CAPITOLO 7

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"Dai fratello, sbrigati!!" sbuffò Dominic appoggiato allo stipite della porta. Sì, perché questo erano diventati: fratelli.

"È più di mezz'ora che sei chiuso lì dentro... Oddio, non mi dire che ti stai truccando anche tu?!?" e fece una smorfia tragicamente buffa.

Nessuna risposta.

"Well, l'hai voluto tu, se entro 5 secondi non esci da lì, giuro che butto giù la porta!" si spazientì, puntandogli contro un dito minaccioso.

"Uno! Due! Tre!... Qu..." cominciò a contare, ma venne interrotto da un rumore di chiavi.

"Finalmente!" disse esasperato.

Lanciò un fischio.

Davanti a lui, c'era una giovane ragazza in tutta la sua bellezza; elegantissima, scarpe con il tacco abbinate al costoso vestito e un lungo visone bianco che le circondava le spalle.

"Ciao bellezza, ci conosciamo?" le domandò avvicinandosi pericolosamente.

Dominic alzò le sopracciglia con fare eloquente.

Charlotte, dapprima spiazzata dalla sua sfacciataggine e poi dal suo fascino (in smoking era decisamente uno schianto), per calmare i suoi bollenti spiriti (e pensieri!) gli diede un pugno sul braccio, fingendosi inorridita: "Ma come ti permetti!?" e se ne andò con modi da diva.

"Ahi!" urlò Dominic, preso in pieno.

"Te la sei cercata, Dom! disse Ray, poggiandogli una mano sulla spalla. Dominic lo scrutò bene in viso. "Che c'è?" domandò. "... Mhh... Stavo vedendo se ti fossi truccato o meno!" rispose Dominic facendogli una linguaccia.

Ray strinse la stretta sulla spalla: "Non provarci mai più come prima... Ci siamo capiti?". Dominic annuì dolorante.

"Ehi, voi due! Vi muovete o no?" strillò Charlotte dall'altra stanza.

Giusto, dovevano andare.

Non succedeva tutti i giorni di riuscire a rubare un gioiello, anzi il gioiello per eccellenza.

Dovevano festeggiare.

Aveva aperto da poco un nuovo locale all'angolo della strada, quella era la loro destinazione di stasera.

La scritta "ROAR" capeggiava sull'immensa porta d'ingresso.

Varcare quella soglia era come entrare in un altro mondo fatto di luci, abiti costosi e soldi.

L'aria era densa di gin, tabacco e fragranze dei delicati profumi delle signore.

Tutta l'élite della Londra degli anni '20 gli si presentava davanti in tutta la sua ricchezza e splendore.

Ordinarono da bere all'enorme e lucente bancone del bar.

Si rivolsero ad un sorridente barista: " Un gin per me e un whisky per questo giovanotto qui, mentre per la signorina un Martini" Ray gli sorrise e gli lasciò una lauta mancia. Il barista asserì con un cenno del capo e andò a preparare i loro drink.

"Tesoro, sbrigati a tornare che devi prenderla meglio la mia ordinazione" cinguettò maliziosa Charlotte, rivolta al ragazzo. Quest'ultimo arrossì violentemente.

"Lottie!!" la rimproverarono i suoi compagni.

"E allora? Una vera signora deve saper giocare le sue carte migliori per farsi offrire da bere... E poi, parli proprio Ray che stai lanciando occhiolini a tutte le signore in sala da quando siamo entrati!".

Si lisciò il visone furbetta e li sfidò: "State a guardare, principianti" e con un gesto della mano richiamò il barista.

Si sporse di più sul bancone e e gli sussurrò lentamente all'orecchio: "Tesoro, senti...". E intanto giocherellava con il colletto della sua camicia.

Dominic la guardava divertito.

Ray invece stava per diventare bordeaux dalla rabbia.

"... Non è che il prossimo giro, eh?..." gli si avvicinò ancora di più: "... Se lo farai, ti permetto di raggiungermi nella mia stanza d'albergo finito il turno. Che ne dici, honey? Lo faresti per me?"

Il barista deglutì.

Charlotte gli stampò un bacio sulla guancia lasciandogli volutamente il segno del rossetto.

Si rimise seduta e attese la risposta.

Risposta che non tardò ad arrivare: "Eh-ehm... Ehm... Va bene! Il prossimo giro lo offre la casa" e se ne andò di corsa sul retro. Probabilmente a piangere dalla vergogna.

"Bang! Colpito e affondato!" esultò Charlotte, alzando il pugno al cielo.

Ray la fulminò con lo sguardo.

"Lottie, ma tu non hai una stanza in un albergo" disse Dominic confuso.

"Ma lui non lo sa... Oops!". Dominic rise alla sua risposta mentre le batteva il cinque.

Diedero un lungo sorso ai propri drink.

Improvvisamente, Dominic si voltò verso il palcoscenico, dove la band aveva richiamato l'attenzione del suo pubblico.

Aveva sentito un rumore di tacchi salire in scena e incuriosito, si era girato a guardare. Voleva vedere che tipo di donna fosse riuscita ad azzittire un gruppo di suonatori e un'intera sala, con il solo suono dei suoi passi.

E poi la vide.

Si fermò con il bicchiere a mezz'aria con la bocca spalancata.

Non aveva mai visto niente del genere; una fluente chioma rossa che sembrava aver vita propria, un corpo snello e slanciato fasciato in un abito di raso nero.

I suoi occhi si posarono su quella stravagante piuma che aveva nei capelli, passarono per quelle labbra piene e sensuali per poi andare su quei pendenti abbinati alla costosa collana che le ricadeva sul petto.

Tornò a concentrarsi sugli occhi: verdi, magnetici, da gatta. Lo tenevano incollati ai suoi come se fossero una pericolosa calamita.

E infine sentì la sua voce.

Che lo incantò come una sirena che ammalia un marinaio alla deriva nel bel mezzo di una tempesta.

IL RUGGITO DELL'OCEANODove le storie prendono vita. Scoprilo ora