𝟐𝟑~ 𝐒𝐡𝐞'𝐬 𝐃𝐞𝐚𝐝

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Davanti alla porta si trovavano Joseph e Cole, entrambi con una faccia sconvolta probabilmente per le mie condizioni.
Mi sentii immediatamente giudicata e a disagio, cosa che notarono dato che abbassarono lo sguardo consapevoli.
Joseph fu il primo ad entrare e io rimasi ancora sulla porta sorpresa della loro "visita", se in negativo o in positivo dovevo ancora capirlo. Da una parte volevo essere lasciata sola a leccarmi le ferite, ma dall'altra parte ero sollevata che qualcuno si preoccupasse per me tanto da venire fin qui.
Quando entrò Cole guardai per un paio di secondi il punto in cui erano prima e desiderai che da lì a poco arrivasse anche Aurora, ma evidentemente era una speranza vana, lei era ancora arrabbiata con me e di certo la mia sparizione non l'avrebbe addolcita.
Chiusi rassegnata la porta aspettando che parlassero, ma rimasero lì a fissarmi come se fossi un fantasma e non seppi dargli torto, però ad un certo punto Cole prese la parola.

«Emma penso sia chiaro che è successo qualcosa, ti conosco bene e so ancora meglio che tu sai nascondere perfettamente le tue emozioni, quindi non voglio obbligarti a parlarcene perché so che non lo farai e ti farebbe stare solo peggio»
lo interruppi con un risolino disperato.

«Allora perché siete qui? per torturarmi? per fare compagnia alla povera ragazza ferita? per convincermi con le tue smielate parole di tornare al college? dimmi. Ti faccio veramente così tanta pena? o è solo il tuo malato bisogno di voler sempre aiutare gli altri?» Mentre parlavo sembrava farsi sempre più piccolo, però in quel momento non avevo molta pietà e non me ne fregava niente se lo avrei ferito o no.  Joseph andò subito in suo soccorso mettendogli una mano sulla spalla rassicurandolo.

«Non vogliamo farti stare peggio, vogliamo stare con te, farti stare meglio. Qualsiasi cosa tu stia passando ora la supererai te lo assicuro e noi siamo qui per questo» Incrociai le braccia e mi appoggiai alla porta con sguardo scettico e freddo. Non gli dissi nulla però, non c'era bisogno di parole i miei occhi comunicavano da soli e anche i suoi, vedevo compassione tristezza e confusione, quest'ultima prevaleva per entrambi in effetti.
«Non siamo qui per farti da psicologi, non ne abbiamo le competenze ed è l'ultima cosa che vorresti fare, quindi siamo qui solo per farti compagnia. Se resti ancora qui da sola impazzirai, non vorrai più vedere nessuno e probabilmente lo stai già facendo. Non voglio che arrivi a non provare più nulla per nessuno, manco per me, per lui, per Andrew, per Aurora...»
pronunciò l'ultimo nome e come era ovvio che succedesse vide un cambiamento nei miei occhi, forse ne fu anche soddisfatto.
Non gli diedi troppo tempo per pensare alla sua piccola vittoria visto che cambiai subito argomento.

«Come avete fatto a trovarmi? non vi ho inviato la posizione e non penso di avere un microchip addosso, quindi sarei proprio curiosa di sapere come mi avete trovata»

«Ci abbiamo messo tre o quattro ore, minuto più minuto meno.  Poi abbiamo fatto i biglietti e ci siamo infilati sul primo volo disponibile, se avessi avuto il telefono acceso ci avremmo messo di meno a trovare la tua camera, si siamo studiati la foto che ci hai mandato e abbiamo capito che non potevi essere ai piani terra, quindi abbiamo bussato quasi a tutte le stanze di questo piano, a proposito hai un vicino veramente figo» scherza tentando di ammortizzare la tensione o di incitarmi dell'interesse, tuttavia il solo pensiero di flirtare e di andare a letto con un altro uomo mi da la nausea e non mi interessa più come prima.
Vedendo il mio poco interesse decide di cambiare approccio, ma non ci faccio caso e sposto la mia attenzione su Cole che sembra immerso nei sui pensieri e tiene lo sguardo fisso su di me, come se avesse capito chissà cosa.
Ignoro il discorso di Joseph e faccio una domanda improvvisa, stando attenta alle loro reazioni.

«Aurora vi ha detto quello che è successo?» chiedo vaga, sapendo bene che lei gliene avrà parlato e infatti le mie teorie si fecero giuste visto che entrambi si guardarono come per decidere cosa dire o come dirlo.
In quel momento dopo giorni, iniziai a sentire qualcosa e non era positivo.
Non avevo più forze per stare in piedi, allora mi sdraiai sul letto, con le mani dietro la testa guardando il soffitto senza far trasparire alcuna emozione.

