Capitolo 48 - «Mi devi un addio»

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[...] CONTINUA...

Faccio fatica a immaginare un mondo in cui esista Jay senza Eva; mi sembra impossibile continuare a vivere se non siamo insieme. La nostra storia è durata pochissimo, eppure, quel breve lasso di tempo è stato il mio frangente più lungo di felicità.

Ophelia, mia piccola dolce Ophelia... ti ho amata sin dal primo istante in cui ti ho vista ballare a quella festa alla Trojans; ti ho amata quando eri la ragazza di un altro; ti ho amata quando sei stata mia per una notte e ho continuato a farlo anche quando abbiamo smesso di parlarci; ti ho amata mentre scopavo con le altre e al tempo stesso mentre vedevo te con gli altri; ti ho amata in quella meravigliosa notte di Capodanno; ti ho amata con tutte le tue debolezze durante la disintossicazione e il giorno dell'anniversario della morte di tua madre; ti ho amata da ubriaco mentre tu da sola camminavi accanto alla bara di mio nonno; ti ho amata quando ti ho parlato di Max e tu hai cercato di proteggermi dalla realtà, dall'ombra di un assassinio che mi porterò sempre dietro; ti ho amata ogni volta in cui mi sono consumato per te e dentro di te... purtroppo per noi, ti amo ancora oggi e non credo mi sarà mai possibile smettere di farlo. Eppure però, se c'è una cosa che ho capito ancor di più stando qui, è che l'amore, la felicità, la gioia... sono sentimenti permessi soltanto ai sani; chi come noi ha delle crepe non può provare nulla di tutto ciò, almeno finché non avrà sanato i propri dissidi. Meriti il tuo addio, quell'ultimo saluto che ti ho negato, ma non lo troverai neanche qui. Presto riceverai un altro pacco e lì potrai leggere il seguito. Intanto, sii felice, ama e lasciati amare, non hai bisogno delle pillole per vivere... insegui i tuoi sogni, Oph, è arrivato il momento di volare! In quello specchio oggi, ne sono certo, potrai finalmente vedere solo te stessa e tutto ciò che desideri realmente di essere.

Tuo, con tutto l'amore del mondo, Jay.

***

9 ANNI DOPO

Eva

A volte mi capita di ripensare alla mia relazione con Jay. Mi fermo a guardare le stelle, un tramonto, un'alba, persino il mio riflesso nello specchio, e allora mi viene automatico tornare alla me di quasi un decennio fa. Riesco a sentire le sue mani su di me, le sue parole sussurrate all'orecchio, persino il modo in cui mi faceva sentire. Ma poi, mi ritorna in mente il dolore che ho provato, l'ennesima disintossicazione che ho dovuto subire a causa sua, e allora smetto di sognare a occhi aperti e mi ricordo quanto sia stato un bene separarsi, chiudere per sempre una relazione che non avrebbe portato a nulla se non a un mare di sofferenza. E, ancor di più, in quelle occasioni, inizio a comprendere quanto sia stato ancor più saggio non aprire mai il pacco che mi era stato recapitato poco dopo aver ricevuto il suo ultimo messaggio. È stata una scelta ardua, non lo nego, ma già ero sopravvissuta a fatica alla sua prima lettera, non avrei mai potuto fare i conti con un'altra.

I primi mesi di separazione li ho vissuti senza voler sapere nulla di lui. Pochi hanno avuto il coraggio di nominarlo, persino i suoi fratelli avevano smesso di pronunciare il suo nome. Poi un giorno, ho capito che non potevo continuare a vivere fingendo che la nostra relazione non fosse mai esistita. Sono andata a Malibu dai Cook durante le vacanze estive e, per la prima volta, ho pronunciato nuovamente quelle tre lettere insieme: J-a-y. È stata Rose a informarmi della sua partenza per Oxford, della borsa di studio offertagli dall'università inglese grazie a un generoso contributo del signor Levi Reinhardt e della cessione delle quote di maggioranza di Jaimie e JJ a favore di Jay nella filiale Cook in Europa.

A quanto pare il mio continente sarebbe diventato il suo e il suo il mio.

Avremmo vissuto nei due lati opposti dell'emisfero, ognuno finalmente libero di essere se stesso senza impedimenti.

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