9. La festa

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Non era pronta, chi le aveva messo in mente che ci sarebbe riuscita?

Erano in uno spiazzo esterno della città, circondato da un recinto di metallo, costellato da qualche panca di ferro, ognuna ricoperta da semplici tovaglie bianche a quadretti blu. Dietro vi era un piccolo palco, chiuso su tre lati da pareti metalliche, che proiettavano l'ologramma di un gruppo musicale, probabilmente un'esibizione costruita digitalmente seguendo i gusti locali. Sopra, vicino alle luci, era proiettata una scritta di ringraziamento, per tutti loro. Poco lontano un piccolo baracchino, ricavato da un vecchio furgoncino dalle forme ovali, era usato come dispensatore di bibite e di cibo. C'era solo una persona al lavoro, che scaldava i cibi sintetici negli appositi fornelli, prelevava le bibite dal frigo e attivava la macchina che miscelava quelle più complesse. Non che fosse troppo impegnato, la folla non era molto cospicua, adatta alle dimensioni del centro abitato. Erano vestiti con i loro abiti quotidiani, forse non si erano nemmeno cambiati per giungere là. Qualcuno indossava ancora la sua tuta da minatore, altri le divise da corrieri, ma erano una minoranza tra di loro.

Erano pochi, ma erano tutti attorno a loro, a lei e Noemh in particolare. Ringraziavano quasi con devozione, additandole come salvatrici, offrendo loro quanto poco potessero donare come pegno.

Erano scene comuni e familiari per lei, quelle folle che l'accoglievano, che dimostravano la loro riconoscenza. Le aveva sempre apprezzate, confermavano il suo ruolo, la validavano.

Ora non riusciva a sopportarle, non riusciva a non ricordare quei momenti di svago e di gioia; si sentiva pure inadeguata, odiando se stessa per ricevere dei ringraziamenti che non meritava.

Aveva visto i danni alla cittadina, c'erano state delle vittime, due dei loro principali negozi erano stati distrutti, assieme a una delle sporadiche centraline di controllo della polizia. Erano sguarniti, dovevano attendere i rifornimenti dagli altri centri e le distanze su Vidia non erano brevi. E stavano preparando del cibo, stavano dando loro da bere invece che conservare.

Non poteva accettarlo, ma doveva, dimostrando gratitudine per i loro ringraziamenti, sforzandosi di sorridere. C'era un motivo se non si era mai fermato troppo nelle cittadine, quella serata riassumeva tutto quanto quello che temeva: il suo senso di colpa, i vecchi dolci ricordi, ma anche quel calore che comunicavano le persone, quel sentimento che cercava di evitare, per non rischiare di legarsi troppo a qualcuno, di nuovo. Non valeva solo per le singole persone, avere a cuore una popolazione portava agli stessi risultati nefasti, lo sapeva: non riusciva a darsi pace per il suo ritardo, per non aver impedito che altre persone morissero. Era lievemente più calma solo perché, oggettivamente, l'attacco era stato improvviso e, se si fosse traslata da subito, non avrebbe fatto nulla, priva di energie.

L'ingiustizia del loro destino, però, la pressava. Per quanto potesse, non era più capace di accettare con accondiscendenza quegli eventi. Era facile dirlo finché non toccavano qualcuno direttamente ma, dopo quel giorno, aveva compreso gran parte della sua superficialità.

Ogni tanto lanciava sguardi agli altri, per comprendere come si comportassero. Nathan Cayn si era ben presto isolato per discutere con Al-rayā, prima di congedarsi e sparire. I mercanti parevano titubanti a volersi unire al resto della popolazione che, vicendevolmente, non pareva invogliata a rivolgersi a loro. Gli altri soldati, invece, sembravano integrarsi o, perlomeno, parlavano con le persone che si rivolgevano a loro, accettavano che si facessero delle foto assieme, ma ogni volta tendevano a raggrupparsi tra di loro, lasciando a lei e a Noemh il resto della folla. E l'astrale, a suo contrario, stava reagendo positivamente.

Era felice, spensierata, quasi avesse rimosso i suoi precedenti malumori e l'incidente durante lo scontro. Era più brava a gestire la situazione, gliene doveva dare atto; lei iniziava a sentirsi stordita. Tutte quelle parole, tutte quelle mani protese verso di lei iniziarono a soffocarla, quasi divenissero macigni e rampicanti che stringevano sul suo corpo. Voleva allontanarsi, respirare, ma sarebbe stata scortese.

Ultimo Bagliore - Libro di MarāDove le storie prendono vita. Scoprilo ora