You must accept that I'm a little out my mind
A quell'affermazione Maryanne rimase interdetta, non sapeva come reagire. Sicuramente la cosa che più voleva in quel momento era uscire e tornare dalla sua famiglia, tornare alla sua vecchia vita quando era più felice e fuori dall'ospedale psichiatrico, luogo in cui non doveva stare.Avrebbe voluto accettare, lo avrebbe fatto al volo, ma una parte di sé le diceva di non fidarsi del ragazzo, cosa ne sapeva lui su come uscire da lì, se ne fosse stato in grado allora lui non ci sarebbe stato lì, sul suo letto, quella notte.
Non voleva non fidarsi anche di lui. Sapeva che lui meritava la sua fiducia, sapeva che se si trovava bene a passare del tempo con lui significava che era speciale come lei. Non doveva perdere l'unica persona che le somigliava. Voleva dire la cosa giusta, non voleva dire la cosa sbagliata e farlo andare via.
Andare via era la cosa che desiderava fare. Continuare ad avere lui accanto era importante. Seguendo questa logica la risposta veniva da sé.
Alzò il suo sguardo e lo guardò diritto in volto. La sua era un'espressione convinta e seria, non c'era un briciolo di esitazione nei suoi occhi azzurri. Lui aveva le idee chiare su cosa fare e probabilmente sapeva anche come farlo. Bastò quello sguardo per rassicurare le sue insicurezze.
«Eric» iniziò a pronunciare con tono basso per non farsi sentire da nessuno. Seppure opprimente risultava semplice riempire il silenzio e farsi scoprire, e l'ultima cosa che voleva era che venissero scoperti. Non sapeva cosa sarebbe successo in tal caso, ma non voleva scoprirlo.
Il giovane la fece ammutolire racchiudendo le mani della ragazza fra le sue, il suo era un tocco freddo che fece rabbrividire per un istante Maryanne. Poi prese parola, «Devi solo dirmi se vuoi andare via da qui con me» le domandò non distogliendo mai i suoi occhi azzurri da quelli neri di lei, un gesto che a lui risultava molto facile. Si impose di non pensarci troppo, lei voleva andare via con lui. «Sì».
Si distese sul letto e stanca iniziò a chiudere gli occhi con le palpebre che pesavano come macigni. Il ragazzo si sedette sul bordo accanto a lei e iniziò ad accarezzarle i capelli. Passò con la mano anche sulle guance dove con dolci e leggeri tocchi fece scivolare le dita affusolate sulla pelle rosata di Maryanne. Diventava così indifesa mentre dormiva.
Maryanne percepì un flebile tocco sulla sua guancia, come un bacio, poi cadde nel sonno.
° ° °
L'indomani mattina, come succedeva ogni volta, si risvegliò sola nella camera. La luce che proveniva dalla finestra aperta per metà suggeriva che erano all'incirca le sette e mezzo del mattino e di lì a poco avrebbe dovuto assumere le sue medicine.
La giovane si era già rassegnata all'idea di doverle rimettere ogni giorno, avrebbe potuto nasconderle sotto la lingua, ma aveva paura che qualche infermiere le avrebbe chiesto di controllare per scrupolo. Vomitare non le piaceva, ma era l'unico modo per non lasciarsi controllare da loro, per continuare ad avere un pensiero libero.
Si lasciò indosso il pigiama della clinica, quel giorno non badò molto ad indossare qualcosa di suo per potersi sentire meglio. Iniziò ad andare avanti e indietro per la stanza ripensando a quello che era successo la notte prima.
Se davvero ci fossero riusciti, se fossero riusciti ad andare via, lei sarebbe stata libera. Insieme avrebbero potuto scappare ed andare in luogo lontano da tutto il resto del mondo. Lei avrebbe portato sicuramente la sua famiglia con sé, non l'avrebbe mai lasciata indietro, e sarebbe finalmente potuta essere felice con le uniche persone realmente importanti.
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When We Are Gone
General FictionNon era semplice mettersi nei suoi panni. Non era da tutti provare empatia nei suoi confronti. Agli occhi del mondo quello era l'unico posto giusto per lei. Per gli 𝘢𝘭𝘵𝘳𝘪 sarebbe dovuta restare lì a vita, o almeno fino a pronta guarigione. Per...