Capitolo 40 - Hic et nunc

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Jay

Sono bloccato nel traffico da una ventina di minuti, in una Los Angeles stranamente freddissima. Sono un paio di giorni che cerco di contattare Eva per dirle della festa di Capodanno che ho organizzato a casa dei miei genitori solo per lei, ma non sono riuscito a ottenere nessuna risposta da parte sua. Di conseguenza, un po' perché preoccupato e un po' semplicemente per informarla, sto tornando alla Usc.

Parcheggio l'auto accanto al suo dormitorio, senza che vi sia ombra di vita. Salgo le scale il più in fretta possibile e, quando mi ritrovo davanti alla 806, busso; dall'interno però non sembra provenire nessun rumore.

Resto qualche minuto sulla soglia, continuando a battere il pugno e immaginando gli scenari peggiori, quando, finalmente, sento qualcuno avvicinarsi.

«Buongiorno» un ragazzo alto e ben piazzato, completamente nudo se non fosse per le mutande, socchiude gli occhi cercando di abituarsi alla luce.

«Ciao» spiccico a forza questo saluto, affacciandomi per guardare all'interno. Sono nella camera giusta?

È tutto buio e perciò mi è difficile capire, l'unica cosa che vedo è una bottiglia di vodka vuota.

«Tu quale sei?» mi chiede il ragazzo ancora in piedi davanti a me.

«In che senso?» aggrotto le sopracciglia, non riuscendo a seguire il suo discorso.

«Non te l'ha detto che sarei venuto?» mi domanda ancora, come se dovessi sapere qualcosa che mi sfugge.

«Così ti è più chiaro? Entra dai, Eva dorme ancora». È solo quando lo sento parlare in italiano che mi ricordo, deve essere Francesco, il suo migliore amico.

«Ehm, non so cosa significasse la tua domanda di prima ma... sono Jay» lo seguo dentro, sedendomi sul letto di Kate. Lui decide di rendersi un po' più presentabile, indossando dei pantaloncini e una maglietta più grande di due taglie con un cervo stampato sul petto. Apre leggermente una finestra, quel tanto che basta per vederci almeno in faccia e per farmi osservare meglio ogni dettaglio intorno a me.

«Ah ecco, dovevo immaginarlo fossi tu» mi porge un pacchetto di sigarette pieno di drum già rollati, invitandomi a prenderne uno.

«Comunque dorme come un sasso... ieri ci siamo ubriacati e abbiamo fumato decisamente troppo» un sorrisetto malizioso gli increspa le labbra, mentre i suoi occhi vagano sulla sua piccola figurina.

«Ah sì? Di solito non lo fa mai».

Tutta questa situazione mi sta lasciando parecchio interdetto, mi sembra quasi che quella sotto le coperte non sia la mia Eva ma qualcun'altra.

«Ha vomitato un qualcosa come venti volte, ma ci siamo divertiti» sghignazza, mentre aspira la sua sigaretta a un ritmo decisamente frenetico anche per me che sono un fumatore incallito.

«Avete dormito insieme?». Non so perché io glielo chieda, ma il letto rifatto su cui sono seduto mi anticipa già la risposta.

«Rilassati» ride «ovviamente sì, ma non è successo niente di quello che pensi tu. È una sorella per me» si volta a guardarla, mentre lei continua serenamente a dormire accucciata in una posizione molto simile a quella fetale.

«Comunque scusami se non mi sono presentato, sono Francesco» mi porge la mano, sorridendo.

«Scusami tu... come dicevo sono Jay, piacere» gliela stringo.

«Come mai sei qui?» mi chiede, gettando il mozzicone in un posacenere che straborda.

«Sono un po' di giorni che non mi risponde, volevo dirle di venire a Capodanno da me, ho organizzato una festa a casa dei miei» lo informo, mentre, dopo aver fatto l'ultimo tiro, imito il suo gesto di prima, spegnendo il mio drum stando attento a non far cadere la piramide di sigarette.

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