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"Ma si può sapere perché continui a chiedermi come sto?"
Siamo in macchina. Stiamo raggiungendo il locale della festa. È il solito posto dove avrò suonato 100 volte quando ero liceale. Siamo rimasti affezionati a quel locale e continuiamo ad andarci ogni volta che possiamo. Ci festeggiamo compleanni e avvenimenti vari.
Li vedo agitati in macchina, in realtà è da stamattina che sono un po' strani e non capisco dove sia il problema. In fondo non c'è niente di particolare. O meglio sì e me ne accorgo quando siamo quasi arrivati al locale e stiamo per parcheggiare.
"Ma Chiara? Dove sta? Perché non siamo passati a prenderla?"
Li vedo attraverso lo specchietto scambiarsi un'occhiata e capisco che mi stanno nascondendo qualcosa e probabilmente la cosa va avanti da questa mattina. Passano pochi secondi e io comincio a pensare a cosa possa metterli in difficoltà ma davvero non mi viene in mente nulla.
"Tu sei sicuro di star bene?" Mi dice Luca con voce incerta che rende più evidente il suo accento napoletano.
A questo punto mi sto innervosendo. Quindi spengo la macchina approfittando del fatto di stare in una strada di periferia larga e poco trafficata e mi volto verso di loro. Sono un po' stizzito ma anche un po' divertito. Sembra quasi surreale.
"Mi volete dire che cosa vi prende? Siete diventati scemi tutto insieme!"
"Ecco... la verità è che Chiara viene in taxi con... con..." balbetta Deddy.
"Con chi? Deddy?" Chiedo continuando a non capire dove volesse arrivare.
"Con Giulia, Sangio. Chiara viene con Giulia!" Rimango paralizzato dieci secondi. Non so se mi ricordo di respirare. Non so se mi ricordo come si fa. Non so se è più il desiderio di vederla o l'ansia di doverla vedere. Non so se voglio accelerare per arrivare più veloce o fare dietro front e tornare a casa. Non so se voglio sapere cosa ci fa qui. Se è solo di passaggio e se è tornata per restare.
L'unica cosa che riesco a dire
"Come quando avevamo 18 anni la tua ragazza ti ha piantato per l'amica spagnola!"
Riaccendo la macchina e ricomincio a guidare arrivando fino al parcheggio. Li sento ridere più rilassati mentre nella mia mente intanto si delinea l'ultima volta in cui l'ho vista.

È passato un mese da quando ci siamo lasciati. Un mese che sto uno schifo. Un mese che non riesco a scrivere. Un mese che in sala registrazione va male. Non riesco a provare. Ogni canzone mi fa pensare a lei perché l'ho scritta per lei. Un mese che disperato la sera esco. Bevo troppo. Qualcuno mi viene a recuperare prima che qualche giornalista possa accorgersene. La maggior parte delle volte sono Luca e Gaia. In questo mese ho allontanato un po' Deddy. Non voglio che Chiara sappia come sto. Non voglio che arrivi a Giulia tutto questo. Quando le ho detto che non potevamo continuare così, l'ho fatto per lasciarla libera. Libera di vivere la sua esperienza fuori, libera di non sentirsi ingabbiata da un ingombrante fidanzato che forse è geloso, oppressivo e Dio solo sa che altro. Luca mi apre la porta di casa.
"Ma se stai così perché vi siete lasciati? Sei la persona più cervellotica che io conosca al mondo." Mi dice Luca mente mi accompagna in camera da letto.
"Perché ogni telefonata era una lite, o un dubbio. Ecco perché! E io sono un coglione perché lo sapevo e l'ho sempre saputo. Dalla prima volta che l'ho vista. Ho sempre saputo che mi sarei schiantato con tutta la forza che avevo e mi sarei spaccato le ossa!"
"Ma che stai dicendo??? Stai pazziando? Mettiti nel letto e ci vediamo domani."
Così dicendo esce di casa. Io prendo il telefono e come a voler soffrire entro sul suo profilo.
Vedo un post. Lei balla una musica a me sconosciuta. Si muove agile e sensuale come solo lei sa essere. Vedo il suo viso e i suoi occhi accesi, tristi ma accesi.
Leggo le parole recitate nel testo...
Sono di una canzone che ascoltavamo spesso insieme.

in bilico
tra Santi che
non pagano
e tanto il tempo passa e passerai
come sai tu
in bilico e intanto
il tempo passa
e tu non passi mai...

