Il mio angelo

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 Ieri è stato il giorno tanto atteso, la festa dell'anno per eccellenza. Fin dal mattino una copiosa nevicata ha ricoperto ogni cosa: strade, tetti, auto; i rami degli alberi sembravano cedere sotto il peso della coltre immacolata. Tutto quel biancore ha illuminato i pensieri e lo sguardo che si è posato incantato sull'immagine da cartolina oltre la finestra. L'ultimo ricordo di un paesaggio così suggestivo risale alla mia adolescenza. 

Erano decenni che la città non si svegliava nel giorno di Natale, avvolta nella neve caduta davvero in abbondanza.

Quest'anno, con Antonio rientrato per motivi personali e tutt'altro che risolti, nell'abitazione della sua famiglia di origine, è stato tutto un po' diverso, al limite del surreale. Nella consuetudine di una libertà costruita faticosamente negli anni, stento a prendere atto della nuova situazione, quella di avere una presenza in casa. Una presenza immateriale. Un fantasma. O un angelo, dal momento che in casa Antonio praticamente non c'è mai. 

La mattina lo sento alzarsi presto per recarsi al lavoro. Dal mio letto, ancora non del tutto presente e vigile, percepisco i suoi passi nel corridoio per raggiungere il bagno, avverto i movimenti mentre si infila i pantaloni, indossa la la camicia che trova pulita e stirata appesa nell'armadio, pochi passi ed eccolo in cucina per preparare il caffè, indossare il piumino e uscire. Nella pausa pranzo si ferma fuori per consumare un pasto frugale. Ritorna nel nido verso le diciotto, giusto il tempo per farsi una doccia e frettolosamente uscire dal bagno avvolto in una nube profumata quanto basta per annientare all'istante ogni forma di vita. 

Usa un aroma talmente forte che, non appena lo sento entrare in doccia, corro a chiudere la porta della cucina. Preparare il ragù di carne, contaminato dalle note intense di "Paco Rabanne" sarebbe un pugno nello stomaco e un affronto al buon odore delle lasagne al ragù.

"Rimani per me il mio angelo, figlio mio."

- Antonio, perché non rientri per pranzo? Una pastasciutta o una bistecca mi sembra un pasto più salutare di un panino  mangiato sbrigativamente al bar; in fondo la banca non è molto distante da casa nostra, con l'auto saranno più o meno dieci minuti e poi mi faresti compagnia. Non sei mai a casa!

Gli dissi durante una rara intercettazione avvenuta in modo del tutto causale. Incontri fortuiti che avvengono mentre ci incrociamo nel corridoio oppure nel brevissimo lasso di tempo, un attimo davvero fuggente, mentre lui esce dall'ascensore con la barba incolta, i capelli arruffati e due occhiaie rivelatrici di notti insonni per amore.  Un fantasma che si è  insinuato nella mia vita costringendomi a rielaborare le mie abitudini. Ma, in fondo, la presenza poco presente che ogni tanto mi appare è pur sempre mio figlio. Io, seppure assottigliata, sia nella materia che nello spirito, sono sempre sua madre. 

Mi trovo in una personalissima situazione umana, ovvero, non mi sento né giovane, né vecchia. Non provo più quell'istinto materno di cui andavo tanto fiera. Non sento più niente. E il ricordo delle mie incursioni notturne, i travestimenti, il solo fatto di avere avuto il coraggio di entrare in una balera da sola, di essermi comportata come una ventenne invecchiata e spudorata, insomma,  i miei comportamenti poco consoni, poco attendibili, poco eleganti mi hanno ferocemente messa in una profonda crisi esistenziale. 

Cosa sono diventata? Chi sono stata? 

- Mamma, posso darti una mano ad apparecchiare la tavola?

 Antonio, da ragazzino, amava affaccendarsi nei preparativi Natalizi. Lo faceva con fantasia e dedizione. Disegnava e scriveva personalmente i segnaposto. Inventava le forme più strane da dare ai tovaglioli poggiandoli sui piatti da sembrare a volte dei fiori, a volte farfalle. Era dotato di estro e potenza creativa. Il ricordo di quando aveva dieci anni è molto più realistico di adesso che ne ha più di trenta.. La memoria si diverte a creare fotogrammi nitidissimi nella sequenza temporale antecedente a qualche lustro.

 La sua voce mi era arrivata alle spalle mentre sorseggiavo il caffè ammirando, oltre la finestra della cucina, il paesaggio innevato di un Natale diverso. Mi sono trovata tremante per lo spavento. La sua voce roca, da uomo, ha sostituito da tempo il tono infantile. Non me ne sono accorta. Come è stato possibile?

- Antonio! Mi hi spaventata, al tuo vocione proprio non riesco a fare l'abitudine. Buon Natale! Ti preparo il caffè?

- Buon Natale anche a te, sì, grazie...

- Hai visto la neve?

- Bella!

- Ma, almeno guarda fuori, no?

Mio figlio non ama molto parlare, almeno con me. Ma questo solo adesso che è adulto, da piccolo mi era sempre attorno, cercava continuamente la mia presenza. Mamma, mamma, quante volte in un giorno sentivo quella parola così speciale pronunciata con voce fanciullesca. 

- Dopo guardo. Prima faccio colazione. Ultimamente sei strana.

Maledetta menopausa.

- Sì, hai ragione, saranno gli ormoni. No, sarà che sto invecchiando. Credo sia la versione più sincera e giusta.

Si versa del caffè, aggiunge un po' di latte e ci tuffa entro i suoi biscotti preferiti. 

- L'altra sera quando sei rientrata non mi sembravi affatto una vecchia.

Non posso non notare che sulla parola "vecchia" ha calcato il tono della voce che si era fatta ancora più dura.

- Ehm, Antonio, è stata una serata speciale, mi sembra di avertelo già spiegato. Non succederà più. Senti, cambiano discorso, oggi è Natale, fuori c'è anche la neve, vorrei passare una giornata tranquilla e possibilmente serena. Hai sentito Aurora? Non ha cambiato idea vero?

- Non credo abbia cambiato idea, ma non ti prometto nulla. La conosci com'è fatta...

Lo dice sbuffando.

Però se siete arrivati a questo la colpa è tua, non sua.

Tenni per me quel pensiero. Conoscevo abbastanza Aurora ma conoscevo molto bene mio figlio. Il mio piccolo, grande angelo.



Dedicata al mio angelo.

"Avevo voglia sai di coccolarti un po', di averti qui con me.

Hai fatto il bravo o no? Dimmi, mi hai pensato un po'? 

Tu mi sei mancato sai, mi vien da piangere stasera...

Che voce hai

 Se hai problemi dimmelo, se tu hai bisogno di me mollo tutto per te!

 Amore piccolo mio che voglia che ho di abbracciarti, tirarti i capelli e tenerti nel letto con me...

 Ti prego cucciolo mio no, tu non crescere mai

rimani per me il mio angelo.

 Figlio mio."

Estratto da IL MIO ANGELO 

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