𝟐𝟎~ 𝐈 𝐀𝐦 𝐌𝐨𝐫𝐞 𝐓𝐡𝐚𝐧 𝐉𝐮𝐬𝐭 𝐀 𝐏𝐫𝐞𝐭𝐭𝐲 𝐅𝐚𝐜𝐞

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Mio padre non aggiunse altro sull'argomento. Aveva già detto fin troppo e lo sapeva bene.
Io non commentai ulteriormente, ero troppo persa tra i miei pensieri per portare avanti la conversazione.
Entrammo nell'ospedale e mi ricordai immediatamente l'ultima volta che sono stata qui, con Diego.
Non ci entrai più, avevamo litigato pesantemente e successivamente ho costantemente trovato milioni di scuse per non venirci.
Non ebbi il coraggio di chiedere se dopo la specializzazione Diego, fosse rimasto o se fosse andato via, sperai vivamente la seconda.
Non sono per niente pronta a rivederlo.
Percorremmo tutto il primo piano, dove c'erano delle infermiere che ancora si ricordavano di me, nonostante fossi cambiata completamente.
Adesso ho un'atteggiamento più sicuro e i miei vestiti sono meno adolescenziali, più formali.
Tali cambiamenti però non mi permettono e non mi premetteranno di essere invisibile agli occhi degli altri, soprattutto a quelli di Diego.
Dopo aver aiutato papà nell'ufficio mi liquidai subito dicendo che non mi sentivo benissimo e volevo tornare a casa.
Non fu una mossa chissà quanto brillante, siccome ci trovavamo in un ospedale e sapendo quanto si preoccupasse per me, è stata la cosa peggiore che potessi mai dire.
E' questo il problema di usare sempre la stessa scusa, a volte la si dice senza pensarci come in questo caso.
Mi diedi immediatamente della stupida, rassegnandomi a passare più tempo del solito qui dentro, contro la mia volontà.
Accettai di rimanere senza controbattere, conoscendo mio padre mi avrebbe legata pur di farmi uscire.
Mi accompagnò in una stanza poco più distante dal suo ufficio, nella stanza delle visite e mi lasciò lì da sola, ad aspettare che arrivasse qualcuno che mi visitasse, manco fossi una bambina con una malattia rara e terminale.
Nel mentre che aspettavo qualcuno, ne approfittai per curiosare, nonostante sappia perfettamente ciò che si potrebbe trovare qui dentro.
Sbirciai in ogni cassetto per noia, cercando una distrazione qualsiasi, tuttavia non trovai niente di anche lontanamente interessante.
Controllai le cartelle nel cassetto della scrivania e ci trovai scritti vari nomi di dottori dell'ospedale, pensai che magari così potrei scoprire se effettivamente Diego lavora attualmente qua. Con timore presi in mano l'enorme cartella con i dati personali di alcuni dottori di diversi settori dell'ospedale.
Li osservai uno a uno, non facendo manco caso ai passi che si sentivano fuori e uno in particolare si fece più vicino. Mi accorsi troppo tardi della persona che stava aprendo piano la porta, ormai mi aveva colta nelle mani nel sacco, di conseguenza non sarebbe servito a nulla tentare di unire tutti i fogli e buttarli nel cassetto genialmente spalancato.
Una donna sulla quarantina con aria annoiata entrò e quando mi vide non sembrò turbata, anche perché tanto in quelle cartelle non c'era scritto chissà quale fatto interessante e piccante.
Abbozzò un sorriso di circostanza e chiuse la porta dietro di lei, procedendo disinteressata verso di me.

«Tu devi essere la figlia del capo del reparto a quanto pare. Mi hanno chiesto di farti una visita, non rendermi le cose difficili e perfavore fatti visitare velocemente ho del lavoro da fare» commentò sprezzante superandomi e prendendo dalla scrivania lo stetoscopio pigramente.

«Posso farle una domanda che non centra niente con la visita?» le chiesi cercando di rimanere educata, nonostante il suo tono burbero. Lei annuì prestando attenzione al suo telefono.

«Sa per caso se un certo Diego lavora qui? non so il cognome purtroppo, ma ha la carnagione scura, occhi verdi, un'atteggiamento spavaldo, sicuro di se...» avrei potuto continuare, ma i suoi occhi si illuminarono e capii immediatamente che sapeva perfettamente di chi stessi parlando, dopotutto sarà rimasto un uomo affascinante e sono sicura che si sarà portato a letto metà ospedale.
Non gli feci ulteriori domande per non destare sospetti e mi rassegnai a farmi visitare con un umore sotto i piedi e con la paura che possa sbucare dalla porta da un momento all'altro.

«Sartori? Come fa a sapere di lui? da quanto ho sentito non viene qui da anni signorina, l'ha per caso operata quando era piccola?» mi domandò appena finita la visita, con un lampo di curiosità.
Il quale mi fece capire, che non era solo curiosa ma anche gelosa, sicuramente starà pensando che ci voglia andare a letto, non ha la più pallida idea di quanto si sbaglia.

𝐓𝐨𝐱𝐢𝐜 𝐋𝐨𝐯𝐞 𝐎𝐫 𝐍𝐨𝐭 [𝐇.𝐒.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora