4. Consapevolezze

2 1 0
                                    


Fissò con attenzione la piantina proiettata davanti a sé e chiuse gli occhi, lasciandosi abbandonare ai sensi. L'unico rumore che giungeva alle sue orecchie era quello del robottino pulente che spazzava il pavimento, un suono ritmico e regolare. Man mano che si concentrava divenne sempre più ovattato, lasciando spazio solo alla percezione, che s'insinuava lungo il perimetro di quel pianeta, per quanto le fosse concesso.

Sentì i nulli più vicini, l'altro gruppo che avrebbe dovuto abbattere a breve, e si concentrò nel trovare altri più lontani, da inseguire una volta liberata quella zona. Le parve di trovarli, ma un capogiro la costrinse a interrompere il suo stato di trance. Aprì gli occhi e prese un grande respiro, appoggiandosi al tavolo. Aveva spostato la piantina, seguendo i suoi sensi, ma sapeva che avesse tracciato solo parte del percorso. Non se la sentiva di ritentare subito, quella debolezza improvvisa non era un buon segnale, non per un'azione così banale.

Dei passi si avvicinarono e in breve due caffè furono posati sul tavolo. Jez era uscito dalle cucine e si era seduto davanti a lei. Osservava quasi affascinato la piantina, come se non ne avesse mai vista una prima d'ora.

«Programma già la partenza?» le chiese.

«Non subito, vi è ancora lavoro qua. Grazie per il caffè, non serviva» rispose, chiudendo la proiezione.

Era ormai da tre giorni che si era stanziata là e, per quanto non lo desiderasse, aveva instaurato un dialogo con il proprietario, per quanto solo per fini lavorativi. Era anche l'unico che osasse darle confidenza senza temere di parlarle, trattandola quasi come una qualsiasi ragazza.

«È il minimo, con tutto quello che fa, senza volere ricompense.»

Sorrise e si sforzò di bere il caffè, sperando che l'aiutasse. Forse era giunto il momento di nutrirsi, per quello le era venuto un capogiro.

«Ammetto di essere davvero sorpreso. Credevo che quelle bestie fossero parecchio pericolose, mentre lei riesce a tenerle a debita distanza ogni volta.»

«Non sottovaluti il potere di un'astrale, dopotutto non siamo persone comuni» gli rispose.

«E pur sapendolo, ci avete messo un po' a venire quaggiù. Senza offesa, ma credo che un trattamento migliore sarebbe stata una cortesia, non un'unica sacerdotessa inviata con ritardo.»

Notò amarezza nelle sue parole, la stessa che aveva percepito in quelle del craille, la stessa che si annidava dentro di lei.

«Sinceramente? L'ordine non avrebbe mai mandato nessuno quaggiù.»

Jez la guardò perplesso, bevendo un sorso del suo caffè.

«Sono venuta di mia volontà, per questo sono sola. Ci sono certe decisioni che non sopporto nemmeno io» disse, sputando con soddisfazione quelle parole.

«Per questo niente divisa, basso profilo...» continuò il proprietario, accennando al resto con un gesto della mano.

Lei annuì, prima di bere altro caffè.

«Allora le saremo tutti eternamente grati. Ci vorrebbero più persone come lei in giro.»

«No», disse, poco dopo che Jez finì la frase, «Le persone come me non hanno un futuro.»

Il barista la osservò a lungo, senza parlare, creandosi un'immagine mentale di lei con quanto aveva finora scoperto. Lo vedeva nei suoi occhi scuri, aveva riconosciuto quello sguardo che spesso le era stato rivolto. Quando le aspettative su di una persona vengono deluse, si cerca sempre di capirne il motivo, per vedere se l'errore è proprio o della persona che ci si era prefissati di incontrare.

Ultimo Bagliore - Libro di MarāDove le storie prendono vita. Scoprilo ora