SUMMER 7 - Un posto tranquillo

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"Ho avuto un'idea bellissima!".

Raven, semisdraiato sul letto, fu letteralmente travolto dall'entusiasmo di Swan, che gli piombò addosso obbligandolo a mettere da parte il libro che stava leggendo.

Dopo che lei gli ebbe stampato sulle labbra un bacio che sapeva di ciliegia, la prese dai fianchi e la sistemò meglio sulle proprie gambe, alla distanza giusta per poterla guardare negli occhi. Anche se non aveva nessuna intenzione di rinunciare a quel piacevole e inatteso contatto con il suo corpo, infatti, non poté evitarsi di studiarla con una punta di sana preoccupazione. 

Le "idee bellissime" di Swan facevano sempre paura a tutti ma lui, a quel punto, si era giocato qualsiasi possibilità di ignorarle. Dal momento che si era assunto il difficile compito di mediare continuamente tra la sua gioia e il suo scontento, e che lo scontento di Swan implicava musi lunghi e nottate solitarie, Raven aveva tutte le ragioni di tremare di fronte a quel trionfale annuncio.

"Di che si tratta?", domandò, mentre le faceva scivolare addosso le mani con fare distratto.

"Diane ci ha invitati ad Amwell, nella sua casa di campagna, per un week-end. Niente di stravagante o pericoloso, stai tranquillo. Solo noi e Caroline, giusto per passare qualche giorno in mezzo alla natura".

Gli occhi di Raven si erano incupiti nel momento stesso in cui i suoi timori avevano preso forma ancor più concreta. Lei non aveva ancora concluso la frase e già la sua mente si stava arrampicando sugli specchi, alla ricerca di una valida opposizione.

"Swan", scandì con tono serio, "lo sai che non possiamo allontanarci...".

"Lo so, lo so", lo interruppe lei, impedendogli di pronunciare le parole che non voleva sentirgli dire. "Ma siamo ad appena un'ora da Londra, e saremo comunque tutti e quattro insieme. Andremo con la tua macchina e, se dovesse accadere qualcosa, possiamo tornare indietro in qualsiasi momento".

Lui continuò a scrutarla perplesso. Aveva smesso di carezzarla e l'aveva praticamente bloccata sul suo corpo. Senza nemmeno uno straccio di ragione valida a supporto di quel pensiero, si rese conto che gli sarebbe piaciuto davvero farla felice, vederla sorridere, anche se ciò significava andare contro ogni regola e ogni buonsenso.

Swan approfittò di quella sua esitazione per lanciargli uno sguardo zuccheroso. Sentiva che era lì lì per cedere. A Raven serviva solo un buon motivo per dirle di sì mettendosi a posto la coscienza.

"Voglio farlo per Phoenix", affermò con voce sicura. "Penso ne abbia bisogno".

"Ha bisogno di oziare da un'altra parte invece di oziare qui?", commentò lui ironico.

"No, ha bisogno di sentirsi normale di tanto in tanto. Pensaci bene: Phoenix è così ostile perché tutta questa storia gli ha incasinato la vita e lui non riesce a trovare ancora un equilibrio. Per noi è facile, è stato sempre tutto facile... non abbiamo avuto altro che questo fin dall'inizio! Per noi questo è normale, per lui no. Ha bisogno di fare pace con questa situazione. Fino a quando la vivrà solo come una gabbia, un'imposizione, continuerà a fare resistenza, a lottare contro se stesso. Non c'è nessuna possibilità che manifesti alcunché in queste condizioni. Io credo che l'altra mattina ci abbia chiesto aiuto, in qualche modo. Forse è il momento giusto per lui. Andiamogli incontro, a metà strada".

Raven distolse lo sguardo e lo puntò verso un angolo remoto della stanza. Le osservazioni di Swan e l'analisi che aveva appena esposto erano corrette sotto tanti punti di vista e lui, lui si era sempre fidato del suo istinto. Si era fidato perfino quando lei aveva scelto il Phoenix, e in quell'occasione non aveva nessuna giustificazione per la sua scelta. Che senso avrebbe avuto, quindi, smettere proprio in quel momento?

"Non sarà facile", mormorò.

Lei gli scoccò un'occhiata complice.

"Sono sicura che, se gli parli tu, il Secondo Maestro ci darà il permesso di andare. Tu sai sempre come fare".

La voce ammiccante di Swan e la sottile sfida che gli aveva lanciato solleticarono la vanità di Raven. In pratica aveva già accettato, pur senza ammetterlo.

"Immagino che Eagle vorrà portare Daisy", suggerì.

Swan annuì.

"Immagino di sì, ma non è un problema. Credo che ormai Di se ne sia fatta una ragione".

"Meglio così", assentì lui. "La sua presenza potrebbe essere un bene. In fondo, lei è una che vive a cavallo tra due mondi e sa come si fa a gestire una situazione del genere. Potrebbe dare una mano a Phoenix".

Swan batté le mani soddisfatta.

"Allora andrai a parlare con il Secondo Maestro?", chiese agitandosi per l'eccitazione.

Raven sollevò un angolo della bocca e sorrise.

"Sì, lo farò. Dietro lauto compenso, s'intende", le concesse suadente, mentre le catturava le dita tra le sue e le guidava con dolce prepotenza ad aprire i bottoni dei suoi jeans.


⸩ↂ⸨


Amwell non era al massimo del suo splendore, in quella stagione. L'aria era umida e pesante, e la natura cominciava a perdere il suo colore smeraldino, mentre l'oro dell'autunno ormai prossimo iniziava a fare capolino qua e là. Era un posto tranquillo, però, e lontano dalla città. L'ideale per passare un fine settimana senza pensieri, senza genitori e senza controllori di qualsiasi genere, manifesti o occulti che fossero.

Phoenix lasciò scivolare la sacca ai suoi piedi e ammirò con un fischio il cottage di Diane immerso nel verde. Respirò a pieni polmoni gli odori dell'orto e degli alberi, e per un istante pensò che lì sarebbe potuto essere davvero felice. Non era casa, ma aveva in sé qualcosa di familiare che gli stava facendo respirare il cuore.

La voce di Eagle, alle sue spalle, gli ricordò che avevano ancora i bagagli da scaricare e le provviste da sistemare. Dal momento che le ragazze erano già corse dentro a controllare le camere e a fare progetti su progetti, a loro tre erano rimasti tutti i lavori pesanti. 

Phoenix si scostò dal viso le ciocche di capelli che il vento aveva spettinato e andò a dare una mano con uno strano entusiasmo che gli pulsava nel petto. Non sapeva bene perché, ma appena aveva messo piede ad Amwell si era sentito pervadere dal buon umore e non gli accadeva da mesi.

Sarebbero stati tre giorni speciali, se lo sentiva.

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