. Cercava di farselo bastare, e di godersi appieno i momenti con quella ragazza che, se prima sembrava poter piegare il mondo intero con uno sguardo, ora era solita esprimere i suoi pensieri pessimisti, avvolta in una mantilla, alla luce della luna. Gaia si meravigliava di come il gallico riuscisse senza fatica a strapparle un sorriso, di come il tempo sembrasse immobile quando erano assieme. Capitava spesso che, seduto con la schiena contro uno degli ulivi, facesse stendere Gaia sulle sue gambe e parlasse ad una figlia che ancora non poteva capirlo, con le mani posate sul ventre della giovane, nella sua lingua, che mai aveva rinnegato o dimenticato. Questo pensiero faceva sorridere la ragazza, nonostante la situazione, e le consentiva di continuare a muovere i suoi passi, senza un particolare entusiasmo, poco più indietro della madre. La famiglia aveva rallentato in prossimità di un'altra domus, decisamente meno sontuosa della casa di campagna del centurione, il piccolo appezzamento verdeggiante era poco curato, e si potevano notare le prime margherite che si ergevano incerte all'aria ancora rigida. Gaia ricordava vagamente quel luogo, che faceva parte della Roma più interna e cittadina ed era parte del transito obbligatorio che la ragazza compieva correndo per recarsi all'arena dal padre, non si era mai chiesta, tuttavia, chi vi vivesse. Un uomo in divisa, dall'aspetto anziano, si era palesato all'uscio, accogliendo Publio Valerio e la moglie con un sorriso. "Bellicus!" aveva esclamato il soldato, abbracciando quello che, d'improvviso, Gaia aveva ricordato come il suo superiore militare. L'anziano, dal canto suo, aveva invitato tutti ad entrare, dopo aver riservato le formalità di circostanza alle due domine. I due uomini avevano preso a discutere, mentre si accomodavano. Bellicus non aveva più condotto campagne, a causa della sua età, preferendo un incarico di vigilanza nel centro di Roma, l'uomo che prima ricopriva un alto grado, ora seguiva gli addestramenti delle reclute, mentre Publio Valerio, che ora sottostava al sovrintendente di un'altra unità, con la sua Martia Legio preparava una strategia utile alle imminenti campagne che lo avrebbe condotto nuovamente al nord, col favore dell'aria mite che pareva voler imporsi prima sul freddo, quell'anno. "Mi hanno consegnato dei soldati Edui, a dir poco selvatici, non ci comprendono. Il loro valore, però, è superiore a quello dei nostri. Ci avevi visto lungo addestrando quell'elvetico al costume romano, centurione." aveva proferito con un mezzo sorriso il vecchio. Sentire citare Fearghal aveva fatto abbassare lo sguardo alla giovane Gaia, ma in modo impercettibile, nessuno pareva accorgersi di lei.
"A proposito di Gallici, il ragazzo che hai addestrato quando entrerà tra le fila dell'esercito?" aveva incalzato Bellicus. "Presto, pensavo di condurlo alle campagne del prossimo autunno. È abituato al freddo, potrebbe tornare utile." aveva constatato velocemente. Tutti gli occhi si erano poi concentrati sulla ragazza vestita di color carminio, che sedeva accanto alla madre, in silenzio. Bellicus le aveva sorriso amabilmente, chiedendole con un tono più proprio di un'affermazione che di domanda: "E così tu sei Gaia... sembrano essere passati solo pochi giorni da quando ti intrufolavi nell'arena per cercare Valerio.". Gaia aveva annuito e sorriso a sua volta, visibilmente in imbarazzo. "Quindi vi farebbe piacere che la ragazza sposasse mio figlio?" aveva continuato l'uomo, ricevendo un cenno affermativo sia da Livia Giulia che da Publio Valerio. "La sua prima moglie è morta di parto qualche anno fa, ma farlo sposare con Gaia renderebbe l'amicizia tra le nostre famiglie una vera e propria alleanza." aveva pensato ad alta voce mentre squadrava la ragazza, con l'intento di studiarla. "Ci potrebbe essere un inconveniente." aveva proferito a bassa voce ma risoluta la madre di lei, ricevendo uno sguardo interdetto da Bellicus, che la invitava a proseguire con il suo discorso. "Gaia Valeria è incinta." aveva concluso la donna, abbassando lo sguardo imbarazzata. Bellicus aveva sorriso, chiarendo che, se non si fosse saputo, non ci sarebbero stati problemi di alcun tipo, costringendo i genitori della giovane a qualsiasi condizione per salvare l'onore della figlia e della famiglia. Le trattative erano proseguite tranquillamente,nonostante la tensione che aleggiava nella stanza, Gaia aveva abbassato la testa sfogando silenziosamente il suo pianto furioso, quando l'attenzione di tutti era stata catturata dallo sbattere violento della porta. Un uomo di non più di trent'anni aveva fatto irruzione nella casa, spaventando gli ospiti e guadagnandosi uno sguardo di disapprovazione da parte di Bellicus. "Lui è Ateius, mio figlio." aveva proferito stoico, indicando l'uomo che si stagliava sull'uscio della porta, una cicatrice evidente gli percorreva la clavicola destra, e andava serpeggiando al di sotto dell'abito festivo che aveva indossato in occasione dei lupercali. "Lei è Gaia Valeria Corvina, la sposerai." aveva aggiunto non ammettendo repliche. L'odore di alcol che si era sparso per tutta la stanza nauseava la giovane, che manteneva uno sguardo basso e glaciale. Con pochi passi le si era parato davanti costringendola per un braccio ad alzarsi. "Non male la ragazzina" aveva biascicato evidentemente ebbro, generando uno sguardo preoccupato della madre della ragazza. Gaia aveva di colpo sollevato lo sguardo, strattonato il suo braccio dalla presa dello sconosciuto. "Non ti sposerò mai." aveva chiarito puntando i suoi occhi verdi in quelli castani di lui, cui l'unico risultato era stato una risata canzonatoria. La parola era stata presa da Bellicus, che si era rivolto al figlio: "La ragazza è incinta. Regola i tuoi modi.". L'unica risposta concessa dall'uomo prima che uscisse nuovamente era stata pregna di insulti verso la giovane, che aveva chiamato con l'appellativo proprio delle prostitute che operavano nella città: "Dovresti ritenerti onorata che io voglia sposarti, lupa, non penso che tu sia qui per scegliere.".
Livia Giulia aveva abbracciato la figlia che versava lacrime di umiliazione, mentre Publio Valerio, che non aveva battuto ciglio alla scena, confermava e sottoscriveva l'alleanza con il suo superiore.
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Gallia
Historical FictionAnno 80 avanti Cristo: Elvezia, Gallia transalpina. Un ragazzo viene trovato armato al confine coi territori romani, quindi costretto ad abbandonare le sue montagne per seguire Publio Valerio Corvino, stimato centurione, a Roma. I segreti e gli intr...