Appena il cervello comunicò al cuore che il pericolo era passato, Eagle si precipitò nella strada adiacente, dove era rimasto l'amico. Phoenix si era lasciato scivolare a terra, sulle ginocchia piegate, e stava lì immobile. Alcuni passanti gli lanciavano occhiate di vago rimprovero, altri gli sfilavano accanto con indifferenza. Lui sembrava solo intento a respirare, come se fosse stato il compito più difficile al mondo. Eagle gli si fermò di fronte e lo squadrò dall'alto. Phoenix sollevò il viso e gli ricambiò lo sguardo. Improvvisamente pensò che era felice, felice contro ogni ragionevolezza, che fosse stato Eagle quello che aveva avuto accanto in quel momento. Eagle e nessun altro. Perché nei suoi occhi dorati c'era lo stesso dolore che albergava nei propri, e quella muta comprensione, quella vicinanza estrema al suo cuore, erano gli unici sentimenti che era capace di accogliere e sopportare in quel momento.
Eagle gli tese la mano senza parlare e Phoenix l'afferrò senza protestare. A nessuno dei due occorreva altro se non quel contatto, quella stretta.
Esattamente come gli aveva predetto il Secondo Maestro, Eagle comprese con assoluta certezza di essere lo spirito affine di Phoenix. Gli era già capitato più e più volte di provare una profonda empatia, quasi un legame mentale ininterrotto con il vecchio Phoenix. Lo strano sogno che lo aveva tormentato la notte della sua morte ne era una prova. Ma con quel ragazzo che aveva davanti era ancora più forte. Le loro anime si somigliavano, sentivano allo stesso modo.
Phoenix si tirò su e seguì Eagle fino all'automobile. Rientrarono a Fulham Palace senza scambiare una parola. Phoenix guardava fuori dal finestrino, Eagle guardava lui. Una parte del suo cuore temeva una reazione che sembrava tardare e che, proprio perché non si era ancora manifestata, avrebbe potuto essere più esplosiva, violenta, irrazionale. Pensò perfino che Phoenix avrebbe potuto provare a scappare, come già aveva tentato una volta, così lo tenne d'occhio per tutto il tempo, soprattutto appena ebbe sistemato la macchina nella rimessa ed entrambi uscirono dall'abitacolo. Aveva fretta di tornare dentro, Eagle, come se le mura della villa fossero una protezione sufficiente per allontanare i suoi timori. Accelerò il passo verso l'uscita che li avrebbe condotti al giardino, quando la voce di Phoenix lo arrestò.
"Eagle, aspetta".
Aveva pronunciato quelle due parole con affanno, con una voce spezzata che poco somigliava al suo abituale tono baldanzoso. Eagle si girò a squadrarlo e vide con sorpresa che era rimasto appoggiato al fianco della Clubman verde. Anzi, vi si era praticamente abbandonato contro e non sembrava intenzionato a muoversi da quella posizione.
"Che c'è?", azzardò piano, muovendo un passo verso di lui.
L'altro non rispose immediatamente. Serrò le palpebre, contrasse la mascella e si strinse le braccia attorno al petto. Eagle si avvicinò ancora, con cautela, senza riuscire a farsi un'idea di ciò che stava accadendo. Quando gli fu praticamente di fronte, Phoenix sollevò il capo e cercò di ricomporre l'espressione del viso. Afferrò il bordo inferiore della maglietta e, lentamente, lo sollevò fino a scoprirsi il petto. Eagle sussultò e istintivamente si ritrasse. Il torace di Phoenix era striato di segni rossi e gonfi, come se fosse entrato in contatto con un corpo rovente che lo aveva ustionato in più punti, e quelle bruciature erano chiaramente la fonte del dolore acuto che lo stava attanagliando, al punto da impedirgli di muoversi.
Appena si fu ripreso dal primo stupore, Eagle si precipitò verso di lui, afferrò la stoffa che l'altro aveva sollevato, la allontanò ancor più dalla sua pelle e rimase a fissare sgomento il rosso pulsante di quelle lesioni.
"Phoenix...", boccheggiò.
L'irlandese si sforzò di sorridergli.
"Ti devo delle scuse, Eagle", mormorò. "Perché avevi ragione tu e io non ti ho dato retta. Non lo capivo davvero, ma ora lo so: voglio che lei viva e che sia felice, a qualsiasi costo. Anche se questo dovesse significare rinunciare a me stesso. Perché nessuno lo merita quanto Ailleann".
Eagle lo studiò come se dovesse capire il senso di ogni singola parola.
