Capitolo Sesto

20 3 8
                                    

I miss you, so far


Appena arrivarono alla porta della camera di Maryanne, Jimmy fece segno loro di aspettare e bussò un paio di volte alla porta. Dall'interno della stanza non giunse alcun rumore se non un mugolio, che forse stava ad indicare il permesso di poter entrare. Aprì la porta con calma e vide la ragazza giacere sul letto intenta a fissare il soffitto.

Ella non alzò lo sguardo verso l'assistente, ma quando sentì dietro di lui ulteriori passi, che seppe subito ricollegare, scattò a sedere sul letto. Non si sbagliava affatto, intravide dietro il ragazzo due figure incerte su cosa fare che erano rimaste sull'uscio. Jimmy non riuscì neanche a dire una parola che la giovane si alzò per dirigersi alla porta.

La prima a varcare la soglia ed entrare nella stanza fu la madre, che accolse nelle sue braccia quella che era sempre stata la sua piccola. La strinse a sé impiegando tutte le forze che poteva, non voleva lasciarla andare più. Inspirò il profumo dei capelli di sua figlia. Era una gesto involontario ormai, lo aveva sempre fatto, sin dalla prima volta che l'aveva tenuta in braccio.

Con una mano iniziò ad accarezzare le spalle, era un modo non verbale per rassicurarla. Tutto quello che voleva fare in quel momento Juliet era scusarsi e dirle che se anche per poco tempo lei ci sarebbe stata. Sarebbero state anche tutto il tempo in quel modo se Maryanne avesse voluto così.

«Scusa» mormorò la madre all'orecchio della figlia. Un paio di lacrime le stavano cadendo, rigandole così le guance che si stavano tingendo di rosa. «Scusami tanto» continuò a singhiozzare la donna, «Ma ora sono qui». Stava usando un tono talmente basso che solo Maryanne la comprese.

Ella stava affondando il volto nell'incavo del collo della madre. Si stava rifugiando in un luogo sicuro. Maryanne non la stava neanche abbracciando, lasciava che fosse la madre a cullarla. Lei teneva raccolte le braccia al petto così da poter essere accolta meglio dall'abbraccio materno.

Udì chiare le parole e le lacrime della madre e non voleva che lei stesse così male. Le faceva piacere che si fosse scusata, ma non doveva piangere, non c'era nulla da piangere, ora che potevano stare un po' insieme.

Nessuno all'interno della stanza voleva interrompere quel momento, ma purtroppo l'ingrato compito spettava a qualcuno e il portatore di questo onere si fece avanti, ricordando a tutti le regole durante gli incontri.

«Ehm» ruppe l'atmosfera di quel momento, «Signori Bell vi devo ricordare che l'incontro durerà soli pochi minuti e io sarò presente fuori dalla stanza la cui porta dovrà restare aperta», informò tutti sperando che la signora Bell avesse sentito tutto.

Ella sentendo le parole dell'assistente si riprese e si scostò appena dall'abbraccio. Con una mano si asciugò le lacrime che le stavano rovinando il trucco messo alla bene e meglio e annuì in senso d'accordo al giovane adulto. I tre componenti della famiglia si spostarono insieme al centro della stanza, Maryanne si sedette sul letto portando con sé sua madre, e Jimmy come detto si recò fuori dalla porta.

Non era affatto bello secondo Martin che un completo sconosciuto rimanesse lì ad origliare ogni parola che doveva rimanere nella privacy della sua famiglia, ma sempre meglio di nulla, si costrinse a pensare. Stava cercando di restare il più positivo possibile. Odiava tutti quei luoghi che gli ricordavano gli ospedali, ma stava cercando di farselo andare giù per sua figlia.

Maryanne che ancora non aveva spiccicato mezza parola incrociò lo sguardo di suo padre che aveva un leggero sorriso in volto. Era sinceramente felice di rivederla, ma odiava dover stare in quei luoghi.

«Guarda sorride, sembra felice, falso».

Faust aveva ragione, era strano vederlo sorridente. Non che lo vedesse sempre di cattivo umore o triste, solo che capitava raramente che un sorriso aleggiasse sul suo volto.

When We Are GoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora