Capitolo Ventesimo- seconda parte

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Is our secret safe tonight?

Le lancette segnavano le ventidue in punto e con la precisione di un orologio svizzero alla porta di camera sua si presentò di soppiatto Eric. Lo stava aspettando seduta a gambe incrociate sul suo letto. Non vedeva l'ora di avere novità riguardo la fuga, non si era neanche messa il pigiama.

Non disse nulla, semplicemente la guardò con un mezzo sorriso che fece increspare il lato destro delle sue labbra. Le si sedette accanto e le poggiò un braccio a circondarle le spalle e la avvicinò di più a sé. Questo gesto costrinse Maryanne a sciogliere le sue gambe e a tenerle dritte, così da farle prendere dal latto.

Si avvicinò molto al corpo del ragazzo e poggiò la testa sulla sua spalla. Aveva trovato una posizione comoda che non avrebbe mai voluto cambiare. Eric le fece qualche carezza sulla spalla, e continuò a stringerla a sé. Non l'aveva mai sentito così tanto vicino.

Eric ruppe il silenzio schiarendosi la voce, allontanò il suo braccio e fece in modo che anche Maryanne facesse lo stesso, allontanandosi da lui. Quando parlava tendeva sempre a volere un contatto visivo per fare in modo che le parole arrivassero più chiare e forti all'interlocutore.

«Maryanne volevo fare una cosa» disse calmo guardandola negli occhi e mettendole non poca soggezione. Non si sarebbe mai abituata a quello sguardo che le metteva il freddo nelle ossa. Era un gelo che non era dovuto all'intenzione dello sguardo, quanto al colore in sé, così chiari da non sembrare umani.

«Cosa?» chiese sommessamente. Continuò a tenere il suo sguardo, anche se il gelo le stava frantumando le ossa. «So dove Knight tiene le cartelle dei pazienti. Sono nel suo ufficio» spiegò fiero della sua scoperta, ma senza scomporsi di un minimo.

«Tu volevi sapere cosa ci fosse scritto sulla tua no? Possiamo farlo oggi. Dobbiamo leggerle prima di andare» la incoraggiò. Aveva colto dell'insicurezza nello sguardo. Voleva quanto lui leggerle e scoprire tutte le stupidaggini che ci avevano scritto sopra, però non era certa che il modo migliore fosse quello di violare l'ufficio di notte.

Rimase lì a guardarlo. Lui le teneva le mani strette. Non aveva il coraggio di dirgli di sì, come non ne aveva per dirgli di no. Avrebbe preferito non riposndergli per evitare di incorrere in conseguenze più serie, non voleva finire in isolamento per davvero, sarebbe stato molto più difficile procedere con la fuga in tal caso.

Eric le prese i polsi iniziò a stringerli, non forte, ma con una leggera pressione che aumenta impercettibilmente, di fatti non si rese conto del fatto che stava provando dolore solo dopo un po'. Precisamente aumentò la presa dopo averle posto una domanda. «Quindi, ci stai?».

Maryanne ci pensò. Eric non avrebbe mai lasciato che lei corresse dei rischi inutili, sarebbe stata al sicuro fin tanto che lui le fosse rimasto accanto. Annuì con il capo. Fu un leggero movimento che non passò inosservato agli occhi di Eric; come un falco che avvista un topolino da lunga distanza.

«Ottimo» si alzò con un balzo dal letto, sembrava estremamente felice di averla convinta. Le presa la mano e la fece alzare a sua volta. Le mise le mani sulle spalle e la guardò dritto negli occhi con un sorriso che trapelava allegria e speranza.

«Vedrai che andrà tutto bene, ti fidi di me?» domandò, fece trapelare una punta di offesa nell'ultima affermazione, non avrebbe accettato di buon grado una risposta negativa secondo Maryanne. «Sì» rispose. Si guardarono per un secondo e poi le disse di recuperare una forcina dal suo bagno.

Non sapeva come avesse fatto ma aveva ragione, nel suo bagno, gettata in disparte nel ripiano del lavabo, c'era una forcina che aveva portato con sé la prima volta che aveva messo piede nella sua camera. La prese e, come la volta precedente, riprodussero ogni mossa, uscirono dalla stanza lasciando socchiusa la porta, sempre per lo stesso motivo.

When We Are GoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora