Capitolo Tredicesimo

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It' alright, we'll survive, coz parent ain't always right


Seduta al piccolo tavolo rotondo presente in cucina attendeva che la sua colazione, latte caldo con cereali, fosse pronta. Era seduta alla sua sedia, era l'unica a prendere parte alla colazione, non c'era nessuno a tenerle compagnia. Come ogni mattina in cui aspettava che il fornello facesse il suo lavoro e riscaldasse il pentolino con la sua fiamma blu, stava ammirando la tovaglia in plastica che proteggeva la superficie in legno del tavolo.

Era una tovaglia in plastica che puzzava un sacco di petrolio la prima volta che la uscirono della confezione. Serviva a proteggere il tavolo, e a dare colore alla stanza, così diceva sua madre. La tovaglia era decorata con fiori rosa e gialli che si stagliavano per tutta la superficie. Questi nascevano in piccoli riquadri, cornici, ma poi ne uscivano con i petali.

Aveva passato talmente tanto del suo tempo a fissare quella tovaglia che ne aveva imparato ogni dettaglio. Aveva imparato come ci fosse lo stesso numero di fiori gialli e rosa. Aveva visto che i fiori gialli somigliavano a girasoli e invece quelli rosa a tulipani. Come quelli gialli riuscissero ad uscire dal riquadro di più rispetto a quelli rosa. E aveva imparato che se si fissava troppo sui fiori finiva per bruciare il latte.

Si destò dai suoi pensieri quando sentì in vago odore di bruciato. Puntò il suo sguardo sul ripiano cottura e vide come dal pentolino strabordava della schiuma bianca, segno che ormai il latte era pronto da tempo. Lei detestava quando si formava quella schiuma o la pellicina, la disgustava. Decise di sbrigarsi a spegnere la fiamma e ad agire con un colalatte per levare la schiuma.

Non appena concluse la sua operazione, che portò avanti con precisione chirurgica, non avrebbe permesso neanche ad un grammo di pellicola di infettare il suo latte, si sedette nuovamente ed in silenzio versò una porzione di corn flakes nella tazza. Si affrettò a mangiarne una cucchiaiata prima che questi diventassero una poltiglia insapore. Sentì dei passi raggiungere la cucina ma non ci diede peso, sapeva di chi si trattava.

Sua madre la raggiunse e con un sospiro pesante le accarezzò la spalla. Poi si fermò dietro di lei, annusò un paio di volte l'aria e poi si avvicinò al lavabo. Vide come il pentolino del latte era stato svuotato del suo contenuto e poi buttato sotto al getto d'acqua. Maryanne lo faceva ogni volta che bruciava il latte, per lei era una sicurezza, così da evitare che il pentolino potesse andare in combustione spontanea.

«Mary quante volte te lo devo ripetere? Quando prepari la colazione per conto tuo devi stare sempre attenta ai fornelli», quello non si poteva definire un rimprovero, era troppo tranquillo e esausto per esserlo. Lo ripeteva ogni volta, ormai lo recitava come se fosse una filastrocca, e ogni volta otteneva semplicemente un cenno con il capo dalla figlia. Tratto che aveva preso dal padre: non sapeva usare granché le parole.

Si girò verso la ragazza e le diede un piccolo bacio sulla testa mentre lei era ancora intenta a consumare la sua colazione alle dieci e mezza del mattino. La donna aveva portato la figlia più piccola, Cherry, a scuola ed era anche andata a fare della spesa, mentre Maryanne era riuscita solo a svegliarsi e bruciare il latte. «Buongiorno» disse.

Non riusciva a nascondere quanto la infastidisse il fatto che stava sprecando la sua giovinezza e, soprattutto, la sua vita. Stava uscendo sempre meno di casa, ormai non lo faceva più. Qualche tempo prima non restava sempre dentro l'abitazione. Anche se non sopportava che uscisse alle sette di sera per poi ritornare alle due o alle tre, dopo aver passato tutto quel tempo chissà dove e con chi, almeno sapeva che non marciva fra quelle quattro mura.

Non avrebbe mai immaginato di dirlo, ma avrebbe preferito sapere che era in giro in piena notte con degli amici anche poco raccomandabili, perché in quel caso sarebbe riuscita a giustificare il fatto che si svegliava tardi ed era perennemente stanca. Ma ora che non metteva piede fuori casa non sapeva proprio cosa pensare. Non voleva vederla così.

When We Are GoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora