JAY
Guardo il temporale abbattersi sul retro del giardino della Trojans, attraverso il vetro appannato della finestra della mia camera. Non riesco a smettere di pensare al fatto che, se i miei genitori non fossero stati tra i donatori più influenti della Usc, probabilmente oggi non mi troverei nemmeno più qui.
Questa casa non è più il mio posto da tempo ormai, ma quando il rettore Stevens, dopo l'incidente, mi chiese se avessi voglia di rimanere a vivere con mio fratello e i miei ex compagni di squadra, la mia risposta affermativa non si fece attendere nemmeno qualche secondo.
A quei tempi mi portavo ancora addosso i segni dell'incidente, ovviamente fisici, perché quelli mentali non sono mai spariti. Ero già pieno di mostri interiori che mi stavano rodendo dall'interno, l'alcool mi circolava nelle vene più del sangue a quei tempi, ma, dopo aver perso l'unica cosa che amavo, il football, ho raggiunto livelli che mai avrei pensato di toccare.
È stata Jaimie a obbligarmi a un certo punto a scegliere e, quando la posta in gioco è stata o lei o l'alcool, ho dovuto prendere una decisione sofferta. Mi ha accompagnato sulla Madison e mi ha scaricato dalla mia auto - che lei stessa mi impediva di guidare - sul ciglio della strada come se fossi un rifiuto umano. Lo ero in verità.
Gli alcolisti anonimi mi hanno salvato nuovamente la vita, ma non è stata la prima volta che ho avuto bisogno di loro e sono sicuro non sarà mai l'ultima. Non so perché io abbia scelto proprio di rifugiarmi nell'alcool, ma ciclicamente non posso fare a meno di cadere in quella trappola.
«JJ hai preso tu la bottiglia di Bourbon dalla scrivania del nonno?» la voce di nonna Etta risuona forte nella mia testa, come se lei fosse ancora qui su questa Terra.
«No, nonna» pronuncia il mio gemello, mentre cerca di nascondere una bottiglia vuota dietro le sue spalle.
«Cos'hai lì, fa vedere» lei si sporge verso di lui e, con una rapida mossa, gliela strappa di mano.
«Dov-ve è il contenuto?» chiede sconvolta, notando che il liquido ambrato al suo interno è totalmente scomparso.
JJ si guarda intorno preoccupato, facendo saettare gli occhi da una parte all'altra della stanza. «Io-io no-non lo so» pronuncia, buttando fuori tutta l'aria nei suoi polmoni.
Poi a un tratto, un mugolio risuona nella nostra cameretta dalle pareti blu.
Non sono più riuscito a rimanere in silenzio.
Nonna Etta si sposta rapidamente alle spalle del mio gemello, trovandomi disteso sul tappetto dietro il divano.
«Jay, Jay» mi chiama più volte scuotendomi, ma non riesco a risponderle.
Poi il vuoto.
Solo una flebile voce.
«Aiutami Jay»
Avevo quattordici anni.
«Aiutami Jay» una voce che pare un lamento proviene dalle mie spalle.
«Co-cosa?» mi giro tremando, ho paura che questa sia un'allucinazione e che io possa vederlo di nuovo lì, comparire davanti ai miei occhi.
«Tutto ok?» JJ è sulla soglia della porta con un volto tutt'altro che sereno.
Quando lo vedo, tutta la tensione che mi si era accumulata sulle spalle, si scioglie rapidamente.
«Di cosa hai bisogno?» mi schiarisco la voce, ritornando alla normalità.
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The Art Of Being Art
RomanceEva, diciannove anni e un metro e sessanta di insicurezze. I traumi del passato torneranno prepotentemente a tormentarla, quando dall'Italia si trasferirà a Los Angeles per cercare di esaudire il suo sogno e quello di sua madre. Soltanto una persona...