Eagle cercava di controllare il movimento ritmico e nervoso delle gambe. Non voleva che tutti quegli uomini si accorgessero che era agitato. Non avrebbe sopportato i loro sguardi addosso, in quel momento. Contrasse i muscoli e appoggiò lievemente i gomiti sulle ginocchia, sforzandosi di trasmettere a quel gesto teso la massima naturalezza. Il grande tavolo di noce dell'Ottocento dietro il quale si era seduto avrebbe fatto il resto, nascondendolo almeno in parte dagli altri presenti.
Passò uno sguardo discreto su ognuno di loro. C'erano i tre Maestri di grado superiore, i Segretari generali della Congrega e i capi delle famiglie dei Prescelti, tra i quali spiccava la testa orgogliosa e bionda di suo zio, che si era limitato a salutarlo con una virile stretta di mano.
Osservando quella riunione, il ragazzo non poté fare a meno di chiedersi che diavolo ci facesse lui lì. Aveva indossato un abito grigio, giacca due bottoni, camicia bianca, cravatta scura e scarpe nere tirate a lucido. La divisa di ordinanza, insomma, come la chiamava Raven nel loro codice privato ogni qual volta gli era richiesto di presenziare a qualche evento, il che non lo metteva affatto a suo agio. Inoltre, cominciava ad averne abbastanza di tutto quel basso chiacchiericcio, di quelle frasi sussurrate discretamente all'orecchio, di quel continuo scambio di occhiate che sembravano avere un significato per tutti tranne che per lui. Nessuno, d'altronde, sembrava interessato a fornirgli delle spiegazioni.
Quando il Secondo Maestro si mise finalmente a sedere, occupando la sedia vuota accanto alla sua, Eagle ne approfittò immediatamente.
"Perché siamo qui?", domandò, sporgendosi appena verso di lui, che continuava a studiare il movimento dei presenti nella sala.
Il Maestro non interruppe la sua analisi. Si limitò ad aggrottare la fronte, come se la richiesta di Eagle fosse stata oscura oppure inutile.
"Voglio dire", continuò il ragazzo con aria sempre più perplessa, "non è stato così per Swan. Come mai questa riunione in pompa magna?".
Perché lui se lo ricordava ancora, il giorno in cui lei era diventata la nuova Swan. Anche se era solo un ragazzino, ne avrebbe saputo descrivere ogni dettaglio.
Gli occhi chiari del Maestro si girarono a incrociare i suoi e lo riportarono al presente. Erano imperturbati, tranquilli. Forse persino annoiati.
"Nulla di speciale, in realtà", rispose con noncuranza. "Come puoi ben immaginare, eravamo già preparati alla possibilità di dover nominare un nuovo Phoenix. A essere sinceri, siamo sempre preparati a questa evenienza, per ognuno di voi".
"E allora perché siamo qui?", ripeté Eagle.
"Solo una formalità. Il cerimoniale va comunque rispettato, qualora si presenti un'anomalia".
"Anomalia?".
"Due gemelli. Riteniamo di aver rintracciato i Segni necessari già tempo addietro. Tuttavia, dal momento che il potere si trasmette per via genetica, il Protocollo richiede che in casi come questo entrambi i soggetti vengano comunque esaminati e messi alla prova".
Eagle sentì che una fastidiosa scossa gli attraversava la schiena a quelle parole, senza un reale motivo. In fondo, se il Secondo Maestro era tanto rilassato, perché avrebbe dovuto agitarsi lui?
"Noi che c'entriamo?", bisbigliò dopo qualche istante di silenzio.
L'altro soppesò quella domanda con la stessa calma che aveva mostrato fino a quel punto.
"La Procedura prevede che, qualora sussista anche il minimo dubbio e ove non sia possibile procedere per altra via, saranno direttamente i Prescelti a riconoscersi tra loro".
L'espressione del giovane si fece attenta, come se fosse a caccia dell'ultimo brandello di quella soluzione.
"Sai benissimo che gli Aspetti sono complementari e opposti", proseguì il Maestro. "Si attraggono e si respingono tra loro. E sai ancor meglio come siate capaci di sentirvi, l'uno con l'altro".
Il Custode annuì e non disse più nulla. Lo sguardo dell'uomo abbracciò la stanza con un rapido movimento prima di tornare a puntarsi su di lui.
"Swan dov'è?", domandò a quel punto, come se Eagle fosse l'unico depositario di quella conoscenza.
Il ragazzo si agitò sulla sedia. Non l'aveva ancora abbandonato la tensione provata quando Swan lo aveva mandato via. E non lo aveva ancora abbandonato quel dolore che aveva acceso in lui una strana ira e un cupo rancore.
"Arriva tra un attimo", rispose alle loro spalle una voce sicura.
Raven era entrato nella stanza con tutta la scioltezza del mondo, con la giacca stretta in una mano e disinvoltamente gettata su una spalla. Incurante del dress code, lasciò scivolare il capo sulla spalliera della sedia e si sedette accanto a Eagle, accavallando una gamba con l'aria rilassata di uno che sta per ordinare un aperitivo sulla spiaggia.
L'altro Custode pensò che, se fossero stati soli, gli avrebbe tirato un pugno. Non odiava Raven. Anzi, il più delle volte andavano d'accordo. Si spalleggiavano e litigavano a giorni alterni esattamente come avviene tra fratelli, anche se Eagle pensava spesso che, prima o poi, gli sarebbe servita una bella lezione. Quanto meno per levargli dalla faccia quell'espressione perennemente irriverente.
No, non odiava Raven, ma pensò seriamente di poter odiare il modo in cui aveva pronunciato quella frase, la sicurezza con cui aveva detto Arriva tra un attimo. Come se fosse stato totalmente padrone di quella situazione. E di lei. Come lui non sarebbe mai riuscito a essere.
"Sono qui".
I due ragazzi e il Maestro si girarono all'unisono. Non l'avevano sentita entrare, era comparsa improvvisamente dietro di loro. Si fece avanti senza guardare in faccia nessuno e prese posto accanto al Maestro.
Era cerea come uno spettro e non si era preoccupata nemmeno di coprire con il trucco le guance e le occhiaie. Aveva raccolto i capelli lucenti e ancora umidi in un semplice chignon e indossava un abito da cocktail bianco.
Raven considerò davvero pessima la scelta di quel colore. Pallida com'era, quel vestito non faceva altro che affogarla ancor di più nel latte dell'insipidezza. Eagle, invece, capì immediatamente perché l'aveva scelto.
Perché per Swan il bianco era il colore del lutto.
STAI LEGGENDO
Opera [Great Work #1]
Fantasía"Ehi, Raven... tu pensi mai a come sarebbe una vita normale?". "Che cosa intendi con normale, Swan?". "Intendo la vita com'è là fuori. Senza addestramenti, senza segreti, senza orari impossibili e regole da rispettare". "Senza mistero e senza bellez...