SUMMER 9 - Amore non è amore

249 28 142
                                    

I legni arroventati mandavano lampi di cupo bagliore e sinistri scricchiolii di agonia. Il fuoco si era quasi spento. Phoenix, con la testa pesante e i pensieri leggeri per la birra e le risate, lo guardava di tanto in tanto di sottecchi. Pensava che avrebbe dovuto ravvivarlo, ma si sentiva troppo impigrito per alzarsi e farlo davvero. Era così comodo, nel suo giaciglio di coperte e sacchi, che non riusciva a rinunciare a quella posizione. 

Le stelle rilucevano insolenti, mettendosi in mostra nonostante lo spicchio di luna, e il lago scintillava silenzioso del loro riflesso. L'aria era un misto di fumo dolciastro e odore d'erba. Erano arrivati a quel punto in cui gli scherzi si erano spenti in sussurri malinconici e i ricordi avevano preso il posto dei racconti divertenti. Tutti sembravano caduti sotto l'effetto dell'incantesimo della notte. Diane e Caroline si erano accoccolate al suo fianco e parlottavano piano di lontani amori estivi. Eagle e Daisy, invece, erano a qualche metro da loro, avvolti nella stessa coperta. Da quella distanza intuiva appena i loro sussurri, mentre l'ombra della mano di Eagle carezzava i capelli della ragazza. 

Phoenix cercò a tentoni qualcosa nel terreno. Quando incontrò il legno, la cassa risuonò lievemente, come rispondendo al suo richiamo. Il ragazzo sollevò la vecchia chitarra che Diane aveva tirato fuori da chissà quale cantina polverosa e se l'appoggiò sulla pancia. Cominciò a giocherellare con le corde, arpeggiando bassi suoni a casaccio. La musica cominciò a dipanarsi da sé, come una memoria recuperata e trasmessa dalla sua mente allo strumento. Senza quasi rendersene conto, Phoenix cominciò a canticchiare.

"I loved her very dearly, so truly and sincerely
There was no one in this wide world I loved better than she
Every bush, every bower, every sweet Irish flower
Reminds me of my Mary, on the banks of the Lee".

Tutto attorno a lui sembrò affondare, scomparire. Tutto attorno a lui sembrò trattenere il fiato. Quando la musica si spense, Phoenix lasciò scivolare di lato la chitarra e chiuse gli occhi, cancellando le stelle. Le ragazze si erano addormentate lì accanto e non sentiva più i sospiri dei due fidanzati. Quella lacrima poteva anche scivolare. Nessuno l'avrebbe vista, nessuno l'avrebbe giudicata.

Per quanto ci stesse davvero provando, i ricordi restavano ostinatamente nella sua testa. Li confondeva, non riusciva più a tenerli nel giusto ordine, mentre si sforzava di cancellare le parole, i momenti e le situazioni. Avrebbe voluto bruciarli, distruggerli in un colpo solo, ma le immagini tornavano comunque indietro. Come quella giornata di pioggia in cui erano stati costretti a restare in macchina ad aspettare che smettesse. Come il modo in cui lei piegava il collo quando rideva o inarcava la schiena quando lui la baciava.

Si domandò se Ailleann conservava ancora le sue foto, se indossava il suo bracciale di cuoio, se era mai andata a versare lacrime e fiori su una finta sepoltura. E si maledisse, sì. Maledisse se stesso perché aveva detto un senza nemmeno sapere cosa stesse accettando, perché era stato troppo superficiale e strafottente per informarsi davvero sullo scopo di quel viaggio a Londra che non aveva avuto più un ritorno. 

Lentamente il sonno cominciò ad anestetizzare quel sordo rumore del cuore e Phoenix vi si lasciò affondare, per sfuggire al dolore. I capelli scuri di Ailleann gli sfioravano il viso mentre l'osservava dall'alto con un lieve sorriso. Sorrise anche lui, di rimando, e respirò il suo odore, il calore della sua pelle spruzzata di lentiggini. Le labbra morbide di lei si incollarono sulle sue in quella visione dolce e appagante, e Phoenix comunicò a se stesso che non si sarebbe più svegliato. Un sottile calore gli si stava irradiando dal petto lungo le braccia. Le dita con le quali sognava di sfiorarla gli sembrarono tizzoni ardenti, bruciavano di una fiamma che, però, non gli faceva male. Era un fuoco gentile, che sembrava trasmettergli vita come il sangue che gli scorreva nelle vene, che lo faceva sentire forte, che lo faceva stare bene. Allora al diavolo Raven e la fine del mondo, al diavolo le promesse che aveva fatto e sì, al diavolo anche Eagle, anche se quella era la parte che più gli dispiaceva. Non avrebbe aperto gli occhi, se bastava così poco per restare con lei, per essere felici.

Opera [Great Work #1]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora