Sedici

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                                                          Roma, 14 aprile, ore 7 del mattino.


Al mattino presto la zona centrale di Roma dà il meglio di sé, offrendo strade libere e silenziose. Perfino le vie principali solitamente prese d'assalto dai turisti. I negozi sono chiusi e le vetrine poco attraenti con le luci spente. Tutti dormono, tranne i pochi che si recano al lavoro.

Dove il sole riesce già ad arrivare, l'insieme delle strade, dei caffè e delle persone, prende vita e quell'immagine sognante della città eterna, che ci è invidiata dal resto del mondo, si svela chiaramente.

Roma è bella così come appare, grazie ai meriti degli uomini che l'hanno costruita e amata nei secoli precedenti.

John Williams stava sperimentando quelle sensazioni per la prima volta nella sua vita. Lasciando l'Hotel alle sue spalle, si era diretto al ponte Sisto, sul fiume Tevere, e da lì a Palazzo Farnese.

Con passo deciso si limitò ad attraversare la piazza ospitante il palazzo, apprezzandone l'architettura e la luce che già faceva risaltare la facciata principale dell'edificio. Poi fu la volta di Campo dei Fiori dove si stava allestendo il famoso mercato. Anche lì non si fermò a lungo, preso da un incontrollabile inquietudine.

Poi individuò un caffè in piazza Navona dove si concesse una pausa e la colazione che all'Hotel non aveva consumato. Stava pensando, John, e aveva deciso che farlo camminando sarebbe stato per lo meno utile al fisico, se non anche alla mente, con lo scopo non proprio secondario di riempiersi gli occhi e i polmoni di quell'aria del sud d'Italia.

Sebbene il professor Chiti non avesse chiarito il reale confine tra il nord e il sud d'Italia, John sentenziò che quell'aria doveva essere decisamente del sud. Persino ad aprile. E si concesse un pensiero: sarebbe rimasto a Roma fino alla fine dell'estate.

Poi riprese a meditare su quanto avrebbe fatto. La decisione che doveva prendere non era scontata: non era tenuto a cercare quel nonno che si era sempre negato, dimenticandosi di tutti loro e lasciandoli a un destino privo della sua presenza e del suo affetto.

Era quello il suo primo pensiero: ne valeva davvero la pena? Certo, la curiosità era forte, ma, come spesso si dice, a volte può uccidere. Nel formulare quei pensieri, non era molto lontano dalla realtà, pur non sapendolo.

La telefonata di suo padre era arrivata alla sera, poco dopo la sua inopportuna sceneggiata alla Cabot University.

Anche su quello aveva rimuginato a lungo: era rimasto sveglio fino a notte fonda pensando di aver giocato male le sue carte.

Forse sarebbe stato meglio un incontro privato con il professore, forse così avrebbe ottenuto di più. O forse no e, comunque, non avrebbe mai potuto saperlo con certezza.

Vedendo sul display del telefono il numero di Denver, era stato tentato di non rispondere, poi l'educazione e l'affetto avevano prevalso e, sentendo la voce del padre, si era rilassato perché, invece, quella della madre avrebbe scatenato ben altre emozioni, più complesse da gestire.

La conversazione era durata pochi minuti e, in sintesi, era stato un deciso tentativo da parte del padre di farlo desistere.

Prima di interrompere la telefonata, John si era anche fatto sfuggire la promessa di pensare seriamente all'opportunità di tornare a Denver e riprendere la sua vita normale. Senza correre rischi inutili, cancellando per sempre il nonno dalla sua vita. Compresi i ricordi fasulli che lo legavano a lui.

Ma era possibile farlo?

Era possibile ignorare l'esistenza del padre di suo padre, che aveva idolatrato come un eroe per tutta la vita?

Ancora non seppe rispondersi. Prese un secondo caffè, visto che ormai si stava abituando a quel gusto forte e intenso che solo il caffè italiano riesce a trasmettere.

Si concentrò di nuovo sulle domande e raggiunse il suo personale verdetto: non era possibile lasciar perdere.

Fu quella la risposta che si diede, omettendo volutamente di ragionare sui diversi significati della parola "perdere", visto che nel contesto in cui la stava usando poteva assumere anche un significato decisamente negativo o evocare una sconfitta.

Riprese il cammino determinato a girare a vuoto, fino a quando qualcosa lo avesse illuminato. Consapevole che le possibilità di ritrovare suo nonno fossero realmente poche, decise di affidarsi al destino.

E il destino lo ricompensò, decidendo per lui.

Fu in corso Vittorio Emanuele che comprese quella che avrebbe dovuto essere la sua missione. Fermandosi davanti a un'agenzia di viaggi, vide che esponeva in vetrina la locandina di un mini tour delle spiagge dello sbarco di Anzio e Nettuno e dei cimiteri dedicati ai caduti e questo mise finalmente fine ai suoi dubbi: l'operazione "Shingle"! Come aveva potuto non pensarci prima?!

Finalmente, tutto cominciò a muoversi.

Non avendo alcun indizio per la ricerca che intendeva portare a termine, John pensò di recarsi nel luogo dove tutto era iniziato. Nel luogo dello sbarco appunto. Avrebbe dovuto toccare quella sabbia, vedere quella macchia mediterranea e le pinete circostanti. Avrebbe dovuto conoscere la zona e comprendere la ragione della missione assegnata a quel nucleo di soldati americani infiltrati nel territorio italiano.

Guardò il cielo come per sincerarsi che ci fosse qualcuno dall'alto che approvasse un piano così ambizioso e un po' sconsiderato. Sorrise nel non scorgere alcun segno che potesse somigliare ad una qualche forma di risposta.

Era fatto così John, si affidava sempre alle sue intuizioni. Caparbio fino all'esasperazione.

Ora doveva tornare in hotel, lasciare la camera e spostarsi nella zona di Anzio. Voleva farlo subito, a Roma non aveva altro da fare.

Vide un taxi e, dopo averne verificato la disponibilità, e non senza aver dovuto discutere con un autista particolarmente scorbutico, chiese di essere riportato in hotel.

Ancora non sapeva che quel viaggio avrebbe dovuto rimandarlo al giorno dopo.

E sebbene gli fosse chiaro che erano ormai trascorsi troppi anni, si convinse che quei "ciottoli" li avrebbe ritrovati.

Ad uno ad uno.

E soprattutto avrebbe ritrovato il loro capo: suo nonno, John Williams senior.

L'americano.

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