Capitolo 36

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Seconda stella a destra e poi dritto fino alla luna e il ritorno.

«Che ci fai qui.» risposi con un tono freddo mentre continuavo a suonare. Dopo una lunga battaglia con molti feriti decisi di tornare a Londra per un periodo, il tempo che i miei soldati si riprendessero. Li ospitai a casa mia e non potete immaginare i volti di Vivienne e di Elle quando hanno visto più di cinquanta soldati mal ridotti.
«Possiamo parlare?» feci segno con la testa e si sedette difronte a me. L'unica cosa che ci separava era lo spartito e il violino che avevo in mano.
«Perché non mi ha detto di quella cicatrice?»
Dopo l'ultima missione, dei soldati mi colpirono giusto un po' sotto ai fianchi e mi costò una bella cicatrice che per quanto potessi, volevo nasconderla a Dalila. Non mi piaceva e stavo facendo di tutto per eliminarla del tutto. Ma questo non era possibile e Dalila ha scoperto questa orribile ferita da Axel che non riesce mai a farsi gli affari suoi. Era con me in battaglia e quando mi vide a terra, la prima cosa che fece era proteggermi col suo corpo e ora è bloccato in ospedale per almeno due settimane a causa di un proiettile conficcato nella schiena se lui non mi avesse protetta a quest'ora ero più che morta. Fu Dalila a portarmi alla base, senza protezioni o un'arma.
«Perché non sei riuscita a rimanere al quartier generale, come ti avevo detto.» - «Un semplice ordine per proteggerti e tu che fai, lo infrangi. Poi ti aspetti che ti perdonassi così.» 
«No però...»
«Niente però, sapevi perfettamente i rischi e ora Axel è bloccato per due settimane a causa mia e io ho questa cicatrice che diventa sempre più grande e dolorosa, ogni giorno di più.» - «E questo blocca me per almeno una settimana. E chi pensi che andrà in battaglia tu no, certo che no, ci andrà John.»
«Va bene, sei arrabbiata con me. Ma ti ho visto lì a terra, non sapevo che fare, mi sembrava giusto andarti incontro.»
«È stata una stronzata invece.» mi fermai a suonare, posai il violino e vidi per la prima volta gli occhi di Dalila.
«Ma io ti amo cazzo.» - «Ti amo Amara Wilson e se questo tu non riesci a capirlo per quello che ho fatto, allora vuol dire che non hai capito niente di me.» Aveva gli occhi lucidi e gonfi. E io compresi di essere stata troppo dura con lei.
«Cosa pensi che avrei dovuto fare mentre la donna che amo era lì a terra in mezzo a tanti proiettili. Dimmi che cazzo dovevo fare, se non perdere la mia Lord, il Peter Pan che ha scelto campanellino anziché Wendy.» si asciugò le lacrime e si avvicinò ancora di più a me.  «Attraverserei tutti i proiettili se fosse necessario per salvarti. Quindi sta zitta e riconosci ciò che ha fatto Axel invece di colpevolizzarti.  È il nostro compito proteggerci e lui l'ha fatto e tra due settimane sarà più forte di prima.» non riuscivo ad emettere un filo di voce. Come potevo arrabbiarmi con una donna così bella davanti a me.
«Sei ancora più bella da arrabbiata.»
«Ma almeno mi hai ascoltato.»
«Certo che ti ho ascoltato.»
«Si certo.» i nostri visi si avvicinavano sempre di più fino a stare ad un millimetro di distanza. Presi le sue mani e le misi incollate al muro e iniziai a baciarla, non fece resistenza, eravamo complici di uno stesso crimine e questo comportava sempre più la consapevolezza di volerci sempre di più. Senza staccarci chiuso la porta a chiave e coprii la finestra con le tende. Arrivammo al letto semi nude, una scia di vestiti ci precedeva, mancava poco, ad essere spoglie l'una davanti all'altra, niente segreti, niente bugie, niente di niente, semplicemente noi nella nostra intimità.
Ci staccammo per qualche secondo, mi fissò dalla testa ai piedi, osservò ogni mio lineamento, si mise a cavalcioni su di me, sciolse i capelli, lo mise su un lato per accentuare la sua figura, man mano disegnava i suoi di lineamenti senza togliermi gli occhi di dosso, io bloccata dalle sue gambe godevo quel momento tanto atteso.
Si tolse il corsetto e quelle mutandine che aveva, completamente spoglia su di me e io tanto ingenua e stupida da non riuscire a muovere le mie mani e attaccarle al suo collo. Lei continuò avvicinandosi sempre di più, mi spogliò con solo guardandomi ed è subito che anche io non avevo alcun indumento. Le sue mani sul mio collo, che mi facevano alzare ancora di più il viso, i suoi occhi bruciavano e fremevano su quello che voleva fare. Iniziò a baciarmi mentre il suo corpo si muoveva con cautela su di me, niente prima guance o fronte direttamente alle labbra. Da lì iniziai a ricambiare il suo gioco, finalmente anche le mie mani erano su di lei, le incorniciavano il corpo mentre faceva di tutto pur di farmi impazzire quel "vuoi ma non puoi" mi stava facendo letteralmente mandando fuori di testa, la volevo tutta per me è quel modo di fare così lento e quasi inesistente faceva aumentare quella mia fame insaziabile.
Con movimento poco chiaro, ora era lei sotto di me ed erano le mie di mani sul suo collo, cercò di più, voleva altro. Scesi pian piano sul tutto il corpo. Arrivai all'inguine sentii un piccolo lamento, le piaceva e dalla presa sulle coperte mi fece capire che potevo continuare. Era bagnata.
«My lord.» mi chiamò con la voce quasi strozzata. «Non ti fermare.» continuò.
Non mi fermai, andai ancora più giù le sue gambe lisce e morbide, stavano tremando e l'affanno era un altro segno che non mi dovevo fermare.
Iniziai a salire di nuovo, la mia mano si fermò e poco più sotto dal baricentro, appena entrai nella parte più intima di sé sentii un piccolo gridolino. «Non ti fermare proprio ora, My Lord.» ubbidii.
L'altra mano invece salii ancora arrivai al seno. «E ora cosa vorresti fare?»
«Che dici se ti tappo la bocca e continuo ciò che ho iniziato, My lady.» - «ti porto nella nostra Neverland, piccola lady.»
Salii ancora e iniziai a baciarla mentre l'altra mano aumentava il ritmo per ogni volta che lei si muoveva.
«Questa mano mi sta molto meglio sul collo, My lord.» spostò la mano dal seno al collo.
«Ora tocca me, My lord.»
Si rimise su di me e andò al dunque, non usò le mani o le dita.
La sua lingua non si è mai mossa così veloce, le sue mani erano conficcate sulla mia pelle, il piacere che mi stava dando era quello che volevo da qua quando l'avevo conosciuta. La situazione si era ribaltata ora ero io a chiamala, ero io che con voce soffocata dicevo: «Little Bell.»
«Sh.» mi zittì. La sua bocca salì nuovamente, arrivò alla mia cicatrice, la bacio lentamente così da non sentire dolore. Poi continuò brutalmente a mordermi e a leccarmi su tutto il corpo.
Fino a quando non bussarono alla porta.
«Maggiore c'è bisogno di un consulto.» fu così che finì il divertimento.

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