6. L'ultimo saluto

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Guardò il braccialetto al polso, sfiorandolo con le dita. Tra le tante persone, doveva scusarsi anche con Noemh. L'astrale non l'aveva più contattata da quel giorno e la capiva, aveva già sopportato troppo da lei. Doveva fare il primo passo, ma quello non era il momento. L'avrebbe contattata poi, quando si sarebbe sentita meglio.

Sperò solo di trovare la forza in quel momento, per vincere quel peso sulla coscienza e compiere, per una volta, qualcosa di giusto.

Bussò alla porta davanti a lei e la aprì solo quando le fu dato il permesso. C'era un luminare ad illuminare la stanza, una lanterna portatile cilindrica, di una calda luce arancione; al suo fianco, una bottiglia ormai vuota e un bicchiere con i segni di usura dell'alcool, seccatosi sulle sue pareti. Tutto era appoggiato su di un tavolino, spoglio, toccato dalla luce, come il volto dell'uomo seduto sul letto. Pareva immobile, con gli occhi lucidi e lo sguardo spento, puntato verso la lampada.

Il nodo al petto le si strinse ancor di più vedendolo in quelle condizioni ed esitò a entrare. L'uomo, però, si mosse e la notò con gran sorpresa.

Non poteva tirarsi indietro, non ora.

Entrò nella stanza e chiuse la porta alle spalle, per mantenere privata quella conversazione.

«Credo che io ti debba le mie scuse, sincere» disse, dopo un lungo respiro.

Lui restò a fissarla imbambolato, quasi confuso dalle sue parole.

«Se la tua compagna è morta, è solo colpa mia.»

«Cosa?»

La sua voce era roca, qualcun altro era rimasto chiuso in camera per tutto quel tempo.

«Qualsiasi cosa tu ora pensi, nei miei confronti, è comprensibile, anzi giusta. Io potevo fare di più, invece ho permesso che i nulli si prendessero la sua vita e quasi quella del capitano. Perdonami.» continuò, chinando la testa e mettendosi una mano sul cuore.

Attese una risposta, si sarebbe mossa solo quando lui avrebbe dato il suo giudizio. Lo temeva, in parte. Se fosse stato negativo avrebbe confermato i suoi pensieri, avrebbe confermato che, in fondo, era una persona da nulla, terribile come tante altre, forse non troppo diversa dalle consorelle che disprezzava.

«No, no, no, io...»

Una lieve speranza nacque dentro di lei e alzò il capo.

Vide ancora i segni della sofferenza sul suo volto, quasi la sentiva uscire dalla sua figura. Non c'era, però, rabbia: se mai provasse dell'odio, non doveva essere diretto verso di lei.

«È successo e devo venirne a patti. Ma probabilmente, se non ci fossi stata tu, saremmo tutti polvere ora. Mi chiedo solo perché, perché doveva succedere?»

La domanda l'aveva posta a lei, ma non rispose. La verità era dura, soprattutto per coloro che soffrivano. Non potevano accettare il dolore, nemmeno credere che, in fondo, facesse parte di un ordine che a loro sfuggiva. Lei lo sapeva, aveva cercato di ingannarsi, di trovare un motivo e uno sfogo, ma aveva avuto la risposta sempre dentro di sé, quella terribile e amara risposta.

«Noi non diamo le risposte che le persone vorrebbero sentire» disse, con sincerità.

Lui annuì, con amarezza, prima di chinare il capo e tornare a fissare la lampada.

«Di' agli altri che li raggiungo presto. E, ti prego, non prenderti la colpa. Lascia a me il mio dolore, tu devi già pensare al tuo.»

Quelle parole la colpirono, ma non come credeva. Pensava di ripiombare in quei ricordi nefasti, nel preciso istante in cui le aveva perse, invece fu toccata dal calore di quelle parole. La sua storia ormai l'avevano compresa tutti i mercanti e la rispettavano, consapevoli di cosa dovesse aver provato.

Ultimo Bagliore - Libro di MarāDove le storie prendono vita. Scoprilo ora