Patrizia

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 Non so nemmeno come si chiama. Neanche mi interessa. Prudentemente evito la domanda classica sull'età. Potrebbe rispondermi che ha diciassette anni. Potrebbe essere mio nipote. Sono allibita dalla situazione in cui consapevolmente mi sono cacciata. 

Invento un tremendo mal di testa. Il ragazzino insiste. Con voce petulante mi soffia all'orecchio la sua supplica infantile.

– Fermati un po' con me...  ti ho vista mentre  ballavi, sei molto sexy, lo sai?

No piccolo, sono solo molto vecchia. E, a questo punto, il dubbio che la demenza senile abbia fatto passi da gigante assume connotati molto concreti.

 A quest'ora dovrei essere già a dormire, come i bambini.

Gli stampo un bacetto sulla guancia e scappo via. 

Dovrei andarmene a casa, dovrei rinsavire, ritrovare la "vecchia" cara Patrizia che sembra svanita in una dimensione irreale. Ma una smania mi prende. E quando mi ricapita. Mi ributto nella mischia, tra corpi sudati e profumi intensi. Quel ragazzo mi ha fatto rinascere.

Ho ancora voglia di divertirmi e la notte è appena iniziata.

La musica e le luci mi stordiscono. 

Giuro che non ti ascolterò più, guarda cosa mi stai facendo fare.

Ma se erano secoli che non ti divertivi così tanto. E smettila di lamentarti. Rilassati, divertiti, potrebbe essere la tua ultima notte.

Ma sentila, pure iettatrice. Menagrama che non sei altro.

Adesso il locale si è riempito fin troppo.  Per la maggior parte sono ragazzi e ragazze che vagano senza meta; alcuni si fermano al bancone del bar.  Mi posiziono al centro della piccola pedana sulla quale muoversi diventa uno stratagemma perfetto per i maschietti pronti a incollarsi alla vicina di pista. Roteando lo sguardo al ritmo della musica, solo gli occhi infatti si possono muovere liberamente, individuo  qualche uomo appartenente alla mia generazione. Le ragazze vestono abiti succinti, provocatorie si atteggiano come donne di lunga esperienza. Cerco di individuare qualche rappresentante del sesso femminile solidale con la mia non più verdeggiante età. Ne scopro qualcuna in gentile compagnia ma, da una valutazione più attenta, deduco che gli uomini al loro fianco non hanno l'aria di essere i legittimi consorti.

Lascio la pista da ballo, il ritmo cardiaco si è pericolosamente fissato sui trecento battiti. Svenire in mezzo a quei corpi giovani e sani non lo trovo elegante. Meglio darsi una calmata. Acquisto una bottiglietta di acqua naturale non ghiacciata. Comodamente seduta in una delle poltroncine in similpelle, scrutando il mondo colorato che sfila sotto il mio sguardo fugace, fantastico su una improbabile storia d'amore. Accavallo le gambe con movimenti studiati. Sono perfettamente entrata nella parte della donna seducente. Probabilmente l'acqua proviene da una fonte miracolosa.

Affascinante, colto e perché no, anche benestante. Così lo vedo. Ho voglia di innamorarmi ancora, di sentire parole soffiate sul collo. Nella mia vita ci sono stati uomini affascinanti, colti, intelligenti e anche ricchi che hanno attraversato la mia esistenza come meteore.

Dove sono?

Perché non sono con me?

Queste le domande che mi pongo costantemente ma questa sera no. Non ho voglia di rispondermi, ancora una volta. Del resto conosco già la risposta. Sempre quella. Ho un legame talmente viscerale con la libertà, con me stessa, da non concedere niente a nessuno.

 Nemmeno il mio cuore.

 Tantomeno la mia vita.

Ricaccio indietro pensieri che mi portano al passato, non intendo abbruttire questa serata atipica con malinconie e rimpianti. Inspiro profondamente. Perlustro con lo sguardo il grande salone animato da persone allegre, disposte e disponibili a nuovi incontri. Nuovi amori. Improvvisamente una sorta di tristezza mi assale. Il ritornare in me stessa mi procura sempre una certa ansia. All'improvviso mi sento ridicola, stupida e fuori posto. Voglio tornare a casa, alla mia prevedibile divisa informe, alla camomilla consolatoria, alle pagine ingiallite di un vecchio libro. Faccio per alzarmi quando un tipo si manifesta in tutta la sua media statura.

