Nessuno dei tre avrebbe saputo dire quanto tempo occorse per tornare alla villa. Correvano. Correvano nella notte come spettri, senza mai prendere fiato. Solo Eagle si voltava indietro di tanto in tanto, per accertarsi che Swan riuscisse a stare dietro al loro passo, e l'aiutava a non inciampare sorreggendola per un braccio.
Raven, che li aveva guidati per le strade più brevi senza un'esitazione, fu il primo a fermarsi di fronte al cancello centrale. Le luci che accendevano le finestre dell'edificio e il ronzio elettronico dei battenti che si mossero immediatamente al suo arrivo gli dissero che era troppo tardi per inventarsi qualsiasi bugia.
Salirono le scale senza dire una parola. Sapevano che lui li stava aspettando nella biblioteca.
⸩ↂ⸨
"Avete vent'anni o poco più, e questo io lo so. Avete voglia di fare quello che fanno i vostri coetanei, e anche questo lo so. Quello che non so, e che non riesco a capire, è come possiate comportarvi in maniera tanto irresponsabile dopo tutti questi anni di addestramento".
Raven, Eagle e Swan seguivano in perfetto silenzio ogni movimento, ogni espressione dell'uomo che stava loro davanti. Era sulla sessantina, ma dall'aspetto ancora giovanile e fiero. La mascella contratta e gli occhi nervosi rivelavano tutte le emozioni che si sforzava di nascondere dietro un tono artificialmente pacato. A togliere loro ogni dubbio sarebbe bastato comunque il suo andirivieni agitato, cifra evidente del suo nervosismo e della sua preoccupazione, mentre loro restavano impalati senza fare un fiato.
"Si sono susseguite centinaia di Prescelti in questa casa", proseguì l'uomo, perdendo appena un briciolo della sua calma apparente, "ma a nessuno di loro, a nessuno sarebbe venuto in mente, mai!, di lasciare la villa senza avvertire per andare a bere un Mojito a Kensington".
Raven incrociò le braccia sul petto e rivolse il suo sguardo di metallo verso un angolo della libreria.
"Era un Daiquiri", mormorò, increspando un angolo della bocca.
Il loro interlocutore non parve apprezzare molto la sua ironia, perché si fermò di colpo davanti al ragazzo e lo squadrò con un'espressione così severa da far zittire chiunque. Rimase a fissarlo finché Raven non abbassò lo sguardo con una punta di rassegnazione, poi i suoi occhi si puntarono sulla ragazza.
"Di chi è stata questa bella trovata, Swan?".
Si capiva, dal modo in cui aveva posto la domanda, che la riteneva in qualche modo responsabile di quella bravata. Lei batté le ciglia e schiuse le labbra intimorita, indecisa su quale fosse la risposta migliore da dare.
"È stata un'idea mia".
Eagle, al suo fianco, fece un passo avanti e sorresse lo sguardo stupito dell'uomo, ignorando quello altrettanto meravigliato dei suoi due compagni. Quello gli si fece da presso e lo studiò con scrupolo.
"Eagle...".
Nella sua voce, più che il rimprovero, si percepiva una sorta di triste sorpresa. Per un istante sembrò rivalutare il discorso che si accingeva a fare.
"Mi sorprende che tu sia stato tanto avventato. Ho sempre riposto grande fiducia in te".
Prese una pausa, come per dare tempo al ragazzo di ribattere, ma Eagle gli oppose solo i suoi occhi che brillavano di decisione e l'espressione immobile del viso. L'uomo scosse la testa e proseguì.
"Quello che noi facciamo qui da secoli è prendere persone comuni e trasformarle in persone preziose. Voi siete preziosi. Cerca di non dimenticarlo".
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Opera [Great Work #1]
Fantasi"Ehi, Raven... tu pensi mai a come sarebbe una vita normale?". "Che cosa intendi con normale, Swan?". "Intendo la vita com'è là fuori. Senza addestramenti, senza segreti, senza orari impossibili e regole da rispettare". "Senza mistero e senza bellez...