Capitolo 36 - In ogni mio giorno...

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In ogni mio giorno, per sempre per te.

Ovunque tu sia.

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Non ho chiuso occhio tutta la notte, fissando minuto per minuto il tempo scorrere sull'app Orologio del mio cellulare.

Tra pochissime ore riabbraccerò mio padre.

È in volo verso Los Angeles per tenere una conferenza proprio nella mia università, laddove tutto è iniziato. Dove la storia della nostra famiglia ha preso forma e si è concretizzata, seppur brevemente, in un grande susseguirsi di avvenimenti felici, malgrado ovviamente il triste epilogo.
Con lui a viaggiare verso gli Stati Uniti c'è anche un'altra persona fondamentale per la mia esistenza: zia Gin. Se non fosse stato per lei, probabilmente oggi non sarei nemmeno qui. Lei e nonna M. hanno sacrificato gran parte della loro vita a crescere me accanto a papà. In fondo lui era soltanto un ragazzo rimasto vedovo prematuramente. I master, il dottorato, le lezioni all'estero, la borsa di ricerca a cinquecento chilometri da casa, niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza quelle due donne.

Sono impaziente di rivederli.
Sono passati solo pochi mesi dal nostro ultimo incontro, eppure è come se per tutto questo tempo avessi avuto un organo in meno.

Quanto mi fa strano pensare al fatto che l'ultima volta che siamo stati insieme avevo portato con me Luke. Eravamo seduti sotto il pergolato di casa mia, mentre papà ci salutava entrambi con le lacrime agli occhi. Chissà cosa penserebbe di lui se venisse a sapere tutta la verità sulla fine della nostra relazione.

Inutile anche solo pensarci, perché non accadrà mai. Ci sono tante cose di me che negli anni ho dovuto tacergli: dall'abuso di farmaci, alla depressione incalzante dei miei sedici anni, fino ovviamente agli ultimi preoccupanti avvenimenti della mia disintossicazione casalinga.

«Ev ma non credi di essere un tantino elegante?» Kate mi fissa sbalordita, mentre finisco di sistemare i capelli acconciandoli in morbidi boccoli.

Indosso un completo verde intenso, oversize - nel tentativo di camuffare la mia estrema magrezza - e un paio di tacchi non molto alti.
Per quanto agli occhi degli altri quella a cui stiamo per assistere sarà una semplice lezione di Filologia romanza su un manoscritto medievale di non so quale secolo, per me è un vero e proprio evento. Mio padre è uno stimatissimo professore universitario, ma è anche un uomo che ha dovuto combattere con le unghie e con i denti per accaparrarsi il suo posto. Il fatto che oggi sia qui, come visiting professor, dimostra che tutto ciò che ha fatto dalla sua morte a oggi, ha avuto un senso. È ritornato qui, in una nuova veste, potendo finalmente chiudere un cerchio. Ha portato a compimento il sogno di entrambi, e io sarò lì a sostenerlo.

Ho spammato la conferenza su tutti i social media e ho convinto tutte le persone che conosco alla Usc a esserci. L'aula dovrà essere stracolma.

«Eva ci sei?» fa oscillare una mano perfettamente smaltata di rosso davanti ai miei occhi.

«No, è adeguato all'evento. Tu non fai altro che dirmi che dovrei vestirmi meglio e, per una volta che lo faccio, hai da ridire?» constato ironicamente, visto che è più di un anno che sono costretta a sorbirmi le sue critiche per il mio modo di vestire a tratti troppo sciatto.

Alza gli occhi al cielo e, afferrando fintamente stizzita la sua Prada, con un gesto della mano mi invita a uscire per prima.

Nel corridoio ci raggiunge anche Jaimie, mentre all'esterno Sophie e Rick sono già pronti per andare.

Faccio tamburellare rumorosamente le dita sullo schermo del telefono, mentre la gamba sinistra non vuole stare ferma riproducendo un fastidiosissimo, almeno per gli altri, movimento ondulatorio.

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