8. Ricapitolare, pianificare

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Il corridoio era una lunga lastra nera, il pavimento e le pareti si distinguevano solo perché, ogni tanto, c'erano delle luci sulle colonne, diritte e verticali, che riempivano la stanza di una soffusa luce arancione. Era inquietante, le ricordava quel luogo buio da cui era recentemente uscita, quello spazio vuoto dove Ivah ormai l'accoglieva.

Si fermò un istante e prese un respiro, confusa dai suoi pensieri. Quel contatto, l'ultimo, si era rivelato migliore. Forse perché era stata lei stessa aveva provato un approccio, memore della solitudine e dell'angoscia della volta precedente, ma l'oscurità c'era stata ancora, soffocante. E quelle pareti nere non sembravano nient'altro, se non il vuoto che l'aveva avvolta.

«Tutto bene?» le chiese Noemh, avvicinandosi a lei.

C'erano solo loro due là dentro, ai mercanti non era stato concesso l'accesso. La discussione, quindi, avrebbe riguardato solo loro e l'Unità Speciale, ovvero solo loro e Nathan Cayn, una prospettiva che non la rallegrava.

Annuì, trascinandosi avanti, prima che una parete si aprisse, rivelando una stanza. Era di medie dimensioni, molto più illuminata del corridoio. Non era arredata, aveva solo due panche poligonali nere attaccate al pavimento e un tavolo squadrato al centro, che proiettava degli schermi arancioni, fitti di scritte e di immagini. Tra essi era ben evidente una piantina tridimensionale di Vidia.

La squadra era tutta all'interno ma, rispetto alle altre volte, le parve più rilassata e meno inquadrata.

Un giovane stava roteando un anello arancione tra le dita, facendo così oscillare la catena a cui era legato. Era stravaccato sulla panca, stanco in volto, tanto che le luci lo facevano sembrare più pallido. Aveva due folti baffi neri, mentre i capelli erano rasati ai lati, abbastanza lunghi al centro per poterli riportare all'indietro. Al suo fianco vi era Athena, persa a giocare con la punta della sua treccia bionda, chiusa da un piccolo anello nero. Teneva lo sguardo basso, fiacca pure lei. Di fronte a loro, vi erano due componenti stavano parlando sottovoce, una giovane dai corti capelli biondi e un uomo calvo, così scuro che la sua pelle pareva confondersi con la sua divisa. Le sembrarono perplessi e leggermente intimoriti.

Il motivo era facile da comprendere: in piedi, Nathan Cayn stava comunicando con i suoi superiori con una chiamata vocale privata, il cui esito di poteva intuire dalle parole che uscivano dalla sua bocca. Era alterato, parecchio, e mostrava poco rispetto per chi era al di sopra di lui, vinto dall'indignazione.

Le parve strano provare un moto di comprensione per lui, ma quella situazione le parve fin troppo familiare.

«Non m'importa se voi avevate ritenuto più urgente la ribellione, potevate mandare un'altra Unità Speciale di supporto!» esclamò Nathan Cayn, prima di voltarsi e notare la loro presenza.

Fece loro segno di attendere, prima di dare loro nuovamente le spalle.

«Tempistiche o meno, avrebbe dimostrato ai cittadini di Vidia che siamo attenti ai loro bisogni! Dovete ringraziare le astrali se questo pianeta non è stato annientato e chissà quali altri dopo di lui! Se non...»

Il comandante si zittì, come i due soldati alla sua sinistra, ora attenti alle sue parole.

«Basta scuse, dannazione, voglio quelle truppe ausiliare! In cinque non otteniamo nulla e non voglio dovermi piegare a patti con le astrali. Anzi, voi non volete avere affari in sospeso con loro, dico bene?»

Nathan Cayn borbottò qualcosa sottovoce, parecchio infastidito. La conversazione non era andata come previsto, non aveva ottenuto molto.

Si voltò, nervoso in volto, mentre gli altri quattro membri scattarono in piedi, quasi avesse dato loro un comando silente. Erano tutti fermi e in posizione, come la prima volta che li avevano visti. Magari il controllo neuronale era attivo solo in alcune occasioni, avevano dei momenti in cui erano liberi di essere loro stessi.

Ultimo Bagliore - Libro di MarāDove le storie prendono vita. Scoprilo ora