Il cappotto blu

62 9 25
                                    

E adesso cosa faccio? Dovrò andare in chiesa e confessare il peccato lussurioso.

"Padre, ho sbagliato, mi sono concessa nuovamente a un uomo dopo... dopo... ehm non ricordo nemmeno l'ultima volta che ho fatto sesso, non ricordo nemmeno il volto dell'uomo, forse si trattava di Garibaldi, o Napoleone. Padre, chiedo perdono, mi assolva dai miei peccati! "

L'uomo di chiesa mi scruterà attraverso i fori del confessionale con sguardo compassionevole.

" Figliola, dovresti gioire per esserti ricongiunta carnalmente con... chi è il fortunato, cara?"

Con questi pensieri quantomeno astrusi, ma non del tutto privi di fondamento, mi dirigo nel MIO bagno per ricominciare una vita normale. LA MIA VITA.

Subito dopo avere conferito intimamente con la tazza in ceramica bianca, apro l'acqua della vasca  per immergere nel bagnoschiuma il mio corpo dissoluto e peccaminoso.  Nell'attesa di un bagno purificatore inizio la ricerca dell'oggetto tecnologicamente avanzato senza il quale ci sentiamo smarriti e incapaci di pianificare anche una sola ora della nostra giornata.

Dove caspita l'ho lasciato!

Ripercorro mentalmente gli ultimi spostamenti precedentemente compiuti. Come una posseduta solco i dieci metri lineari del corridoio; cucina, camera da letto e ritorno. Un viaggio. Lo specchio, quello con la cornice antica, è sempre al suo posto a rimandarmi l'immagine delle mie espressioni mutevoli.

 Affronto impavida il nemico acerrimo. Mi posiziono al suo cospetto con la grinta di una combattente. 

"Specchio, parla se hai coraggio ma, stai bene attento a ciò che dirai!"

Oddio, ho da poco abbandonato un letto straniero, è il primo giorno di un nuovo anno e sto dialogando con uno specchio! La situazione si fa seria, per non dire drammatica. 

Con terrore avverto un rumore provenire dalla stanza di mio figlio. Noto con raccapriccio che la porta è chiusa. Metto le mani sulla bocca per soffocare un urlo di terrore.

Strano penso sempre più preoccupata, è mia abitudine lasciarla aperta, quando non c'è Antonio.

Sono entrati i ladri!

È risaputo che svaligiare appartamenti durante i bagordi della notte di San Silvestro rientri tra le maggiori aspirazioni dei topi d'appartamento.

Mi avranno sentita conferire con lo specchio. Chissà cosa starà pensando il ladro. Per un appartamento così piccolo uno basta e avanza  Non ho il coraggio di aprire la porta. Non ho ancora trovato il cellulare. Sono spacciata. È giunta la mia ora. Nessuno verrà a salvare una povera vecchietta morta di crepacuore senza nemmeno la soddisfazione di guardare in faccia il malandrino.

– Mamma!

– Antonio!

Le gambe stanno cedendo, mi dirigo barcollando in soggiorno, devo assolutamente sedermi onde evitare di trovarmi lunga distesa ai piedi del " finto topo d'appartamento".

– Ma sei pazzo? Mi hai spaventata a morte! Vuoi avermi sulla coscienza e portare questo rimorso per tutta la vita? A proposito, che ci fai qui? A proposito, auguri di Buon Anno e direi che meglio di così non poteva cominciare!

Sto parlando a sproposito. 

Si siede anche lui, emette un profondo, lungo sospiro. Lascia andare senza controllo i suoi centoventi chili sul mio povero divano già debilitato da due decenni di onorato servizio. 

 Questo è il colpo di grazia. 

Penso al divano nuovo che dovrò acquistare mentre osservo mio figlio spiaggiato su questo rottame sfondato, affondato, distrutto. 

– Antonio, scusa eh, ma dovresti quantomeno avvisare, giusto per evitarmi un infarto. Stavo per chiamare la polizia, pensavo fossero entrati i ladri. Lo sai che mi spavento con nulla.

Antonio mi osserva con i suoi occhi chiari. Ha una strana espressione che non riesco a decifrare. Del resto sono reduce da una notte atipica, come potrei mai capire mio figlio in uno stato psicologico così compromesso dagli ultimi eventi.

– Mamma, ti avrò inviato non so quanti messaggi, telefonato non so quante volte. Ma dove ce l'hai il telefono? Alle tre di questa notte non c'eri, il letto perfettamente in ordine... Ultimamente ti comporti in modo molto strano.

- Ehm... Antonio, davvero sei qui dalle tre di questa mattina?

Mi sento avvampare. Mi sento in preda al panico. Antonio ha le chiavi di casa, non me le ha restituite quando è uscito da qui per sposarsi e io non gliele ho mai chieste indietro perché non mi sembrava bello e perché "non si sa mai".

– Sì. Sono qui dalle tre.

Risposta lapidaria. In puro stile Antonio. Adesso come mi giustifico. Cosa gli dico? La balla delle amiche non se la beve di certo. Mio figlio ha un carattere difficile, è piuttosto introverso, taciturno ma non è un cretino. Il mio bambino è bravo e intelligente ma non è più un bambino. Patrizia, devi prendere atto una volta per tutte che tuo figlio è cresciuto. Potrebbe essere tuo marito, il tuo amante, un collega di lavoro, il direttore della banca. Insomma, è un uomo!

– Antonio, per favore, fai squillare il telefono. Non so dove caspita l'ho messo ieri sera prima di... ehm, di uscire.

– Ah, sei stata al veglione? 

– Tesoro, lascia perdere, ti spiegherò, adesso cerchiamo il cellulare, eh?

Si alza. La sua stazza possente mi sovrasta, accanto a lui mi sento piccola, piccola. Le parti si sono definitivamente scomposte. Invertite. Da piccolo cresceva lentamente, molte volte mi ero trovata a pensare che sarebbe rimasto un nano, poi, verso i dodici anni mi ha raggiunta in altezza in pochissimo tempo (come donna sono piuttosto alta). Una "lievitazione" improvvisa e costante, lo vedevo ogni giorno più alto. Io ogni giorno più piccola. Tutto questo è successo senza quasi rendermene conto. Qualcuno doveva  avvisarmi di questo radicale cambiamento. Non si fa così.

Antonio estrae dalla tasca dei jeans il suo cellulare. 

La vibrazione familiare irrompe nel giro di qualche secondo. (non ci crederete ma mentre sto scrivendo questa frase il mio telefono ha iniziato VERAMENTE a vibrare. Giuro, sto ridendo come una pazza).

Il suono proviene dalla poltrona. Sulla poltrona c'è un cappotto di un bel colore blu notte. Mai visto da queste parti un cappotto in cachemire blu notte. Lo sollevo con l'indice. Scruto l'indumento con occhio attento di chi un po' se ne intende di abbigliamento.

– Carino questo cappotto, però mi sembra di una taglia piccola per te... hai intenzione di dimagrire fino a questo punto?

La mia risata viene drasticamente interrotta dalla voce baritonale di mio figlio.

– Il cappotto non è mio.

Riguardo il capo di abbigliamento di taglio decisamente femminile. Anche Antonio lo sta guardando con un mezzo sorriso. 

Mah! Questo figlio mio lo capisco sempre meno. 

– È di Tiziana.

Il mio cuore ha saltato un battito. Due. tre. Si è fermato. 

Credo di essere morta. Questa volta non ho scampo.

Niente male morire il primo giorno dell'anno.

 Ho idea di averlo iniziato davvero alla grande. 


IO E L'ALTRADove le storie prendono vita. Scoprilo ora