Ventitre

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                                                                            Malpensa Cargo City.


Un aereo di quelle dimensioni porta con sé una scia di carburante e gas di scarico che, seppur invisibili, inquinano l'aria circostante. Fu quello il primo pensiero del vicequestore Motta, mentre cercava inutilmente di respirare senza esserne intossicato.

Da sotto l'aereo attendeva l'apertura del portellone, ansioso di poter entrare in quella macchina d'acciaio capace di attraversare l'etere per consegnare merci in qualsiasi parte del mondo.

Il comandante a bordo dell'aereo osservava dal finestrino quello strano dispiegamento di forze di Polizia. La storia del carburante non idoneo poteva essere sufficiente per allertare le forze dell'ordine e farle giungere immediatamente sul luogo per verificare l'errore potenzialmente letale, ma qualcosa non gli sembrava veritiero e si insospettì.

Il personale di terra era al momento intento a concludere le manovre necessarie per permettere ai poliziotti di operare secondo il mandato di perquisizione, quando, dall'interno dell'aereo, venne aperto il portellone in testa al velivolo lasciando tutti stupiti per quell'azione inconsueta: non era infatti permesso aprire le porte prima del corretto posizionamento delle scale di accesso.

Fu l'istinto a mettere in salvo il vicequestore Motta e Nino Medici, a pochi metri da lui. Entrambi si ripararono dietro al mezzo speciale che accompagnava la scala.

La raffica di mitra che arrivò fu una vera e propria sventagliata di proiettili che non divennero mortali solo grazie alla pronta reazione dei due poliziotti.

Dalle due auto delle forze dell'ordine partì una reazione immediata: la scorta del vicequestore fece fuoco con le armi d'ordinanza bucherellando la carlinga del velivolo in più punti. Si temette il peggio non conoscendo chi e cosa custodisse quel Boeing merci. Motta, rimanendo al riparo, diede l'ordine di interrompere immediatamente il fuoco.

La reazione inaspettata delle persone a bordo non aveva portato alcun risultato, sebbene ora si delineasse una situazione pericolosa e di stallo.

All'improvviso, il comandante dell'aereo azionò nuovamente i motori che produssero un rumore assordante e insopportabile.

Si temette il peggio. Il cargo avrebbe potuto di nuovo mettersi in posizione di decollo, ma con un'insospettabile prontezza, un addetto alla pista andò a posizionare un altro veicolo speciale proprio al di sotto della cabina dell'aero per impedirne ogni movimento. Quel mezzo meccanico, normalmente utilizzato negli aeroporti per rifornire i velivoli, fu una benedizione.

Approfittando del momento, un poliziotto fece fuoco mirando ai finestrini della cabina di pilotaggio mandandoli in frantumi scongiurando definitivamente ogni possibile tentativo di fuga.

Il vicequestore Motta e Medici si erano allontanati dall'aeroplano, riprendendo il contatto con il resto della squadra. La tensione era chiaramente leggibile sui loro volti. Ogni errore doveva essere evitato.

"Francesco, cosa facciamo?"

"È una situazione pericolosa. Forse vorranno trattare. Dipende da cosa hanno a bordo."

Nino comprese che quel "cosa", pronunciato modificando la voce, significava piuttosto un "chi".

Dall'aereo non si percepiva alcun movimento. Per entrambi gli schieramenti, quelli che trascorsero furono secondi preziosi. Agire d'impeto non era servito all'equipaggio dell'aereo, né sarebbe stato utile ai poliziotti.

Fu il vicequestore Motta a dare il ritmo giusto all'azione: "Nino, avvisa il Questore. Serve l'intervento dei NOCS. Chiedi la squadra antiterrorismo, quella specializzata in dirottamenti: è a Roma, ma arriverà qui in poco tempo."

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