Capitolo17: Scarsa memoria

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Quella notte Lia ballò fino allo stremo. Le era sempre piaciuto ammucchiare passi di danza, un po' azzeccati e un po' fuori tempo. Per un attimo, riusciva a dimenticare tutto, persino chi fosse. Non era più un nome, un corpo... semplicemente era, in quell'istante, in quel posto. Allora si lasciava trasportare dall'atmosfera, fluttuando senza sosta. Iniziò anche a sentire la testa leggera, forse per l'alcol o forse no. E forse quel suo senso di "ubriachezza" della vita, era veramente una sbronza. La prima dei suoi anni. Cristo come si faceva guardare! Delle volte le passavano accanto parole volanti come "è bellissima", "adesso la rimorchio". Eppure oltre quelle sensazioni e quelle parole non ricordava più nulla. Si era svegliata con un mal di testa atroce, tra lenzuola spiegazzate e una stanza che odorava di talco. Aprì per bene gli occhi, si guardò intorno e capì di non essere a casa sua. Non riconosceva niente, si sentì catapultata in un'altra vita, perché, che quella casa fosse vissuta fin dentro le  sue viscere, era palese. Si sentì un'estranea, poco le importava chi fosse stata a portarla lì, era concentrata sul suo stato d'animo.
«Finalmente sei sveglia», un accappatoio le arrivò dritto in faccia.
«Davvero delicato, complimenti».
Lia era finita a dormire sul letto del famoso Sun.
«Fammi indovinare, questo è il momento in cui mi dici che se fossi tua non potrei sedermi per una settimana?»
«Perché parli quasi sempre di cose senza senso?»
«Peccato, ed io che pensavo che dentro di te si celasse il Christian Gray thailandese». Scoppiò a ridere.
«Non guardo quella roba»
«Va bene, va bene, rilassati. Era solo uno scherzo!»
«Non sono in vena». Il suo volto era cupo ed infastidito. Prese una sigaretta e l'accese. Aspirò a pieni polmoni il fumo godendo di quella droga. Era davvero attraente quando appoggiava quella cosa  sulle labbra, e che labbra! Lia avrebbe voluto morderle a sangue, gustarle. "Voglio divorarlo", ma subito pensò "Lia smettila sei scema? Cosa ti viene in mente?".
«Sono incazzato Lia»
«Se hai usato una parola così rude, evidentemente devo crederci sul serio»
«Smettila. Sicura che non ricordi niente ?»
«Di grazia, no!»
«Allora ti racconto io qualcosa... Hai iniziato a provocare tutti con i tuoi movimenti sensuali, hai provato a flirtare, anche se non è andata a buon fine, e poi, arriva un certo Fiat che dice di conoscerti e volerti riportare a casa»
«Sei geloso?»
«Sì lo sono. Ieri stavo morendo dentro, dalla voglia di strapparti via. Ma non posso giusto? Sono uno qualsiasi. Eppure in qualche modo, il tuo atteggiamento mi ha deluso»
«Dovrei discolparmi? Chiedere scusa Sun? Per cosa? Mi sono solo lasciata andare, evento mai successo fino a ieri, e poi ricordo che eri accompagnato da una bellissima ragazza, perciò bada a come parli. Non pretendere da me, non rendo quando qualcuno si aspetta qualcosa dalla sottoscritta, e tu buffo scrittore, non sei nella posizione di avanzare pretese». Pigliò l'accappatoio e si diresse verso il bagno. Era di normale grandezza e ben distribuito, la doccia era spaziosa, moderna e dalle ante scorrevoli e trasparenti. Iniziò a fare scorrere l'acqua calda. E nel frattempo che questa riscaldava, lei si svestiva. Entrò e affogò nel calore ardente. Canticchiò qualcosa, rilassandosi accovacciata su due gambe come una bambina in punizione.
