Strategie

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La giornata di Santo Stefano è scivolata pigramente sul calendario rimasto orfano di undici mesi strappati via. Ripenso alla giornata di ieri. Ripenso allo strano Natale appena trascorso. Un altro anno se ne sta andando lasciandomi qui, con i miei pensieri solitari e con una mal celata malinconia. 

 Avere avuto Antonio in casa, seppure per un breve periodo, seppure con la sua presenza quasi immateriale, aveva riempito spazi vuoti inducendomi ad azioni concrete e tangibili come rifare il suo letto, stirare le camicie, lasciargli la cena in frigorifero. Piccoli gesti depositari mnemonici  ritornati a far parte della mia quotidianità. Questa è una strana sensazione. Generiamo figli, ce li teniamo al seno, insegniamo loro a camminare, a parlare. A vivere. Poi un giorno se ne vanno. E ci ho messo molto tempo ad abituarmi a non averlo più tra attorno a me. Un vuoto che un po' alla volta ho colmato con solitudine e ricordi.

 Ho dovuto riabituarmi nuovamente alla sua presenza. A volte mi è sembrato un estraneo. Uno con il quale condividere questi pochi metri quadrati. Mi sentivo a disagio. Non per lui, bensì per me che non ritrovavo più quell'istinto materno che per molti anni mi ha sorretta. Anche  lui avrà percepito una vuotezza interiore quando  mi ha lasciata, nel momento in cui si è unito a un'altra donna? Non lo so, mio figlio custodisce i suoi sentimenti come metalli preziosi in una speciale cassaforte. Ed è giusto così. Rispetto la sua fortezza psicologica costruita su basi intime e  sensibili del suo animo.  Antonio per un po'  è tornato, l'istinto materno no.

Assorbita dai miei pensieri galoppanti quasi non sento suonare il campanello di casa. 

Sono stata colta di sorpresa, in disarmo. La vestaglia rosa mi rende fragile, insicura. 

- Signora Patrizia, spero di non disturbare, volevo farle gli auguri, anche se in ritardo, di Buon Natale ma...

Il suo sguardo ceruleo si posa dapprima sulla massa di capelli relegati alla bell'e meglio sulla sommità della testa per poi scendere sull'indumento rivelatore. Prosegue con tono colpevole.

– ... forse stava riposando?

Mi ha sorriso. Un sorriso di circostanza velato di imbarazzo. Ma pur sempre un bel sorriso.

Probabilmente si starà chiedendo se travestirmi sia il vezzo di una donna matura che cerca di occupare il suo molto tempo libero.

- No no, non mi disturba anzi... non aspettavo nessuno e mi sono alzata dal letto da poco, ieri è stata una giornata un po' pesante, sa com'è Natale... pranzo, figli, piatti da lavare... oggi mi sono concessa un meritato riposo.

Cosa passi per la scatola cranica di un uomo maturo al cospetto di una coetanea in vestaglia e ciabatte non mi è dato di sapere ma di certo non devo avergli fatto una bella impressione. 

Stringo le braccia al petto come in difesa avvolgendomi nella vestaglia promossa a corazza di protezione. Penso che l'indumento setoso non sia abbastanza lungo da coprire un paio di pantofole senza vergogna. 

- Mi scusi lei per il disordine, professore. Prego, si accomodi...

Visibilmente in difficoltà faccio entrare l'uomo sul terreno neutrale della mia umile dimora. Oltre a mio figlio e a mio nipote nessun rappresentante del sesso forte aveva superato il varco d'ingresso.

Mentre l'affascinante professore prende posto sul divano ho messo in atto tutte le strategie possibili per mitigare la sorpresa e per tornare a essere, se non altro, presentabile. 

Azione numero uno: sparizione immediata. Azione numero due: barricamento in bagno. Lo specchio malefico mi ha rimandato un'immagine orribile. Mi sono raccolta i capelli in una cosa confusa tra una coda di cavallo e uno chignon. Azione numero tre: cambio di abito alla Arturo Brachetti, un vero guru per il genere femminile alle prese con funamboleschi cambi di vestiti. In pochi istanti sono riuscita a trasformare il possibile. L'impossibile è faccenda dell'Altra, temporaneamente blindata nella parte oscura dell'anima. 

Sono tornata in salotto sotto forma di donna con addosso indumenti normali. Una via di mezzo tra me e la Bella addormentata che da qualche parte deve essere crollata in un sonno profondo.  Mortale. Oddio, l'ho perduta. Ho perduto la mia compagna di vita, la mia più accanita sostenitrice. Mi ha lasciata al mio destino. Al mio terzo tempo in totale solitudine!

L'espressione di Giuseppe mi sconsola. Il dubbio di essere fuori posto, fuori luogo e fuori anche un pochino di testa mi trapassa la materia grigia molto in pendant con il grigio che sta disordinatamente composto alla sommità della stessa. 

Ci siamo osservati come due antagonisti. Chi dei due sembra il meno anziano? Chi dei due può permettersi un rendiconto sul suo aspetto mirato all'autostima?

Il salotto è impregnato di un buon profumo. Un aroma maschile ma non potente come quello di mio figlio. Non dovrò chiudere la porta della cucina, il ragù è salvo e può espandere il suo odore senza contaminazioni profumose maschili. 

Veste in modo classico, con accenni eleganti di modernità: maglioncino blu in cachemire, camicia in tinta, jeans sbiaditi, scarpe sportive tipo Timberlan. Lo trovo attraente. Ha lo sguardo buono e intelligente. L'intelligenza viene prima di tutto, anche prima di un buon profumo e di un bel paio di scarpe.

Mi sono seduta sul divano di fronte a lui. Così vicini fisicamente non siamo mai stati. Sono ufficiosamente e piacevolmente sorpresa della sua presenza discreta, da uomo d'altri tempi.

 I nostri fugaci incontri sono avvenuti sempre in modo formale. Gentile, ma formale. Adesso è qui, in casa mia. Lo posso guardare bene bene.

- Complimenti per l'albero di Natale, lo ha fatto lei?

 Una frase banale, un modo per spalmare un disagio comprensibile. Dovrei metterlo a proprio agio ma sono fuori allenamento, ergo: le tattiche seduttive avrebbero bisogno di qualche ripasso. Osservo Giuseppe in ogni suo minimo movimento. Lo guardo diritto negli occhi. Abbassa lo sguardo sguarnito da quella speciale intraprendenza giovanile. Questo aspetto che sa di timidezza fanciullesca gli dona, lo rende avvicinabile.

- Sì, l'ho fatto io, ancora trovo rilassante fare l'albero di Natale, sono felice che le piaccia... Quest'anno è arrivata anche una bella nevicata, una romantica atmosfera, non trova?

Anche lui mi osserva senza farmi pesare il suo interesse. 

Ha gli occhi chiari di un colore indefinibile tra il grigio e l'azzurro, i capelli che porta piuttosto corti sulla nuca hanno striature argentee. Un ciuffo ribelle gli scivola sulla fronte rendendolo ancora più affascinante. L'incarnato rivela una leggera abbronzatura che sa di saltuarie ma costanti sedute dall'estetista. 

Mi ha dato l'impressione, positiva, di un uomo che ci tiene a mantenersi in forma. Ha perso la moglie due anni fa. Una bella donna. Sempre elegante. Di solito ci si incontrava in ascensore. Buon giorno, buona sera. Niente di più. Mi dava l'idea di una donna molto chiusa, introversa. Assieme li ho visti in rare occasioni. Buon giorno, buona sera. Lui, quando era con lei, mi sembrava assente. O forse ero io che mi sentivo trasparente.

Non hanno avuto figli, forse questo determinava la loro vita che apparentemente sembrava piatta e monotona. L'ultima volta che ho visto la signora Elisa mi ha rivolto un tenero sorriso.

Non lo aveva mai fatto, forse per questo mi è rimasto impresso. O forse perché è stato l'ultimo.

- Professore, posso offrirle un caffè? Mi ha fatto molto piacere la sua visita seppure inaspettata...

- Niente professore, diamoci del tu così mi sento più giovane! 

Riesco a contargli le rughe dipinte dal sottile pennello della vita. Sento un calore intenso al viso. Il fard, per ravvivare le guance bianche come la neve, potevo risparmiarlo.

– Così siamo in due a sentirci giovani. Bene, allora, lo vuoi il caffè?

Abbassa lo sguardo. Mi sembra uno scolaretto e mi provoca una tenerezza che si mescola a una certa frenesia.

Sento il volto sempre più caldo, peggioro la situazione quando mi accorgo che lui si è accorto del mio rossore fuori controllo. Mi sento una scolaretta. Una bambina con le rughe e i capelli argento.

Se ne è andato verso mezzogiorno con la promessa di rivederci più spesso.  Una bella comodità avere un fidanzato  al piano di sotto.

Il buio è arrivato presto e anche Santo Stefano è passato. Non vedo l'ora di rivedere Michele ma anche Giuseppe. Mi sento confusa. Era tanto tempo che non mi sentivo così, così... confusa, sciocca, infantile. Buffa e, vanitosamente donna.


IO E L'ALTRADove le storie prendono vita. Scoprilo ora