SPRING 1 - Essere pronti è tutto

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"È come tentare di insegnare a leggere a un analfabeta di ottant'anni".

Raven sbuffò tutto il suo pessimismo mentre stava pigramente addossato a una delle colonnine di legno che decoravano la biblioteca, le braccia incrociate sul petto, i jeans scuri che gli fasciavano le gambe e un umore da funerale sul viso.

"Ci vorrà un'eternità!", concluse.

Il Secondo Maestro lo squadrò per tutta la sua altezza con un'occhiata eloquente.

"Mi pare che sia un problema vostro, Raven", sentenziò con la solita imperturbabilità. "O stai forse suggerendo che avete fatto un errore?".

Il ragazzo non rispose. Aveva sempre mostrato profondo rispetto per il Maestro, perché ne apprezzava l'intelligenza e la sagacia, e perché gli aveva insegnato tutto quello che sapeva. Tollerava un po' meno l'abitudine che aveva di metterlo sempre faccia a faccia con le sue responsabilità. In quella particolare occasione, però, aveva ben poco da recriminare. Era stato lui a farsi convincere da Swan, quando invece avrebbe dovuto ottenere il risultato contrario.

"Quindi?", intervenne Eagle, interrogando l'uomo con l'espressione di chi è in cerca di un suggerimento davvero utile. "Cosa dovremmo fare?".

Il Maestro passò lo sguardo dall'uno all'altro.

"In primo luogo, armarvi di pazienza. Poi dividervi meglio i compiti. Procedendo per tentativi, così come avete maldestramente fatto finora, dubito che andrete lontani".

Eagle annuì, ammettendo implicitamente l'errore, e Raven incassò il rimprovero accentuando la sua espressione imbronciata, ma non osò protestare.

"Raven", proseguì l'uomo, "tu sei il maggiore e, allo stato attuale, sei anche quello che ha più esperienza. Sei il più preparato sullo studio della Profezia e sulla teoria degli Elementi. Ti occuperai di spiegargli passo passo ciò che deve sapere".

"Che avrebbe già dovuto sapere...", mormorò acido il ragazzo.

"Che avrebbe già saputo, se aveste scelto un soggetto più preparato. Ma il potere si eredita oppure no, e voi avete detto di essere tutti concordi nonostante i segnali andassero in un'altra direzione, quindi non mi sembra più opportuno ritornare su questo argomento", lo zittì il Maestro.

A Raven sarebbe piaciuto poter ribattere che l'errore, in realtà, era stato loro, dei Maestri, che nella ricerca si erano probabilmente focalizzati sul gemello sbagliato, preparandolo a un compito che non gli spettava. Tuttavia sapeva di poter basare le sue sicurezze solo sulle parole e sulle impressioni di Swan. Stimò che i dati reali in suo possesso erano troppo pochi per prendere una posizione netta ed esporsi a quel modo, quindi decise di ritirarsi in buon ordine e di lasciare il campo libero.

Quasi avesse colto le sue intenzioni e avesse accettato quella resa, il Maestro rivolse la propria attenzione all'altro Custode.

"Eagle, tu sei più addestrato e sei l'Aspetto più affine al Fuoco, il più prossimo alla sensibilità del Phoenix. Ti occuperai di insegnargli a gestire i suoi poteri".

"Gestire i suoi poteri?", sbottò Eagle a quelle parole. "Prima dovrei capire dove sono nascosti e come tirarglieli fuori".

"Mi sembra di aver già detto che questo è un problema vostro", ribadì il Maestro con un tono che intendeva mettere fine alla discussione. "Piuttosto ditemi che cosa sta facendo Swan al riguardo".

I due ragazzi si scambiarono una lunga occhiata, poi fu Eagle a rispondere.

"Ha detto che il ciclo lunare è perfetto e l'ampiezza delle maree è regolare, e che con questo ha esaurito il suo compito di Custode, per il momento".

L'espressione sul volto dell'uomo si incupì appena.

"Strano", commentò. "Eppure è stata proprio lei a indicarlo come Phoenix fin dall'inizio".

Raven si lasciò sfuggire una risatina amara.

"Phoenix... non lo chiama neanche per nome!", esclamò. "Forse al massimo un Ehi, tu!, sempre che gli rivolga la parola".

Il Maestro poggiò i gomiti sulla tavola e intrecciò le dita sotto il mento, fissando i due giovani con un'espressione indecifrabile, che poteva contemporaneamente contenere tutto il suo biasimo e tutta la sua comprensione.

"Dovrete risolvere anche questo problema", replicò secco. "Acqua e Fuoco non sono venuti al mondo per amarsi, ma di certo non possono ignorarsi. Sapete meglio di me quanto sia fondamentale l'unione circolare di tutti gli Elementi".

Tacque per un istante, poi la sua espressione e il suo accento mutarono, lasciando trasparire una traccia di paterna benevolenza.

"So benissimo che state attraversando un brutto momento", proseguì. "Non dovete pensare che io sia così insensibile da non capirlo. Vi ho visti crescere, so come vi sentite. So anche di avervi preparati a dovere, però. Siete stati addestrati per ricoprire il vostro ruolo e ormai non siete più dei bambini incapaci di comprendere i misteri della vita e della morte. Doveva accadere, prima o poi. È nell'ordine naturale dell'esistenza, di quel ciclo infinito di cui voi stessi fate parte".

Sciolse le braccia lungo i fianchi e si levò in piedi con lentezza. Sfilò lungo il lato della scrivania e si portò in un punto in cui poteva osservarli bene entrambi, Raven ancora appoggiato allo scaffale e Eagle affondato nel divano al centro della sala. Studiò scrupolosamente i loro occhi e la loro anima una volta ancora.

"I Quattro periranno e rinasceranno in eterno", recitò dopo quella pausa in cui gli sguardi dei ragazzi non si erano staccati da lui. "Così è scritto e così è sempre accaduto. Generazione dopo generazione, ogni Prescelto ha lasciato il proprio posto e la propria eredità al suo successore. Voi avete avuto in sorte la sfortuna di ritrovarvi a essere tutti molto giovani, privati della presenza di un Custode più anziano che possa esservi da guida, ma io sono sicuro che riuscirete a trovare ugualmente il vostro equilibrio".

Di fronte a quel discorso, Raven finalmente rinunciò al suo disappunto, si drizzò sulla schiena e annuì.

"Bene", disse. "Cominciamo domani".

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