Capitolo 1

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Le stelle, per quanto meravigliose, non possono in alcun modo

immischiarsi nelle faccende umane,

ma devono limitarsi a guardare in eterno.



Arrivai al college e la prima cosa che notai, o meglio la prima persona, era una donna, con uno dei vestiti ricami dorati sulle maniche e sul corsetto, il resto era di bianco latte, aveva una coroncina bianca che risaltava il colore dei suoi capelli neri come la pece, brillavano alla luce del sole ardente, aveva una collana che si intravedeva dal colletto del vestito e infine i suoi occhi castani tendenti a un dorato.

Poi mi trovo una figura maschile davanti a me che mi toglieva l'onore di osservare ancora quella ragazza.

«Ti puoi togliere stavo guardando.» sibilai.

«Oh scusa signorina mi sposto subito.» esclamò il ragazzo, alto di fronte a me.

«Sei ancora davanti a me.»

«Perché non mi toglierò.» ora mi arrabbio come è possibile che esistono degli individui così?

«Cosa significa che non ti sposti?»

«Se vuoi vedere quello splendore, ti sposterai tu.»

«E bene sia!.» gli do uno spintone per farlo spostare, ma quella ragazza, non c'era più.

E ora dove la cerco.

Faccio un giro per tutta Oxford, dimenticandomi di John e dei bagagli. Il giardino, i dormitori, la biblioteca, la mensa, ma niente non la trovo, solo in un posto non avevo ancora controllato, la sala musica, fuori dal college. Allora mi incamminai, si stava facendo buio e faceva freddo e io come un idiota non portai il cappotto. Ma fiera di me, che finalmente l'avevo trovata, era lì con tutta la sua eleganza che suonava, mi misi sull'uscio della porta e la osservai, le sue mani si muovevano lentamente su quei tasti enormi, il vestito era diverso, più corto di questo pomeriggio. Possedeva un'eleganza sovrumana, l'unica luce che c'era illuminava la sua figura, a occhio di bue. Sembrava di guardare uno spettacolo a teatro. Lei protagonista, solo lei e nessun altro. Nessuno che l'accompagnava. Poteva attirare l'attenzione di tutti anche solo suonando una sola nota. Perché si è fermata? Forse mi ha vista? E infatti.

«Ciao.» non riuscii a parlare, la salutai con una mano e lei continuò a parlarmi con sfrontatezza.

«Perché non entri, qui si sta caldi.» giusto, stavo quasi dimenticando del freddo. Ancora ammutolita entro e mi appoggio con i gomiti sul pianoforte, ero difronte a lei. Solo in quel momento parlai.

«Sei brava...» non riuscii a finire la frase che lei già mi aveva attirata a sé sulla sedia.

«Segui me.» deglutì e annuii.

Le sue mani sfioravano le mie, che a metterle a confronto, le mie erano troppo piccole per suonare uno strumento con quei tasti enormi, così, mi alzai senza pensarci due volte e presi il violino, accanto agli altri strumenti a corde in fondo alla sala. Dunque suonai, seguendo la sua melodia, i nostri sguardi non si incrociarono nemmeno per sbaglio. Continuammo a suonare. Cercavo di non pensare troppo al silenzio complice che c'era tra noi. E come se mi avesse sentito, si fermò e ricominciò a parlare.

«Da quanto tempo suoni il violino.» mi fermai e ci misi un po' prima di rispondere.

«Da quando avevo cinque anni, tu invece col piano forte?»

«Io dalla culla.» era una battuta? Dovevo ridere? Feci la figura della stupida, quando le ho ripetuto.

«Dalla culla?»

«Già, ho sempre suonato il piano sin da piccolissima.»

«Ah ma certo.» volevo sprofondare, non solo per l'imbarazzo, ma anche per quel suo sorriso così spontaneo che ha fatto sorridere anche a me, ora sì che ci siamo guardate negli occhi. Splendida come questo pomeriggio. Adocchiai una bella di notte, la presi e mi avvicinai lentamente a lei, per poi inchinarmi e gliela posi. Di nuovo quel sorriso che toglieva il fiato.

«Forse è meglio andare.» stava per uscire quando si girò «grazie per la bella di notte. Ci vediamo domani a lezione.»

«Sono Amara.» le urlai.

«Come? A giusto. Io sono Dalila.»

Credo che solo io e le stelle avessero visto tanta bellezza dileguarsi con eleganza.

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