FALL 10 - La fine del mondo

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Per qualche minuto non era accaduto nulla. Solo qualche venatura qua e là che sembrava accendersi come una favilla nella notte scura della pietra lavica. 

Raven e Phoenix avevano aperto le mani sulla roccia e stavano cercando di concentrarsi sulle proprie percezioni. Assorbivano ogni vibrazione, ogni spostamento, ogni respiro che, da profondità che non riuscivano nemmeno a calcolare o immaginare, arrivavano fino a loro. 

La pietra tonda al centro della sala sembrava servire proprio a quello scopo: amplificava i movimenti incalcolabili e inauditi che stavano avvenendo al centro della Terra. Era un'immensa cassa di risonanza per loro, che quei movimenti riuscivano a sentirli fin dentro la carne.

Per primo arrivò il calore. 

Giunse di colpo, quando ormai si erano quasi rassegnati a quella placida attività della superficie ruvida. Li colpì come una frustata, violento e bruciante. Raven dovette combattere con la tentazione di allontanarsi. A denti stretti, si impose di resistere e proseguire.

Poi la terra tremò. 

Con le stesse intense pulsazioni di un cuore che batte accelerato, quelle che il resto del mondo non poteva percepire se non conservandone una distratta percezione. Quelle che Raven avrebbe saputo accordare con il flusso del sangue che gli scorreva nelle vene e che, quando erano particolarmente forti, anche gli altri tre potevano avvertire. Esattamente come stava accadendo.

In breve tempo gli scossoni che si trasmettevano direttamente dal centro del pianeta ai loro piedi divennero troppo difficili da gestire. I due ragazzi cominciarono ad avere difficoltà persino a mantenere l'equilibrio sulle gambe.

"Stenditi!", ordinò Raven. "È più facile".

Phoenix annuì ed entrambi si lasciarono scivolare sul pavimento, così che i loro corpi diventassero tutt'uno con la superficie che si agitava, entrando in risonanza con il movimento invece di cercare di contrastarlo. In quel momento Raven sollevò lo sguardo oltre la testa rossa di Phoenix e ammirò sconvolto le due pareti che gli stavano di fronte che iniziavano a franare, come un montagna di sabbia che rovinava a valle. La pittura bianca che illuminava il cigno si sbriciolò come fosse stata pomice e la sagoma elegante si contorse in una forma distorta prima di precipitare al suolo. L'istante dopo, anche l'aquila dorata si schiantò sul pavimento, sollevando un'onda di pulviscolo che li costrinse a nascondere il viso quanto potevano e a tossire per non soffocare.

Phoenix lesse lo sgomento sul volto impolverato di Raven e, appena fu di nuovo in grado di respirare, cercò di comprendere cosa fosse avvenuto.

"Che significa questo?", domandò tornando rapidamente a cercare lo sguardo dell'altro. "Swan? Eagle? Pensi che gli sia successo qualcosa?".

Raven sollevò le ciglia a sfiorare la fine del canalone che era ancora apparentemente intatta sopra le loro teste.

"Non lo so. Ma di certo il nostro posto è qui, adesso".

Con un cenno del capo, gli indicò le due pareti alle sue spalle, dove la Fenice e il Corvo sembravano osservarli sogghignando crudelmente.

⸩ↂ⸨

Gli scossoni arrivavano a ondate che li facevano sobbalzare. Eagle teneva Swan stretta contro di sé, in silenzio. In verità, attraverso la rete dei suoi capelli, si guardava intorno. Si chiedeva, tentando disperatamente di non far arrivare a lei i suoi veri sentimenti, che cosa restava loro da fare. Quel piccolo mondo che aveva iniziato a cadere a pezzi era il loro stesso mondo che affondava. Sì, l'aveva affermato lui stesso: la fine vera non sarebbe avvenuta allo scoccare del Minuto Zero. La Terra non era una bomba a orologeria che sarebbe esplosa nell'attimo esatto in cui si sarebbe fermato il count-down. Ci sarebbero voluti anni, decenni. Ma loro? Se fossero sopravvissuti a quel terremoto, al crollo di quella stanza, che ne sarebbe stato di loro? L'attesa di secoli, l'addestramento di tanti, soltanto per assistere infine al loro fallimento. E il fallimento, com'era stato loro ampiamente ricordato, non era contemplato. 

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