Una giornata speciale

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Siamo a poche settimane dalle feste natalizie. Le vie del centro hanno indossato l'abito sontuoso delle ricorrenze speciali. Ghirlande di luci colorate ondeggiano sopra le teste delle persone imbacuccate e infreddolite che frettolosamente camminano per strade ancora poco movimentate.

Si vocifera che il Natale renda tutti più buoni, predisposti alla comprensione e disponibili verso il prossimo. Da qualche anno il mio animo sembra essersi avvizzito, ingrigito come il colore che delinea, fin dal mattino, i profili delle case.

Da tempo non riesco a provare emozioni remote, quando l'atmosfera precedente al Natale si insaporiva degli odori e dei colori tipici delle festività. Le resse nei negozi mi rendono nervosa, insofferente di fronte alle file interminabili alle casse in attesa di pagare. Questo il motivo per cui ai regali penso con largo anticipo e già dai primi giorni di novembre, pacchetti incartati e infiocchettati vengono occultati nell'armadio, il quale, come un fedele custode, difende il bottino, da chi poi. Mah, le dinamiche di difesa sono più che altro paure mentali del tutto prive di fatti concreti; ad ogni modo meglio essere prudenti. Statisticamente è comprovato che prima di Natale i furti aumentano in modo esponenziale.

Dovrò inventarmi qualche cosa per quel giorno che rimane, a dispetto degli ultimi eventi familiari, una giornata speciale.

Un pranzo natalizio, per cercare di ricucire lo strappo tra mio figlio e sua moglie, sembra un'ipotesi da prendere in considerazione. Saranno disposti i due non più novelli sposi a partecipare al desco familiare festaiolo? Aurora accetterà il mio invito?

Passare delle ore ai fornelli, la viglia di Natale, è una evenienza poco attraente. Non sono appassionata di cucina. A questa triste conclusione sono arrivata dopo svariati volumi dalle invitanti fotografie di succulente pietanze: spiritosi antipasti, deliziosi primi piatti e ghiotti dolci da fare salire il buon umore solo a guardarli ma, purtroppo, tutto questo ben di Dio, ammirato nei libri di cucina, non ha prodotto l'effetto sperato. Sono rimasta la modesta cuoca che cucinava per obbligo quando i figli necessitavano di pasti sani, completi e abbondanti.

Ringrazio sentitamente rosticcerie, gastronomie, gnoccherie, risotterie e ogni luogo in cui il cibo si mostra fumante e invitante, pronto per l'uso e per avermi molte volte sollevata dai miei doveri di brava donna di casa. per farmi perdonare darò il meglio nella preparazione del Tiramisù che mi sembra un dolce assai adatto per tirare su il morale e, al contempo, incantare il palato.

In questo momento però sono arrabbiata, tesa e confusa, mi devo tranquillizzare e rasserenare. Ne ho passate tante. Passerà anche questa bufera inattesa.

I giorni sul calendario sono scivolati via senza clamore. Osservo dalla finestra le luminarie natalizie le quali, con la loro regolare intermittenza, cercano di perforare la nebbia e il grigiore di un cielo plumbeo che si protrae da giorni. Almeno nevicasse. Un bianco Natale darebbe un alone mistico a questa festa che sento sempre meno nel mio cuore. La neve, con il suo biancore fa apparire tutto più bello e accettabile.

E' venerdì, siamo a meno cinque giorni dal Natale.

Michele non si è più fatto sentire.

Mio figlio alloggia ancora presso il mio domicilio. Aurora è disposta a perdonarlo. Questo è quanto mi è arrivato in un comunicato ufficioso via messaggio vocale! Sono sorpresa per questo suo approccio verbale. Dovrò fare una richiesta a Babbo Natale: Caro Babbo, per questo Natale vorrei tanto ricevere in dono una telefonata da mia nuora. Grazie.

Filippo perdonerà i suoi genitori a patto che suo padre torni a casa.

P.S. Caro Babbo Natale, ti chiedo anche un'altra cosa: riporta a casa, da suo figlio, mio figlio. Grazie per la comprensione.

Sono trascorse tre settimane da quando ho conosciuto Michele. Da quando mi sono esibita in un travestimento che mi ha fatto sentire viva. Tre settimane vissute in un'alternanza emotiva di cui ricordavo lontanamente le sensazioni conseguenti agli stati d'animo.

Mi sento intermittente come le luci dell'albero di Natale che anche quest'anno, senza grandi entusiasmi, ho allestito come sempre e da sempre il giorno dell'Immacolata. La presenza di Antonio mi ha fatto rivivere la sua gaiezza infantile quando, nei tempi felici, facevamo tutti assieme l'albero.

Ricordo lo scintillare dei suoi occhi chiari mentre guardava le luci allegre che si rincorrevano come bimbi festosi. E felice lui lo è stato. A quel tempo. Peccato che i suoi ricordi si siano concentrati solo sulle sofferenze e sul dolore provato per la separazione. Non posso sottrarmi a un senso di rimorso per le mie scelte, seppure ponderate a lungo. I figli soffrono moltissimo quando i genitori si separano. Ma tutto è oramai compiuto. Problemi e ansie non devono più determinare il mio tempo.

In questa settimana ho auto la tentazione di telefonare a Michele. L'attesa non sempre è foriera di gioia. Ho pensato molte volte di fargli quella telefonata che trattengo a fatica, sempre sospesa come un funambolo sulla corda della vita che non mi perdonerebbe più errori dovuti a quella parte che ancora vorrebbe istigarmi, incitarmi ma, la parte razionale, la nemica acerrima "dell'Altra" indietreggia di fronte ai fatti relativi all'abbandono del tetto coniugale da parte di mio figlio.

Questa è la realtà di una vita normale di una donna di mezza età. Ne devo prendere atto e abbandonare l'Altra, lasciarla andare. Dirle, finalmente, addio.

Lo farò a Natale. Adesso ho ancora bisogno di lei.

Antonio esce tutte le sere. Non mi dice dove va e io non glielo chiedo. Penso sia ragionevolmente adulto per essere consapevole delle sue azioni. Ma dal tempo che ci mette a prepararsi, dalla scia di profumo che lascia dietro di sé suppongo che la meta non sia esattamente la sua famiglia. Quella ufficiale. Gli uomini quando hanno un nuovo amore si comportano tutti allo stesso modo. Si trasformano. Smettono i panni di marito e padre con la facilità di un serpente quando cambia pelle.

Rientra verso l'alba. Praticamente dorme due barra tre ore per notte dal momento che alle sette di mattina si alza per andare al lavoro. Lavora in banca. Un'altra banca. In quella precedente era stato licenziato. Spero riesca a contare bene i soldi altrimenti verrà licenziato di nuovo.

Con mio figlio non comunico più per il semplice fatto che, qualsiasi cosa io dica sembra non sia mai quella giusta. Lo lascerò decidere della sua vita. Mi riserverò il posto migliore in platea. E assisterò ai suoi errori. In silenzio. E' un uomo ma questo non significa abbia raggiunto la piena maturità. Mi capita di osservarlo, per certi aspetti non è affatto cambiato. Sotto la sua parvenza sicura e prestanza fisica in realtà è rimasto il bambino timido e insicuro che mi teneva il broncio per un rimprovero. O quando lo scoprivo in piedi sopra una sedia a caccia del vasetto della Nutella.


IO E L'ALTRADove le storie prendono vita. Scoprilo ora