«Ti devo dire la verità, è stata lei a suggerirci divenire qua e a spingerci a chiamarti, anche se non l'ha fatto lei stessa ed è ancora molto offesa, lei ti vuole bene e si preoccupa ancora per te»tenta ancora di riassicurarmi Cole, sta volta con voce più tremolante e fu allora che mi girai e vidi nei suoi occhi la paura di perdermi, come amica e confidente. Lo guardai anche io con lo stesso sguardo perché mi faceva pena e non volevo che si sentisse così per una come me.
In effetti però mi sentii meglio, almeno una piccola parte di lei mi voleva bene e quando sarei tornata avremmo fatto pace e magari tutto sarebbe tornato come prima.
Volevo aggrapparmi a quella speranza con tutta me stessa, ma la realtà dei fatti è che ormai ero cambiata e se esisteva una cura per portarmi ad essere come prima, sarebbe stata una guarigione lenta e per di più avrei dovuto parlarne, ma non volevo, non così.
Mi risvegliai dai miei pensieri quando Joseph mi prese la mano con delicatezza e io ignorai l'istinto di ritrarmi e rabbrividire.

«In realtà Aurora ti ha scritto qualche giorno fa, magari perché sapeva che non lo avresti mai letto ma l'ha fatto, se vuoi chiarire con lei o la ragione per cui stai così comprende anche lei potrei o potresti da sola provare a chiamarla, che ne dici?»
in risposta alla sua domanda mi misi seduta e mi guardai attorno cercando il mio telefono per la stanza perfettamente ordinata e lo trovai sulla scrivania. Lo accesi immediatamente e sta volta con un po' più di calma guardai gli altri messaggi dei miei compagni di corso, di mia sorella, di mio padre e quello che mi diede maggiore curiosità fu anche uno di Harry. Il mio buonsenso mi stava dicendo di non aprirlo per niente al mondo e così feci, ma fra i quattordici messaggi che mi aveva scritto vidi l'ultimo "se è successo qualcosa chiamami subito" si era preoccupato per me? sorrisi dentro di me al pensiero, seppure non avevamo quel legame così intimo, era giustamente un comportamento umano preoccuparsi e presa dai sensi di colpa gli risposi brevemente "non preoccuparti, sono viva" più o meno.
Scrollai gli altri messaggi arrivando a quello che mi interessava, era un semplice "Oi" ma per me era tanto e anche per lei. Per la prima volta cercai di essere delicata e gli scrissi "Oi vuoi fare una chiamata?" come un tempo, volevo aggiungere.
Joseph e Cole erano al mio fianco e stavano guardando tutto, mi stavano dando il loro sostegno e gli ero grata anche se la loro vicinanza mi faceva male.
Se mi fossi ritratta, avrebbero capito che c'era qualcosa che non andava, così non lo feci manco quando Joseph mi mise una mano sulla spalla.
Dentro di me continuavo a ripetermi che mi volevano bene e che non mi avrebbero fatto mai nulla di male, non mi avrebbero mai toccata e non mi avrebbero fatto fare cose che non volevo fare, ero al sicuro con loro e lo sapevo, dovevo solo convincere quella vocina nella mia testa che continuava a sussurrare maniacalmente "non ti fidare".

Passammo dei minuti in silenzio, io non volevo parlare di nulla e loro non volevano assillarmi, quindi rimanemmo così sul letto sdraiati a non fare assolutamente nulla, mentre io stavo morendo per le paranoie.
D'un tratto però il display del mio telefono si accese mostrando una notifica da parte di Aurora "se vuoi parlare muoviti a tornare a casa e non fare storie, che ci stai facendo impazzire tutti" sorrisi a quel sorriso, magari non mi odiava così tanto dopotutto, mi continuava a parlare come un tempo e lo apprezzai. Dovevamo parlare e lo sapevo, però ora almeno sapevo che sarebbe rimasta mia amica per molto altro tempo.

«Emma scusa l'indiscrezione, ma posso chiederti perchè ti sei rinchiusa in questo hotel? e hai staccato i ponti con il mondo?» interruppe il silenzio Joseph, pentendosi probabilmente dalla mia occhiata di aver fatto male a parlare. Sentii dentro di me la sensazione di vuoto crescere e i ricordi ritornare a circolarmi in testa come una tortura interminabile, quella da cui volevo scappare da giorni.
Decisi di rispondergli, in maniera più possibile calma e sincera soprattutto.

«Ho dovuto scontrarmi con un fantasma del mio passato e ho perso io» dissi distaccata, torturandomi le mani e facendo ripiombare il vuoto nella stanza.

«Non ti chiederò se stai bene perché è ovvio che non ci stai e non voglio fare il poeta ma voglio dirti una frase che mi ha sempre aiutato nei momenti più difficili e spero lo faccia anche con te.
"Niente come un po' di dolore ti ricorda che sei viva Emma"»

𝐓𝐨𝐱𝐢𝐜 𝐋𝐨𝐯𝐞 𝐎𝐫 𝐍𝐨𝐭 [𝐇.𝐒.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora