Gatto Silvestro

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 Arrivare all'ultimo giorno dell'anno mi provoca, mese dopo mese, anno dopo anno, un aumento di tutti i parametri vitali: pressione alta, colesterolo agguerrito, glicemia stellata e mi fermo qui onde evitare una precipitosa visita al Pronto  Soccorso. Se c'è un festa che detesto questa è Capodanno. Ma il buon Papa Silvestro, a cui probabilmente il numero trentuno era particolarmente affezionato, non poteva soccombere un altro giorno? Silvestro, che tutti o quasi, pensano al nome di un famoso gatto, ci impone, da secoli, di festeggiare Capodanno ogni 31 di dicembre. 

Il veglione di fine anno è stata una delle torture della mia vita. Per liberarmene  ho dovuto attendere che l'entusiasmo giovanile, e la voglia di divertimento, a prescindere, scemasse fino al raggiungimento d'indipendenza da feste, festine, festone e veglioni! Quanto li ho detestati quei cenoni infiniti, seduta per delle ore a tavola in attesa che arrivasse il momento fatidico. Quello in cui tutti si sbaciucchiano, si abbracciano, ti dicono cose che non pensano.  Auguri, auguri. Buon Anno, Buon Anno. Poi tutti a correre come pazzi sotto l'unico vischio correndo il rischio, fin dal primo secondo del nuovo anno, di iniziarlo con una rissa per conquistare l'ambito podio. Un delirio!

Ci sono ricorrenze che, superata una certa età, non ci si sente più in obbligo di rispettare. Di festeggiare.

Questa mattina è venuto a trovarmi Filippo. Adesso che le scuole sono chiuse è molto più sereno. Ma non solo per questo.

– Nonna, avevi ragione, mamma e papà sembrano due fidanzatini, spero che quella donnaccia lo lasci in pace...

 Noto che la faccia di mio nipote è sgombera dagli antiestetici brufoli. Non glielo dico. Capaci magari di ritornare più bellicosi che mai a deturpare nuovamente il suo bel faccino.

– Filippo, non è bello giudicare una persona che non conosci, oltretutto non penso sia stata tutta colpa della signorina in questione. Diciamo che tuo padre non ci ha pensato su molto, eh Filippo? In ogni caso la bufera sembra sia stata superata, questa è la cosa importante.

Mio nipote annuisce, forse ha capito che le responsabilità non stanno mai da una sola parte.

– La mamma è venuta a sapere che è una collega di papà, lavora anche lei in banca ma fortunatamente è stata trasferita in un'altra città.

Un classico. Penso che gli ambienti di lavoro siano una specie di covo per adulteri. Penso che anche a me è successo. Due secoli fa.

– Mi sembra una bella notizia, Filippo. Senti amore, cambiamo discorso. Questa sera cosa fate?

– Io vado a una festa, mamma e papà, mi sembra di avere capito, vanno a casa della zia Francesca, e tu nonna cosa fai? Non dirmi che te ne starai a casa a leggere un libro!

Filippo mi sorride e quando lo fa gli si illuminano gli occhi. Ha un bellissimo sorriso e senza brufoli è proprio bello.

– A casa con un libro? Scherzi? Sono stata invitata dai conti Brunnelleschi (?) ma sono indecisa poiché anche la principessa Clarabella (doppio ?) mi ha invitata nel suo castello. Devi sapere che ieri sera un paggetto mi ha recapitato personalmente l'invito da parte della Principessa. 

Filippo mi guarda con gli occhi sgranati, la bocca semi aperta che non gli conferisce  un'espressione proprio intelligente.

– Ahahaha, Filippo, dovresti vederti in questo momento. Ma scherzo sciocchino, dove vuoi che vada una vecchietta? Per me il 31 di dicembre è un giorno come un altro e poi, dovresti saperlo che detesto il veglione di Capodanno!  Me ne andrò a letto con la solita camomilla, un libro e tanti auguri di Buon Anno a tutti!

Filippo non demorde. Il suo volto si è ricomposto. Adesso riconosco il mio nipotino con lo sguardo intelligente.

– Dai nonna, fai una cosa speciale per questa notte!

– Tesoro, mi concederò un nastrino rosso legato al polso, dicono che porti fortuna, questa sarà la mia unica trasgressione, contento? Ma a mezzanotte sarò la prima persona alla quale manderai gli auguri, vero amore?

– Certo nonna puoi stare sicura, adesso però devo andare. Ciao nonnina buona fine d'anno...

– Buona fine a te Filippo divertiti, ma non bere, mi raccomando! Senti, potresti dire a papà di telefonarmi? Gli voglio parlare, vorrei dirgli che...

Filippo è già sul pianerottolo. Ho sentito i suoi passi giovani e veloci scendere le scale. Non ha bisogno dell'ascensore. Sempre di corsa questi ragazzi. E per una frazione di secondo mi rivedo alla sua età. Sempre di corsa!

– Va bene nonna glielo dirò ciaooo...

Ho sentito la sua voce urlante mentre oramai è in strada.

Mi sono fatta la ceretta. Non si sa mai. E' pur sempre l'ultimo giorno dell'anno, voglio essere in ordine nel caso in cui il nonno di Cupido decidesse di infilzare con una freccia una sua coetanea.

Non ho nemmeno chiesto a Filippo se voleva un caffè o una Coca Cola, se avesse fame,  se stava bene, se era felice. Sono una pessima donna di casa, ho perso le buone abitudini. No, ho perso la memoria e certe cose, anche le più banali e consuete, non mi passano più per il cervello che sento ogni giorno rimpicciolirsi. Ma non dovrebbe essere solo la statura? Dicono che, con l'avanzare degli anni, si diventa più corti. Le orecchie più lunghe. Il naso più grosso. Oddio, tra pochi giorni, anzi tra poche ore o minuti sarò un mostro! 

Immagino le persone che si stanno preparando per andare ai veglioni, alle feste nelle case private, nei locali tirati a lucido. Penso alla corsa affannosa per l'ultimo acquisto. Trovare le scarpe giuste per l'abito rosso. O le mutande, sempre rosse,  per il proprio fidanzato, marito o amante. Penso ai ristoranti alle prese con piatti tradizionali o fantasiosi. All'isterismo degli chef e alle fatiche dei camerieri. A chi non saprà dove andare a dormire e a chi festeggerà negli ospedali o nelle prigioni.

A mezzanotte i botti sveglieranno le persone anziane che come me se ne andranno a letto alle dieci di sera. Penso alle povere bestiole che scapperanno terrorizzate e ai bambini piccoli che non capiranno. Penso a chi non festeggerà perché malato o semplicemente vecchio e solo. 

Penso che ho voglia di prendermi un gatto e lo chiamerò Silvestro. 

 Mi viene una gran tristezza mentre sono in cucina a preparare la crema al mascarpone da gustare con il pandoro. Del cenone non m'importa nulla, ne faccio volentieri a meno ma alla mia annuale scorpacciata di crema al mascarpone non rinuncio. 

Il suono prolungato e molesto del campanello mi distoglie frettolosamente dai miei pensieri, presenze costanti e invadenti dei miei giorni. Sarà una vicina disperata perché si è accorta che le manca il sale. O un limone. 

In preda al panico sta suonando a tutte le porte del condominio alla ricerca del prezioso ingrediente senza il quale non potrà portare a termine il  cenone preparato per i suoi venticinque ospiti. 

Ci vivono dodici famiglie in questo condominio, tre appartamenti per piano. Dodici nuclei scomposti, a volte solitari che di famiglia hanno solo il nome sul campanello. Compreso il mio. Famiglie che si sono ritrovate con un solo componente, un solo rappresentante, unico superstite. Classificarle famiglie suona come un eufemismo. Due vedovi, un divorziato, un ragazzo che vive con il suo ragazzo, una donna che cambia continuamente uomini, due donne divorziate compresa me, una coppia di anziani, una ragazza con un cane, un ragazzo di colore che vive con un numero imprecisato di suoi simili. 

Un appartamento vuoto dove non ci abita nessuno. Una famiglia degna di questo nome c'è ma non credo che la padrona di casa con tre figli, un marito e la suocera, abbia voglia di cucinare per venticinque persone. 

Quindi, chi si sarà attaccato al campanello del mio appartamento a meno di cinque ore alla mezzanotte del trentuno di un qualunque dicembre?


IO E L'ALTRADove le storie prendono vita. Scoprilo ora