𝟏𝟗~ 𝐏𝐞𝐨𝐩𝐥𝐞 𝐥𝐢𝐞

31 3 0
                                    

Dopo una notte passata a girarmi e rigirarmi fra delle calde e poco confortanti coperte, mi accorsi che ormai sarebbe stato impossibile addormentarmi.
Sapevo per certo che non era per colpa dell'emozione, ma del nervosismo.
Così ci rinunciai e mi alzai assonnata, percorrendo la vecchia stanza di mia sorella e chiudendomi in bagno, sperando che una doccia calda possa rilassarmi e farmi sentire più calma, per quanto possa essere possibile.
Ci passai più di mezz'ora, consumai gran parte dell'acqua calda, cercando di allentare la pressione, almeno di poco.
Tuttavia sapevo con certezza, in quanto è l'unico modo per distendere i nervi era dedicarmi ad un'altra attività, molto piacevole e che riesce quasi sempre ad appagarmi almeno un minimo.
Quando ero agli inizi, questi pensieri mi imbarazzavano parecchio, mi facevano sembrare sbagliata.
Le ragazze che conosco e di cui ho letto, erano delle sante, magari fingevano ma non avevano sempre pensieri del genere.
Quando ne parlai con le ragazze del mio liceo mi giudicavano o mi guardavano male, come se fossi una puttana, che deve stare lontana dai loro fidanzati o cotte.
Nessuna mi ha mai capito veramente, si soffermavano solo a giudicarmi senza conoscermi.
Però io non mi sono mai reputata una poco di buono, ho sempre avuto dei principi morali, per quanto gli altri ne dubitano.
L'unica persona al mondo, con cui potevo parlarne e confrontarmi senza pregiudizi sta in Inghilterra e sicuramente non mi vorrà rivolgere parola.
Una parte di me vorrebbe mettere da parte l'orgoglio, chiamandola e nel caso avesse sentito tutto scusarmi.
Però l'orgoglio prevale e rimango nella sua chat, senza toccare il tasto di chiamata, sperando di veder comparire il suo nome sullo schermo o quello degli altri miei amici, tuttavia sembra che nessuno si ricordi di me. 

Mal volentieri esco dalla camera, percorrendo la scalinata e accorgendomi che a quanto pare nonostante l'orario non sono sola.
Mia madre all'inizio della cucina è impegnata in una discussione al telefono.
Trovarla in quella stanza è strano dato che è incapace di cucinare e l'unica volta che ha tentato di cucinarci le uova a colazione le ha carbonizzate, non oso immaginare cosa avrebbe combinato se avesse provato a cucinare qualcosa di più complesso come la carne, proprio per ciò mi stupisco che sia riuscita a sfamarci per tutta la nostra infanzia senza ucciderci, merito forse del cibo confezionato e dei ristoranti.
Con tutta la calma e tutta la delicatezza possibile, mi avvicino a lei, provando a seguire la discussione animata.
Non sento l'interlocutore dell'altra parte, ma dal modo in cui mia madre si rivolge, riesco a capire che è un uomo.
Però usa un tono così basso e delle risposte così brevi, che riesco solo ad assimilare poche ed inutili risposte come: "Finite le feste. Mio marito. Ne sono felice anche io. Ci vediamo presto" poi finalmente disse un nome, probabilmente il suo ma non mi disse nulla.
"Federico" Chi era? il nome non mi disse niente, magari era un suo collega.
Le mie riflessioni si fermarono di colpo appena sentii dei passi venire verso di me.
Così prima che potesse beccarmi, la precedetti e avanzai con calma in avanti, facendo finta di essere intontita e ancora assonnata.
Si fermò davanti a me, al quanto sorpresa di vedermi già in piedi, successivamente si riprese.

«Saranno le sei di mattina. Come mai già sveglia? non riesci a dormire?» mi chiese fingendosi interessata, deviando l'argomento, continuando a guardare di sottecchi il telefono, mantenendo la sua attenzione su di me.

«Non è questo il punto. Potresti rispondermi sinceramente? chi ti chiama così presto a quest'ora?!» le domando decisa a scoprire cosa nasconde, con così tanta preoccupazione.

«Niente di interessante, era tuo padre e mi ha semplicemente informato che sarà qui fra poco. Più che altro vorrei sapere che cosa ci fai tu qui? Da quanto mi ricordo non sei mai stata una persona mattutina»
Da quando mio padre si chiama Federico?
Mi accusa inutilmente incrociando le braccia al petto e appoggiando la schiena alla rampa di scale di fianco a me.

«Le persone cambiano e dopo questi anni non ti dovrebbe stupire. Ho perso la brutta abitudine da tempo e non solo quella. Però mi sembra che tu non hai mai smesso di dirmi bugie»  la provoco, mantenendo una voce distaccata, ottenendo la reazione che speravo di raggiungere.
istintivamente nascose il telefono nel lungo cardigan di lana, non mi lasciai sfuggire quel movimento, ne il fatto che nello stesso istante gli arrivò un messaggio, palesemente non di mio padre.

𝐓𝐨𝐱𝐢𝐜 𝐋𝐨𝐯𝐞 𝐎𝐫 𝐍𝐨𝐭 [𝐇.𝐒.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora