FALL 7 - La nostra culla o la nostra tomba

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"Credevo che finire all'inferno significasse cuocere nel fuoco eterno tormentato da diavoli sadici e puzzolenti, ma addirittura rischiare di soffocare o sfracellarmi in un pozzo senza fondo in tua compagnia! Devo darti ragione, per una volta: hanno parecchia fantasia da queste parti!".

"Che ne dici di risparmiare il fiato, Phoenix?".

"Sto cercando di fare conversazione, Pigeon. Non mi entusiasma stare in silenzio a pensare ai mille modi in cui potremmo morire qua sotto".

"Figurati a me!".

"Almeno di tanto in tanto riesci anche a dire la verità, eh, Peacock?".

"Che vuoi farci? È bello trovare qualcuno di cui fidarsi, di tanto in tanto".

Il tenore delle loro discussioni di profondità era quasi sempre lo stesso ma, con il passare dei giorni, Phoenix e Raven stavano cominciando quasi ad affezionarsi a quel gioco delle parti. La voce dell'altro stava diventando l'unica certezza, l'unica consolazione. Il segno tangibile che non erano soli e che erano ancora vivi.

Diversamente da quanto Raven aveva immaginato, il pozzo era stato proprio pensato perché qualcuno vi si calasse dentro. Oltre ai cavi d'acciaio ai quali si erano agganciati, le pareti del canalone erano provviste di maniglie e sporgenze disseminate lungo la discesa. Avevano iniziato coprendo distanze ragionevoli e ancora alla portata della voce di Eagle, che restava ad aspettarli sul bordo della voragine. Erano state esplorazioni caute, alla ricerca del vero significato di quella trivellazione sotterranea. Si erano detti che dovevano allenarsi per riuscire a scendere sempre più in fondo, abituarsi a quella bizzarra situazione. Quello che non si erano detti, pur comprendendosi perfettamente l'un l'altro, era il vero significato da dare a quel termine, abituarsi. Non era ai moschettoni e allo spazio chiuso che dovevano abituarsi, ma piuttosto a gestire le loro sensazioni. Più scendevano, più entrambi provavano quell'irresistibile forza di attrazione, come due piccoli magneti di fronte a un'immensa calamita. A ogni metro le loro percezioni erano amplificate, al punto da far loro girare la testa. La sensibilità innata che provavano verso i movimenti del sottosuolo terrestre e verso il calore diventava sempre più insopportabile, ed era appunto la loro capacità di governare le proprie reazioni quella che dovevano affinare, giorno dopo giorno.

Eagle si era assunto il compito di restare nella camera quadrata per tutto il tempo della loro esplorazione. Teneva sott'occhio i movimenti magnetici e l'angoscioso conto alla rovescia del cronometro, e allo stesso tempo vigilava sulla loro discesa, pronto a intervenire in caso di necessità.

Swan era praticamente la sola che continuava a fare la spola con il mondo esterno, con tutto ciò che continuava a esistere al di fuori di quella situazione innaturale, che sembrava obbligarli a una vita sospesa fuori dal tempo. Anzi, contro-tempo. All'inizio aveva impiegato tutte le sue forze per scandagliare la villa e il giardino da cima a fondo. Eagle le aveva parlato dell'ipotesi di Raven che esistesse un altro luogo speciale per loro due. Così aveva cercato furiosamente un posto che risvegliasse la sua attenzione, che l'attraesse in modo speciale, ma non era riuscita a trovare nulla che le provocasse una reazione simile a quella che Phoenix le aveva descritto a proposito della voragine. Con il passare dei giorni, si era sentita irrimediabilmente stanca e sfiduciata. Scendeva nella camera sotterranea sempre più spesso e vi restava ogni volta più a lungo, come se quel luogo fosse diventato l'ultimo rifugio possibile di fronte alla disperazione.

Erano tutti stanchi, d'altronde. Phoenix e Raven erano provati dalle continue esplorazioni, che li portavano ogni giorno più a fondo senza fornire loro nuove risposte, oltre alla certezza che le loro percezioni diventavano sempre più vivide e forti. Eagle, da parte sua, cercava di restare vigile quanto possibile, ma le ore passate in attesa sul bordo del pozzo si facevano insostenibili. A peggiorare il loro umore contribuiva il tempo che fuggiva, scandito inesorabilmente dalla luce crudele dei loro cronometri.

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