"Tu... hai desiderato questo?", domandò cauto. "Hai desiderato annullarti perché lei potesse stare bene?".
Phoenix annuì e Eagle accolse quel gesto come una risposta definitiva, uno spartiacque tra un prima e un dopo, un confine che non poteva più essere valicato.
"Dobbiamo andare subito dentro", disse, osservando le ustioni con preoccupazione, come se ormai fosse solo quello l'unico problema rimasto. "Devi farti medicare immediatamente".
L'altro si ritrasse e lo allontanò con un gesto della mano che voleva, allo stesso tempo, essere rassicurante.
"No", replicò. "Bruciano ma, in qualche strano modo, non fanno male".
Si lasciò scivolare fino a sedere a terra, le spalle contro la portiera dell'auto.
"Restiamo qui per un po', per favore", chiese, osservandosi il petto ancora una volta. "Sta passando, guarda".
Eagle si chinò a osservare meglio le bruciature. Dal suo punto di vista, era assolutamente indecidibile se ciò che Phoenix sosteneva fosse vero oppure no. A lui sembravano solo ustioni che andavano curate il prima possibile, ma scelse di fidarsi. Si sedette sul pavimento di resina, deciso a fargli compagnia. Phoenix si coprì nuovamente, lasciò andare le braccia lungo il corpo e chiuse gli occhi. Eagle rimase a fissarlo. In quel lasso di tempo che trascorse nel silenzio, la sua mente cominciò a proiettarsi da un pensiero all'altro, da un ragionamento all'altro. Se in un primo momento era subentrata la paura e la preoccupazione, successivamente non era riuscito a schivare un altro tipo di considerazioni: quella reazione non era normale. Era Fuoco e gli era esploso dentro. Non l'aveva proiettato all'esterno, come avrebbe dovuto. Si era manifestato violentemente sul suo corpo, ma allo stesso tempo, se doveva credere alle sue parole, non gli stava facendo male. Non nel modo comune con cui un'ustione avrebbe tormentato un qualsiasi essere vivente. Tuttavia, quali fossero le sue riserve, era senza dubbio il suo potere, quello. Il potere del Fuoco. Eagle non poté che guardarlo con ammirazione nel momento in cui ne ebbe la certezza.
Phoenix prese un profondo respiro e si passò una mano lungo tutto il torace, fino all'addome, con calma innaturale, come se in effetti l'ustione stesse svanendo, e con essa il dolore.
"Andiamo", disse infine.
Eagle si levò in piedi e gli tese una mano. In quell'istante, la familiare vertigine lo colse e lo obbligò a chiudere gli occhi. Tenne serrata la mano di Phoenix ma non si mosse, perché tutto intorno a lui aveva cominciato a volteggiare a un ritmo insostenibile. Respinse la nausea che lo assaliva e lottò per recuperare lucidità. Quando sollevò le palpebre, la sua espressione si rifletté in quella di Phoenix, che aveva il medesimo sconvolgimento.
È forse possibile che...
"Lo hai sentito?", chiese con urgenza.
Phoenix annuì, senza smettere di fissarlo.
"Lo hai sentito anche tu?", ripeté Eagle, come alla ricerca di una ulteriore conferma.
"Sì", scandì Phoenix, mentre finalmente lasciava la stretta di Eagle e si rimetteva in piedi. "Il calore dei venti solari, lassù, e... masse di fuoco sottoterra, che si agitano in modo spaventoso".
Eagle lo studiò ancora per qualche istante, annuendo lievemente. Il suo viso, prima serrato per lo stupore e la paura, si stava schiarendo lentamente, fino ad aprirsi in un sorriso.
"Dovremmo dirlo subito ai Maestri", propose quasi esultante, con una leggera punta di orgoglio.
Phoenix ridacchiò restituendogli una smorfia divertita.
"No", replicò con tono caustico. "Hai detto che la Terra non finirà in una notte, giusto?".
Eagle annuì senza smettere di sorridere. Dentro di sé sapeva già dove l'altro voleva andare a parare e, in fondo, l'idea di assecondarlo stuzzicava anche lui.
"Allora prendiamo tempo", propose Phoenix, lanciandogli un cenno d'intesa. "Lasciamo che Raven impazzisca ancora un po' e poi... che l'Opera cominci pure, noi saremo pronti!".
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Opera [Great Work #1]
Fantasy"Ehi, Raven... tu pensi mai a come sarebbe una vita normale?". "Che cosa intendi con normale, Swan?". "Intendo la vita com'è là fuori. Senza addestramenti, senza segreti, senza orari impossibili e regole da rispettare". "Senza mistero e senza bellez...