4. Breve sosta

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Era rimasta tutto il tempo appoggiata alla portiera, lasciando che l'aria le scompigliasse i capelli mentre fissava il deserto viola illuminato dal pallido sole di Vidia. Era ipnotico, come ogni volta, lasciava chiusi i suoi pensieri mentre il suo sguardo si spostava su mille granelli privi di vita. Aveva cercato di sonnecchiare, ma sembrava avere troppe energie, al contrario dell'altra astrale che aveva sentito spesso sbadigliare.

La sua momentanea compagna di viaggio aveva parlato poco, per sua fortuna, anche perché lei non gliele aveva dato possibilità. Aveva riposto sempre a monosillabi o non aveva risposto affatto, facendole intuire che non volesse un dialogo. Forse un po' le era dispiaciuto stroncarla in quel modo, ma non aveva altre alternative.

Si era lasciata cullare, in quel limbo di incoscienza, finché l'altra astrale non aveva girato ed era entrata nel parcheggio di un'area di sosta. Si era voltata per la prima volta verso di lei e l'aveva fissata, in attesa di risposte.

«Facciamo una sosta, nessuna delle due ha fatto colazione» le disse accennando un sorriso e spegnendo i motori della macchina.

Il mezzo planò leggermente, toccando con delicatezza il terreno.

«Ma non ci serve» obiettò lei.

Era uno spreco di tempo mangiare inutilmente, soprattutto per lei che doveva raggiungere il prima possibile la città.

«Vero, ma sono troppo legata al gusto. Penso che non potrei mai rinunciarci.»

Era strana, doveva ammetterlo. Aveva rifiutato di raggiungere le consorelle per restare bloccata con lei, era giunta su quel pianeta da sola per sconfiggere i nulli e ora cedeva ai peccati di gola perdendo tempo.

«Almeno scendi per sgranchirti. Saremo almeno da tre ore in questa cassa ambulante.»

Scosse semplicemente la testa e restò appoggiata al finestrino: poteva accettare che lei andasse a mangiare, ma non si sarebbe seduta al suo stesso tavolo. Non doveva conversare con lei, troppe parole potevano portare anche alla parvenza di un legame.

L'altra astrale sembrò delusa, ma non disse nulla e scese dalla macchina.

«Va bene, ci vediamo dopo allora.»

Avvertì la tristezza nella sua voce e si morse le labbra pur di non sentirsi in colpa. Sapeva fosse cosa da nulla seguirla, almeno per ringraziarla per averla salvata due volte, ma era troppo per lei. Percepiva la sincerità dei suoi intenti, una limpidezza che raramente aveva trovato nelle sue consorelle, se non nelle sue compagne. E questo rappresentava un grosso problema.

Morse con ancora più forza il labbro, per non pensare a loro. Non voleva rivedere i loro volti e i loro sorrisi, non voleva pensare che fosse tutto perduto, per sempre. Doveva ritornare nel suo limbo, quello stato amorfo che le dava la giusta serenità, o almeno credeva lo facesse.

Quella astrale era pericolosa, ancora non capiva perché voleva legarsi proprio a lei. Se soffriva davvero di solitudine, le aveva indicato la strada verso tante consorelle, che di certo l'avrebbero accolta con la loro fasulla cordialità. Lei ormai era perduta, non aveva senso tentare.

Spostò lo sguardo attorno a sé e, tra le macchine parcheggiate, vide in lontananza dei cargo, vicino ai quali stavano discutendo dei craille. Ebbe un'idea e scese dalla macchina.

Riservò solo un breve sguardo verso il centro di ristoro, pressoché uguale a quello dove aveva incontrato per la prima volta l'astrale, prima di puntare verso i cargo. Provò quel solito moto di tristezza, quel senso amaro che aveva imparato a ingoiare, dovuto dalla sua consapevolezza di fare un pesante torto a delle persone. Quella giovane non se lo meritava, ma forse alla fine era meglio per lei se le loro strade si separavano il prima possibile.

Ultimo Bagliore - Libro di MarāDove le storie prendono vita. Scoprilo ora