Continua...
Luke mi ha afferrato la mano.
Le sue mani sono grandi almeno due volte la mia.
La presa è salda.
Comincia a correre e io, per cercare di stare al passo, per poco non cado; tutta colpa di questi dannati trampoli da circo che le mie nuove amiche mi hanno obbligata a indossare.
In poche falcate, ci ritroviamo nello stesso lungo corridoio su cui si affacciano le camere da letto, dove poco fa ero salita con le ragazze.
La sua altezza gli permette senza sforzo di aggrapparsi a una cordicella che penzola dal soffitto. Grazie a una leggera pressione, davanti a noi si apre una scala.
«Sali» mi invita a farlo con un sorriso enorme.
Credo di essere diventata pazza in un solo giorno, forse sono in manicomio e tutto questo è soltanto una versione più lunga e complessa dell'incubo che mi perseguita da quando sono bambina.
«Odio le scale a pioli» lo informo con un filo di voce. Sento già le gambe iniziare a tremare.
«Ma è tipo la scala più bassa del mondo» mi guarda incredulo ma, quando si accorge che sono irremovibile, con un gesto rapido mi prende in braccio.
Mi aggancio al suo collo più forte che posso, serrando gli occhi.
«Mi-mi stai strozzando» insieme alla voce gli manca anche il fiato per ridere; perciò, fa uno strano suono con le corde vocali.
Sghignazzo, ma quando mi rendo conto che lui sta praticamente annaspando, capisco che forse è il caso di allentare un po' la presa.
Dopo qualche secondo, in cui mi sono sentita sballottata a destra e sinistra, mi accorgo che finalmente siamo arrivati in cima.
Siamo in una soffitta, piena di scatoloni e con un fortissimo odore di muffa e polvere.
«Vuoi uccidermi e nascondere qui il cadavere?» gli domando in tono serissimo. È uno scherzo, ma effettivamente non potrei escludere a priori questa possibilità, l'epilogo a tinte fosche è sempre dietro l'angolo. In effetti, l'ho incontrato per la prima volta da meno di cinque minuti e non conosco praticamente nulla di lui. Per quanto ne so potrebbe tranquillamente essere un Ted Bundy 2.0.
«Aspetta e lo scoprirai» cerca di incutermi timore con lo sguardo, ma tutto ciò dura praticamente un istante, perché immediatamente scoppia in una risata fragorosa «dai vieni, non è questo il posto in cui ti volevo portare.»
Apre una finestra e, stando attendo a un'enorme ragnatela, esce all'esterno. Si volta verso di me, porgendomi la mano. Lo seguo titubante, finché non ci troviamo sul tetto della villa. Si siede tranquillo e mi invita, prima con un gesto della mano e poi anche a parole, a sedermi accanto a lui. «Sdraiati e guarda in alto, non te ne pentirai».
Faccio come dice ed è solo quando rivolgo la testa verso l'alto che davanti a me si palesa uno splendido cielo scuro, tempestato di stelle luminose.
«Oh» è l'unica cosa che mi viene da dire.
Comincio a sentire un po' freddo, considerando che ho tutta la schiena nuda appoggiata alle tegole fredde.
Un brivido percorre tutto il mio corpo.
In un istante, accortosi del mio disagio, mi porge la sua giacca dei Trojans. La indosso, mimando un grazie con le labbra, mentre continuo a guardarlo negli occhi, senza aggiungere nessun'altra parola.
«Porti qui tutte le ragazze che incontri alle feste o oggi eri particolarmente in vena con me?» quasi sussurro, mentre continuo a essere rapita dalla bellezza del cielo, e forse in parte anche dalla sua.
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The Art Of Being Art
RomanceEva, diciannove anni e un metro e sessanta di insicurezze. I traumi del passato torneranno prepotentemente a tormentarla, quando dall'Italia si trasferirà a Los Angeles per cercare di esaudire il suo sogno e quello di sua madre. Soltanto una persona...