"Chissà come appaio adesso ai suoi occhi. Una bambinetta divertita ad illudere. Molto probabilmente l'avrà deluso questo, si aspettava da me un comportamento adeguato e controllato. Perché penso a queste cose se non mi interessa il suo parere? Perché non mi interessa, vero? Dannato Sun". Uscì scocciata dalla doccia si asciugò frettolosamente e tentò di trovare l'asciugacapelli.
«Sun mi serve il phon, dove posso trovarlo?».
La vista di Lia in accappatoio, mezza scoperta in alcuni punti, lo fece andare in tilt. "Troppo tardi diavolo"
Si avvicinò a lei con calma e con altrettanta calma, la prese per il braccio e la scaraventò sul letto.
«Che vuoi fare bastardo!».
Era sopra di lei, la bloccava con le gambe e le mani fermavano i polsi. Talmente era minuta che riuscì a trattenere entrambi i polsi con una sola mano, mentre con l'altra iniziò ad aprire quella sorta di vestaglia inumidita.
«Non ti farò niente».
I seni di Lia erano tondeggianti e sodi, non troppo grandi, della giusta misura. I capezzoli turgidi rispecchiavano la vorace voglia di lei e l'eccitazione. Allora Sun iniziò ad accarezzare il collo, scendendo giù fino a quei bottoncini. Iniziò a stuzzicarli delicatamente, poi continuò verso il basso, l'inguine, la coscia. E Lia inerme, tremava. La ragazza era in bilico tra la razionalità e il baratro dell'estasi. Voleva abbandonarsi a quel dannato uomo che in fondo desiderava da tempo, ma voleva anche ribellarsi per il modo arrogante e violento che adottò nei suoi confronti.
«L-la-lasciami ti prego». A quelle parole titubanti lo scrittore alzò la testa e la guardò.
Il suo sguardo oltre che di desiderio pronto a profanare la purezza, era pieno di disperazione. Gli occhi lucidi. E infatti iniziò, da quelle cavità, un pianto leggero e silenzioso, le lacrime avevano vita propria. Poi prese ad accarezzarle il viso e si accasciò sul suo petto nudo.
«Lia mi hai ferito»
Lia non disse niente, ma ebbe grande tenerezza per il piccolo e sommo Sun, perciò, con un gesto spontaneo svincolò una mano e l'appoggiò sulla testa di lui, iniziando ad accarezzarlo.
«Scusa Sun, ma davvero non riesco a ricordare cosa ti abbia potuto ferire così tanto»
«È un ricordo che esiste già da tempo eppure ne hai dimenticato l'esistenza. Lia mi sono aperto a te, ti ho espresso i miei sentimenti, e tu li hai calpestati. Non sono io il bastardo, ma tu. Sei una maledetta stronza, ferma nel tuo inutile orgoglio e nella tua convinzione. Ma non posso smettere di amarti per questo. Il tuo egoismo o amor proprio, chiamalo come vuoi, mi ucciderà. La tua libertà mi ucciderà, perché per quanto vorrei legarti, so che non posso. Scapperesti se così fosse. Quindi ti supplico, dimmi quali sono le tue intenzioni. È un tormento Lia...»
«Stupido di un Sun! Perché non capisci? Perché non capisci che voglio solo resisterti per paura? Ho paura di questo forte e misterioso sentimento, che ogni giorno matura sempre più. Perché  mi tormenti? Ti penso sempre, ti desidero e ti scaccio via, così per tutta la giornata e come se non bastasse ti sogno. Perché mi indebolisci? Perché mi ami?». A quella mezza confessione, Sun la avvolse tra le sue braccia, stringendola fino a fonderla  con il suo corpo.
«Lia non puoi chiedere a qualcuno perché ti ama, succede e basta. Ti prego, amami anche tu»
«Lo sto già facendo»
«O Lia, mia dolce Lia, il mio angelo e il mio demone. Sei uno squisito affanno tu. Tutta da amare e comprendere».
«Abbracciami Sun, mi sono spogliata della mia armatura e adesso sento freddo. Prenditi cura di me, perché dopo oggi, non posso più tornare indietro».

Una ragazza a PhuketDove le storie prendono vita. Scoprilo ora