– Buona sera,  bella signora... 

Non è la sua voce a essere bassa. Mi arriva ovattata attraverso il frastuono della musica. Fatico a udirla ma sembra una bella voce.

– Buona sera...

 Rispondo, rincorrendo ricordi di sorrisi occasionali.

– Stavo giusto andando via, si è fatto tardi, anzi, tardissimo...

– La prego, si fermi ancora qualche minuto, mi faccia compagnia, la sto osservando da un po', da quando si è seduta...

Con galanteria allunga la mano.

– Michele. –  Lui

– Patrizia. – Io

 Ogni suo movimento viene meticolosamente analizzato attraverso la lente invisibile, altamente sensoriale, incuneata tra cuore e mente. Michele ha subito acceso la mia immaginazione che non ha seguito un naturale declino fisiologico. Sono entrata perfettamente nel ruolo della mia amica- nemica di tutta una vita: L'Altra.

Vorrei subito chiedergli se è sposato, fidanzato, accoppiato insomma se è libero poiché in questo caso il mio interesse prenderebbe il volo.

– Allora Patrizia, cosa mi racconti di bello?

Si è messo seduto su una delle poltroncine in similpelle. Io sono ancora in piedi, impacciata osservo il mio nuovo amico, corteggiatore di una notte. Mi devo decidere.

Rimango?

Mi risiedo.

Con eleganza ha incrociato le gambe poggiando una mano sul ginocchio sinistro, l'altra se la mette sotto il mento. Decido di tenere unite le mie, le attorciglio, nascondo i piedi sotto la poltroncina. Si è messo comodo per ascoltare cosa? La mia vita ristretta in pochi minuti? La storia inventata di una donna che non vuole denudare la sua anima? 

Preferisco un riservato silenzio. Intanto lo osservo di sottecchi mentre sorseggia un drink. Cerco nella confusione adolescenziale, che mi prende quando la testa entra nel labirinto del turbamento mentale,  di rincorrere una risposta intelligente alla sua domanda di circostanza.

Veste in modo classico come il taglio della giacca così come i pantaloni. Le scarpe sono perfettamente lucide, nere come le calze. Chissà lui cosa penserà del mio tubino dal cui orlo sbircia malizioso il pizzo delle calze. 

– Michele, partiamo da qui, i riassunti del mio passato potrebbero non piacerti. 

Gli sorrido. 

Abbasso lo sguardo come faccio di solito quando mi sento a disagio. Lo faccio per vezzo ma in modo spontaneo. Penso sia un accessorio  femminile. Poiché femminile ancora mi sento. Penso che Michele lo percepisca poiché anche lui contraccambia.

Senza abbassare lo sguardo.

– Senti Patrizia, ti va di andare da un'altra parte? Qui c'è troppa confusione, non riusciamo a sentire quello che diciamo.

Mi parla all'orecchio, la sua voce calda mi avvolge. Mi piace.

Coup de foudre?

– Scusami tanto Michele ma,  davvero si è fatto molto tardi... sai,  noi diversamente giovani a una certa ora dobbiamo andare a nanna. Sarà per un'altra volta, ti lascio il mio numero di cellulare così mi potrai chiamare, se lo vorrai...

Estrae dal taschino interno della giacca il suo smartphone. Per evitare di urlare gli scrivo il mio numero su un tovagliolo di carta. Si mette in tasca il tovagliolo e il telefono.

– Domani ti chiamo.

 Annuisco porgendogli la mano in segno di saluto.

Mi spiace lasciarlo. Vorrei fosse già domani. Ma è già domani!  Sono tentata. Cerco qualche segnale al di fuori del mio perbenismo apparente. E' giunto il momento della resa.

– Buona notte Michele.

–  Patrizia, se mi permetti, ti accompagno.

Apprezzo la sua galanteria. 

Mi ha pilotata con garbo, da vero gentlemen, verso l'uscita. 

Tenendomi per mano.

IO E L'ALTRADove le storie prendono vita. Scoprilo ora