Emozioni

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 L'ascensore mi riporta al quarto e ultimo piano. Abito in questa palazzina da qualche lustro ovvero  da quando mi sono separata. E' un condominio modesto ma dignitoso spalmato su quattro piani. In tutti questi anni non sono riuscita a crearmi delle amicizie vere. Buon giorno, buona sera, poi ognuno dentro ai propri settanta metri quadrati. 

Non ci tengo particolarmente a intrecciare la mia vita presente, passata e futura con altre vite in cui non mi voglio addentrare. Mi sento di passaggio, sempre incerta se restare bloccata in questo grande scatolone di cemento, in cui nuclei familiari, dalla provenienza misteriosa, si alternano con frequenza, o lasciare che la vita mi porti dove decide lei. Incontro volti sconosciuti, sorrisi di bimbi anonimi, ragazzi con lo sguardo sui loro cellulari e la mente persa chissà dove assieme alla buona educazione. Questi rapporti frettolosi e superficiali non hanno aiutato a creare legami duraturi. 

Le uniche persone che abitualmente incrocio con una certa assiduità e con le quali intercorre un cordiale scambio di saluti e qualche parola sono la signora del secondo piano e il vedovo del terzo; "Il professore", così viene amichevolmente chiamato dalla maggior parte dei condomini. Da quando è mancata la moglie, nelle scarne occasioni in cui capita di incrociarci,  ho colto nel suo sguardo chiaro e intelligente un certo interesse. I nostri fugaci e casuali incontri avvengono per la maggior parte nello spazio ristretto dell'ascensore. Sorrisi di circostanza, sguardi sfuggenti, poche parole scambiate più che altro per reciproca simpatia o semplicemente per buona educazione. Ci salutiamo con timidezza, io con rispetto verso il suo stato di vedovo, lui con un sorriso appannato di uomo solo. Siamo due persone adulte con alle spalle un bagaglio di vita vissuta che nessuno dei due ha voglia di raccontare ma soprattutto di ricordare.

Durante il brevissimo tragitto, dal piano terra fino al terzo piano, dove si trova il suo appartamento, mi capita di osservarlo di sottecchi; mi dà l'impressione di un uomo sereno, equilibrato di un'età compresa tra i cinquanta e i sessanta. Un uomo affascinante sempre vestito in modo sportivo ma elegante. Mi ha sempre visto infagottata nella versione mistica di ogni giorno, nelle vesti anonime di una donna matura con una vita tranquilla, forsanche banale.

Mi piacerebbe tanto vedere la sua faccia nel vedermi travestita da femme fatale. 

Non amo le chiacchiere insulse. Aborro le assemblee condominiali. Detesto i pettegolezzi. Sono diventata così non per mia volontà, caratterialmente sono portata a socializzare senza remore, da giovane ero esattamente l'opposto, anzi, dovevo cercare di placare la mia esuberanza. Ma, mese dopo mese, anno dopo anno, la parte esteriore ha emesso una sentenza inappellabile al decadimento, al disfacimento fisico, quella interiore, al momento, è terra di nessuno. Il mio carattere ha virato verso un atteggiamento cauto, poco incline allo sviluppo socializzante. Mi sono barricata nel mio carapace per sentirmi protetta.

Questa sono io. L'Altra mi avversa e assilla proprio perché impersono la parte della asociale, di quella che  osserva con superficialità gli uomini, lontanissima dal voler approfondire rapporti umani.

Preferisco starmene in solitudine senza nessun vincolo che mi obblighi a relazioni più che altro di apparenza o, come si dice "per mantenere rapporti di buon vicinato". Non mi interessa niente dei vicini. Penso lo abbiano capito e infatti nessuno si azzarda a suonare il campanello di casa per chiedermi un limone, lo zucchero o la farina. Buon giorno, buona sera. Vi dovrà bastare.

La solitudine l'ho cercata per buona parte della vita. La libertà ha condizionato le mie scelte, me ne rendo perfettamente conto. Questo mi ha portata a chiudere rapporti, perdere numeri di telefono, indirizzi, occasioni. Ergo: voglio restare nella beata, desiderata, agognata solitudine con la solo compagnia della mia vecchiezza che fa rima con saggezza. 

A molti, forse a troppi, ho detto no. E ora, cosa mi succede? E' arrivato il momento dei pentimenti? Dei: Patrizia te la sei voluta? 

Michele è arrivato per dirmi che, in fondo, non ho novant'anni? Che tempo per amare non significa tempo perso?

Le aspettative di vita si sono allungate. Quindi? Mi aspetta una terza, quarta giovinezza?

Devo accettare l'invito di Michele e dare ascolto all'Altra oppure rimettermi la vestaglia rosa in pendant con le ciabatte e dare ascolto a me, alla parte più razionale, quella più realistica e pragmatica? 

Ho ancora qualche ora per decidere quale "strategia" adottare. Nel frattempo mi preparerò da mangiare, accenderò la televisione per ascoltare le ultime tragiche notizie, sperando non sia scoppiata una guerra, poi farò un riposino, poi non lo so. Il mio potenziale di previsioni futuristiche ha una gittata di cinque barra sei ore. Nella migliore delle ipotesi.

L'avviso di un messaggio arriva mentre sto riempendo il filtro della caffettiera per il consueto caffè che solitamente precede una sigaretta che a sua volta precede il riposino pomeridiano. Penso che mai come oggi ne ho bisogno.

Di riposarmi. E dormire.

Il nome che visualizzo sul display mi strappa un sorriso ammiccante. Mi ammicco da sola.

Non starà diventando un po' troppo insistente? Non è che dietro a quella parvenza del signore distinto e inoffensivo si nasconda il serial killer delle vecchiette?

Oh, Patrizia quante seghe mentali ti fai. Alla tua età, suvvia!

Questa volta gli rispondo. Giuro. E' che sono fuori allenamento. Che cosa gli scrivo?

Che ho avuto una giornata piena di impegni: palestra, parrucchiera, massaggi, tè con le amiche... E se poi mi crede? Correrei il rischio di doverle fare veramente, tutte queste cose. Meglio defilarsi in un elegante: grazie, sarà per un'altra volta.

Forse è meglio che prima legga il messaggio:

Ciao Patrizia, non hai risposto ai miei messaggi di questa mattina mi devo preoccupare? Sono sicuro che non hai avuto il tempo di leggerli , lo avevo immaginato che sei una donna dinamica e sorprendente! Spero di sentirti presto chiamami quando vuoi. Miki.

Di questo lungo sms (sarà mica un tipo alla Aurora?) la frase che mi è piaciuta di più è: chiamami quando vuoi. Semaforo verde! Il signore degli sms di sicuro non è sposato. Al massimo ha una fidanzata. Non ufficiale. La cosa si fa interessante e a questo punto, se non altro per non passare da maleducata, gli rispondo e invio (vittoria!) il messaggio:

Ciao Michele, scusami se non ti ho risposto prima, effettivamente ho avuto una mattinata piuttosto impegnativa, escluso il tè ho fatto tutto il resto. Scherzo. Ti ringrazio molto per l'aperitivo ma questa sera (e qui devo dare il massimo in fantasia) ecco, avrei un impegno però guarda una di queste sere di sicuro ci vediamo. Buona serata. Pat

Invio. Oddio ho scritto buona serata e sono solo le due del pomeriggio! Penserà che mi sono emozionata. E' vero.

Se ancora mi emoziono nello scrivere semplici parole a uno sconosciuto tutto è possibile.

Sono fiera di te. L'Altra

Smettila! Io.

IO E L'ALTRADove le storie prendono vita. Scoprilo ora