2. Traversata notturna

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Si accorse che stava sognando quando percepì le sue guance inumidirsi. Era un ricordo sereno, della sua vita precedente, quando ancora viveva in un mondo di illusioni e di vane credenze. Si svegliò prima di poter riconoscere i loro volti e appoggiò la testa al finestrino, acciambellandosi su se stessa. Assopì i suoi pensieri osservando il paesaggio che la circondava, il solito vuoto deserto viola, interrotto solo da delle montagne in lontananza. Non capiva cosa avesse scatenato quei ricordi, era da tanto che non sognava, soprattutto i momenti felici, e avrebbe tanto voluto che non accadesse. Le restava sempre quella sensazione amara in bocca, oltre che un forte malore interiore.

Il deserto scivolava davanti a lei, sotto il moto regolare della navetta, forse fin troppo ipnotico. I suoi occhi divennero man mano più pesanti e lei si trovò a sonnecchiare di nuovo. Stavolta, però, i ricordi furono più recenti: davanti a lei vide l'astrale del centro di sosta, con i suoi limpidi occhi sinceri.

Che ti è successo?

Lo disse in una silente supplica, piantandole quello sguardo pietoso nell'anima. Sentì la sua bocca aprirsi leggermente, ma dalla sua gola non uscì alcun suono. Eppure voleva parlare, voleva almeno provarci, ma qualcuno la riscosse dal sonno, impedendole di commettere quel terribile errore.

Era l'autista, un robot di mediocre qualità, con gli occhi tondi e illuminati di azzurri, l'unica luce su di un corpo di grezzo metallo.

«La corsa per oggi è finita. Sono state disposte delle camere per i passeggeri, incluse nel biglietto. La partenza per domani è prevista per la quinta ora, a seguito della colazione.»

Si stropicciò un occhio, afferrando parte del suo discorso. Era ancora turbata da quel sogno e da cosa potesse significare, un nefasto presagio che doveva lasciarsi al più presto alle spalle.

Guardò fuori dal finestrino e vide che il deserto era stato sostituito da una struttura cubica e grigia, con tante piccole finestre che la tappezzavano.

«La corsa per oggi è finita. Sono state disposte delle camere per i passeggeri, incluse nel biglietto. La partenza per domani è prevista per la quinta ora, a seguito della colazione» ripeté il conducente.

«Perché ci siamo fermati?» chiese.

Il robot la fissò per dei secondi, durante i quali i suoi circuiti si misero in moto per computare la risposta.

«Norme di prevenzione contro gli attacchi dei nulli. Nessuna navetta viaggia oltre la quindicesima ora, tutti i passeggeri vengo portati nel dormitorio più vicino, compreso nel biglietto, per poi ripartire il giorno dopo. La corsa per oggi è finita. Sono state disposte delle camere...»

Lasciò l'autista terminare la sua frase e si alzò, uscendo poi dalla navetta. Non le andava a genio l'idea di fermarsi, era tempo perso per allontanarsi dalle sue consorelle.

Si strinse nel cappotto, appena l'aria fredda le toccò la pelle, e alzò lo sguardo. La struttura era immensa, costruita su entrambi i lati della strada, collegati da un passaggio tappezzato tante altre luci, altrettanti stanze. Tutto era squadrato, tutto era grigio, nemmeno la luce di Vidia riusciva a renderlo più allegro. Non era la prima volta che si fermava in uno di quegli edifici, forse avrebbe potuto dare lei la calma che cercava dopo quei sogni.

 ✮✮✮

Aveva fissato il soffitto della camera a lungo, come molte altre volte, cercando di perdersi nel candore che avvolgeva quella stretta stanza, larga a sufficienza per contendere un letto, un armadio e una microscopica scrivania incassati a ferro di cavallo. Aveva svuotato la mente, aveva cercato di dimenticare tutto, in particolare l'incontro di prima, e aveva lasciato che la noia le penetrasse nella mente, cullandola in un sonno buio e vuoto.

Ultimo Bagliore - Libro di MarāDove le storie prendono vita. Scoprilo ora