Apro Google e compro il primo biglietto utile per l'Australia. Prendo uno zaino e ci metto un paio di cambi. Poi chiamo un taxi e arrivo in aeroporto. 24 ore dopo sono a Melbourne. Davanti alla sede della compagnia. Dall'altra parte della strada. Fa caldissimo qui. Ho un cappellino per ripararmi dal sole. Un fiore in mano che non può bastare a dirle cosa sento. Aspetto che esca. Lo so che a breve comparirà. È quasi pausa pranzo.
Dopo circa mezz'ora cominciano ad uscire uno sciame di persone. Più o meno della nostra età. Poi la vedo. Bella come sempre. Sorride con una ragazza poco più bassa di lei ma forse qualche anno più grande. Da dietro vedo farsi largo un ragazzo. Vedo che la cinge da dietro e la solleva. Lei comincia a ridere. La sua risata. La sua risata che non è più mia. Gli grida di farla scendere mentre continua a ridere. Una lacrima scende sul mio viso mentre mi rendo conto che lei non è davvero più la mia lei. Poi una seconda fa compagnia alla prima. E così continuo fino a vedere sfocato le immagini di fronte ai miei occhi ma nitida la realtà dei fatti e cioè che in questo mese, mentre io restavo aggrappato a un noi che evidentemente non esiste più, lei è andata avanti. Chissà magari non aspettava altro che essere lasciata libera di andare avanti. Posso aver travisato tutto? No, non posso mi dico. Vorrei andare da lei a dirle qualcosa. Anche solo per sentirlo dalla sua bocca che è finita per davvero. Ma sono come paralizzato. 
Mi calo il cappello sugli occhi.
Lascio cadere quel fiore per terra.
Mi giro e vado via.
Cammino a lungo fino a sentirmi abbastanza lontano da quella palestra. Chiedo ad un passante dove trovare una stazione per i taxi. Cammino ancora a lungo per raggiungerla, confortato da un ambiente estraneo in cui sentirmi libero di piangere. Arrivo in aeroporto e prendo il primo aereo per tornare a casa. Durante il viaggio scrivo tutto il tempo. Ho riempito un moleskine intero. L'ho comprato in un negozio in aeroporto. Non volevo usare le note del telefono. Volevo liberarmi davvero e vedere uscire quelle emozioni, vederle riempire le pagine. Non l' ho mai detto agli altri cosa ho fatto quei due giorni. Solo con la Franci ne ho parlato. Lei è quella persona che quando incontri e ci parli la prima volta scopri che è davvero uguale a te. Ha vissuto le tue stesse cose, ha reagito come te. Scrivendo. E mi rendo conto che la maggior parte delle volte mi sento più sicuro a confidarmi con lei che con il resto del mondo. Con il suo aiuto ho smesso di piangermi addosso. Sì, mi ha detto che giacché ero arrivato fin lì potevo pure dirle due parole ma non ha insistito. Lei è così. Ha capito che avevo bisogno di andare avanti in quel momento. E mi ha aiutato a farlo. Sono andato avanti. Avanti con la vita. Avanti con la musica. Rassicurato dal tempo che passando avrebbe dovuto cucire le ferite...

Entrando nel locale sappiamo già dove andare. Abbiamo ormai il nostro posto fisso: è una zona laterale e un po' riservato, un'area dove poter comunque parlare nonostante la musica dei gruppi  o del dj. Quando raggiungiamo i divanetti troviamo Tancredi che chiacchiera animatamente con Tommaso. Mentre stravaccato c'è un Alessandro disperato che chiede aiuto per essere salvato da quella conversazione. Nel tempo ci siamo legati davvero tanto. È davvero un bravo ragazzo.  Dal bancone arriva Evandro, che porta con sè una bottiglia, seguito da Martina che gli balla intorno probabilmente per distrarlo e farlo inciampare. Che scema che è! Si diverte a metterlo in difficoltà... che ci sia qualcosa sotto?
"Auguri Tanc!"
"Auguri Zio!"
"Buon compleanno Bro'!"
Gli diciamo mentre lo abbracciamo con affetto.
"Cazzo hai fatto alla testa?"
Mi dice Tancredi.
"Ecco perché non sono uscite vostre foto a Milano ieri, non t'hanno riconosciuto!"
Dice Alessandro alzandosi per scompigliarmi un po' i capelli.
"Tu ridi, ma abbiamo avuto una serata tranquilla per fortuna, e forse anche oggi riusciamo!"
Dice Deddy.
"No, Zio oggi impossibile! Lo sanno che Sangiovanni viene sempre qua! Tempo 10 minuti e lo riconoscono!" Evandro è il solito realista.
"Certo che tu smonti sempre i film e le speranze di ognuno di noi. Ma cosa ti portiamo a fare in giro??? Ancora... dopo tutto questo tempo!!!"
Mentre sto parlando, vedo gli altri guardare oltre le mie spalle. Non ci vuole molto ad immaginare chi si sta avvicinando dietro di me.
Comincio a sudare di brutto. Per fortuna che con la maglietta nera che indosso non si vede granché. Tutti guardano oltre le mie spalle. So che devo girarmi. Devo trovare il coraggio di girarmi. Inspiro profondamente e mi volto piano. Ma non faccio in tempo a voltarmi completamente che per
fortuna vengo assalito da Chiara che mi abbraccia forte!
"No Vabbeh non ci credo che l'hai fatto davvero! Sei un pazzo!!!" Intanto mi scombina i capelli con una mano e mi tira il naso con l'altra. Non posso fare a meno di chiudere gli occhi e fare una smorfia mentre rido.
"Ma lo sai che forse sei più bello così!! Ti si vedono meglio gli occhi!"
In tutti questi anni ci siamo legati veramente tanto. E non so se lo ha fatto per Giulia o se lo ha fatto per me  o per entrambi. In realtà non sono mai riuscito a confidarle nessuno stato d'animo ma la sua presenza silenziosa è stata una carezza costante al mio animo sofferente. E devo dire che oggi ne è stata la dimostrazione visto che ha decisamente alleggerito la situazione. Quando si stacca dalle mie braccia per lanciarsi da Deddy  vedo Giulia circondata da un capannone di gente che vuole sapere di lei e che vuole salutarla.
Ancora non sono riuscito a guardarla. È di spalle, ha i capelli ondulati, un top porpora che le arriva all'incirca ai fianchi, scollatissimo. Riconosco quella schiena nuda, quei nei che le avrò accarezzato e baciato mille volte. Ricordo quel sapore e quell'odore. Come un pugno nello stomaco mi entra dentro e mi fa contorcere. Ha dei pantaloni skinny, un tacco alto, in tinta con l'outfit. È sicura nei movimenti. Come se ormai camminare su quei così alti fosse all'ordine del giorno per lei, e magari lo è, ma io non lo so.
Quando ha finito di salutare si volta verso di me e io mi ritrovo di nuovo a non ricordare più come respirare, quando farlo, perché farlo. So solo che le mie gambe si muovono e non sono io a comandarle. È l'istinto che mi guida. È l'istinto che mi porta da lei.

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