Capitolo 38

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"Dimmelo" replicò l'Usignolo, "non ho paura!" "Se vuoi una rosa rossa" proseguì il Cespuglio, "devi costruirtela con il tuo canto alla luce della Luna, e colorarla col sangue del tuo cuore.

Siamo nel 1917 ed è la prima missione di Dalila, non ci posso credere che faccio andare la donna che amo nel campo nemico, ma è l'unica tra tutti noi che può prendere ciò che ci hanno rubato. Eccola che corre sana e salva. Iniziai a rilassarmi e ad abbassare la guardia, poi si sentirono dli spari.
«Dalila corri, corri.» iniziai ad urlare mentre le andavo incontro con uno dei fucili, sparando al nemico.
«Vai dentro, qui ci penso io, dopo questo tratto non possono passare.» così fecero. Rientrai, vidi il viso di Dalila sbiancarsi, sapevo che non dovevo mandare lei, mi avvicinai con un po' d'acqua, aveva il fiatone e non riusciva a parlare. Mi siedo affianco a lei e la osservo, bella come sempre, le mani si sfregavano l'una all'altra, le gambe tremavano e gli occhi guardavano il vuoto. Le presi quel suo viso ancora spaventato, gli occhi si incrociarono, ecco la scintilla, avvolsi le mani accarezzando a sua delicata pelle e levandole quel poco di sangue che le scendeva sulla guancia. Presi un pezzo di stoffa bagnato e glielo misi sul viso pulendo attentamente le piccole ferite. Chiudeva gli occhi e mi stringeva la mano per il dolore, e io facevo lo stesso con la mano libera.
«Sei al sicuro. Ora sei qui, con me, finché ci sarò io, nessuno può farti del male. Non avrei dovuto mandarti, non succederà più.»
«Sto bene ora, respira.» mi accarezza le mani ancora sul suo viso, mi guarda e mima un "ti amo". Poi la sua voce cambiò, era seria.
«Amara.»
«Dimmi.»
«Sanguini, Amara tu sanguini. La cicatrice si è aperta.» - «Portate delle garze muovetevi.» nel frattempo mi portarono in un'altra tenda per medicarmi. C'eravamo io e lei e nessun altro.
«My lord, ferma, non riesco se ti muovi.»
«Fa male.»
«Forse se ti stessi ferma, farebbe meno male.»
«No non ci riesco, ferma.»
«Vuoi morire dissanguata? Zitta e fammi lavorare.» mi zittii mentre lei continuava. La osservavo, quegli occhi così pieni di paura, le mani le tremavano, ma era decisa. Fece di tutto per richiudermi la cicatrice, ma qualcosa andò storto.
«John porta un ago e filo.»
«Che devi fare?»
«Secondo te?»
«No, Dalila, per favore no.»
«Devo per forza se vuoi restare ancora in vita.»
«Ho detto no, c'è un altro modo?»
«No.» - «Sta ferma, lo farò John.»
«Perché lui?»
«Perché non vuoi che sia io sorellina?» iniziai a muovermi. Ago e filo sulla mia pelle, senza neanche un'anestesia, non volevo. Preferito morire insanguinata.
«Amy, ferma.»
«Ho detto di no, non mi infilate un ago sulla mia pelle.»
«Fai meno la bambina e sta ferma.» mi rispose mio fratello. Continuavo a muovermi, fino a quando Dalila non mi bloccò le gambe con le mani e mi fece star zitta baciandomi.
«Potevi fare questo prima.» era sempre mio fratello.
«Scusa.» rispose Dalila, appena John aveva finito di cucirmi. John ritorna nell'altra tenda e ci ritrovammo nuovamente sole.
«My lord.» annuii, mi chiamò con quel filo di voce che aveva in gola.
«Dimmi.» risposi a tono. Non disse niente, mi guardò e fece quello sguardo. Allora capii. Bastò uno sguardo per farmi capire quanto mi amasse. Ricambiai con lo stesso sguardo, giocando con qualche ciocca di capelli e mi avvicinai fino ad annullare ogni tipo di distanza e la baciai. Sentivo ancora quel brivido che le scivolava già prima, mi staccai per un istante, la guardai e percepii quella sensazione. La sensazione di stare con lei per sempre. Quei i piccoli particolari che facevano la differenza, potevano rendere tutto più belo in un mondo che nel frattempo combatteva.

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