28 - 2018 (part III): fingers crossed

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I want all the tears back that I cried,
all the hours spent giving advice on how to write your songs.
All you did was prove me wrong.

𓁹

Camille raggiunse l'esterno della sala con passo svelto, inseguendo Harry come se non fosse totalmente padrona del suo corpo, in modo del tutto automatico ma senza sapere esattamente che dire o fare.

Era scossa, come se avesse vissuto un'esperienza extra corporea e non aveva ancora davvero realizzato cosa era appena successo dinanzi agli occhi increduli di centinaia di invitati.

Il cuore le batteva all'impazzata e sentiva un sentimento amaro, rabbioso montarle dallo stomaco e pervaderla tutta, fino all'irrazionalità.

Trovò Harry con la schiena dritta e lo sguardo rivolto alla strada; quando arrivò, il ragazzo stringeva tra le mani il suo telefono cellulare e non la degnò di uno sguardo.

"Harry." Camille prese fiato e iniziò a parlare, con tono di voce troppo acuto a causa della rabbia. "Non so neanche cosa dire, non so cosa diavolo ti sia passato per-"

"Bene, allora non parlare." Ringhiò lui, interrompendola bruscamente.

Camille aggrottò le sopracciglia, allibita. Non si meritava di essere trattata in quel modo e non riusciva a giustificare il cambiamento repentino del suo atteggiamento. "Come hai detto, scusa?"

Harry si voltò a fissarla per la prima volta da quando era uscita lì fuori e la ragazza vide sul suo volto lo sguardo vacuo, assente, come se non fosse davvero lì con lei, ma altrove.

"Ho chiamato l'auto, sta arrivando." La zittì lui, mettendo via nervosamente il telefono e facendo sprofondare le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti.

"Forse non ti rendi conto cosa che è appena successo lì dentro." Con il braccio teso e vibrante, indicò la sala che si erano appena lasciati alle spalle. "Pensi sul serio di potertela cavare con-"

"Sta arrivando l'auto." Ripeté, interrompendola nuovamente, il tono ancora più basso e gelido di poco prima.

Camille aveva perso la pazienza, si sentì sul punto di mettersi a urlare e - probabilmente - anche a piangere a causa della rabbia ma, come se si fosse materializzata lì davanti, l'auto scura arrivò sul serio, fermandosi dinanzi a loro.

"Sali." Mormorò lui deciso, aprendo la portiera posteriore dell'auto.

"No."

"Ho detto sali."

"Non voglio!"

"Fai quello che ti dico per una fottuta volta e sali su questa cazzo di auto, Camille!" Stavolta Harry urlò, alzò così tanto la voce che i pochi presenti che si trovavano lì nelle vicinanze si voltarono a fissarli.

Quel suo tono la fece rabbrividire e la ragazza si pietrificò. Non era abituata a ricevere quel trattamento da parte sua; anche quando litigavano, Harry non si rivolgeva mai così a lei. Ne restò stupita e amareggiata e, per evitare di ingigantire la scenata che stavano già facendo lì fuori, decise di fare quello che lui le ordinava.

Si accomodarono entrambi sui sedili posteriori dell'auto noleggiata da Harry, senza fiatare, fissando la strada, all'esterno dei rispettivi finestrini.

Camille era furiosa, le tremavano le mani dalla rabbia e stava anche congelando; in effetti, era una serata gelida di fine dicembre a New York e lei era stata così stupida da rincorrerlo fuori senza recuperare il cappotto dal guardaroba. Per di più, aveva lasciato la festa della sua società dopo che dinanzi agli occhi di tutti il suo ragazzo aveva messo le mani al collo del suo capo: come doveva sentirsi? Come poteva andare peggio di così? Il freddo che provava era per lo più emotivo.

This is not a love story [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora