Era notte, lo percepiva dal silenzio che regnava all'esterno. Vidia era famosa per l'assenza di vita notturna, se si escludevano le grandi città, uscire e non incontrare nessuno non sarebbe stato un problema.
Era rimasta a vegetare in stanza per tutta la notte, sonnecchiando quanto più possibile. Rousgh le aveva tenuto compagnia per un po', portandole il resto della sua cena e cercando di parlarle. Aveva risposto a delle domande per pura cortesia, ma la sua mente era stata altrove: l'Ordine delle Astrali era stato contattato e lei non poteva restare un momento in più in quella cittadina. Data la posizione periferica di Vidia, avrebbero impiegato dei giorni per raggiungerla, giorni in cui lei doveva allontanarsi parecchio. Detestava non poter finire il suo lavoro in quella cittadina, rischiava di abbandonarla al suo destino. Poteva sperare che le sue consorelle avessero pietà e facessero il loro lavoro, prima di mettersi sulle sue tracce, ma non ne aveva molta fiducia.
Si alzò dal letto e indossò cappotto e scarpe. Si avvicinò alla finestra. Il vetro era sigillato, ma il suo materiale malleabile era mutabile. Lo toccò e, dopo aver preso un bel respiro, indebolì le sue molecole con un pizzico di energia cosmica. La sua consistenza divenne più liquida e lei poté passarvici attraverso, aggrappandosi al suo bordo. Il freddo della notte le punzecchiò le gambe, scoperte sotto il vestito che le era stato prestato.
Guardò verso il basso e si lasciò cadere, attenuando la discesa con i suoi poteri. Toccata terra, però, un capogiro la colpì e lei si dovette appoggiare alla parete metallica del motel. La temperatura salì e si dovette togliere cappotto e giacca, per lasciare che la brezza notturna la raffreddasse. Sentendo di essersi ripresa, si diresse verso la periferia della cittadina, avvolta da un cielo blu profondo e toccata dalla luce delle lampade azzurre. Corse sulla sabbia, che attenuava i suoi passi, e proseguì finché non fu fuori dalla centro abitato. Puntò alla strada percorrendolo all'esterno e, toccato l'asfalto, prese un grosso respiro. Era affaticata, poteva notarlo, doveva trovare la prima zona di sosta e riposarsi, prima di proseguire. Non aveva molte energie e doveva sfruttare al meglio le sue carte.
Frugò nelle tasche e trovò i pochi soldi che aveva racimolato con le mance. Almeno un biglietto per una navetta poteva permetterselo, se poi non si fosse ripresa avrebbe chiesto un passaggio.
Si voltò un'ultima volta verso la cittadina, con l'unico rammarico di non aver finito il suo lavoro e forse, per quanto non lo volesse ammettere, di non aver ringraziato i suoi abitanti per la loro gentilezza.
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Faceva caldo, troppo per le notti di Vidia. Sudava, parecchio, e sentiva la gola completamente secca. Era stordita, non capiva più quale fosse la strada e quale la sabbia viola del deserto. La sua resistenza era stata minore di quanto avesse previsto, forse perché aveva corso per tutto il tragitto. Aveva fretta, tanta fretta, troppa fretta nonostante il tempo a sua disposizione. Aveva solo paura di non riuscire, di finire in mano all'Ordine delle Astrali. Forse era pronta a morire pur di tornare da loro, ma magari era solo un pensiero dato dalla sua mente delirante.
Alzò lo sguardo verso le stelle e mai le aveva viste così chiare e vicine, tanti punti luminosi attraversati da scie più compatte, che parevano fiumi nel cielo. Le parve di sentire pulsare i loro nuclei, bagliore dopo bagliore, avvolte dall'energia del cosmo. Un flusso impercettibile, che la chiamava a sé sin dalla sua nascita, ma che aveva iniziato a parlare solo dopo che era divenuta un'astrale.
Rimpiangeva i vecchi giorni, quando osservava quei punti luminosi dal suo pianeta natale, dalla spiaggia di un'isola circondata da un mare smeraldo. Era tutto più semplice e aveva desiderato che fosse diverso, che il suo destino fosse migliore rispetto agli altri. L'aveva sempre sentito dentro di sé, guardando il cielo, mentre ora sarebbe tornata indietro sui suoi passi, a percorrere ancora le strade della sua cittadina tra i canti degli uccelli.
Il cappotto e la giacca le sfuggirono di mano, mentre proseguiva, mossa dalla sola forza cinetica del corpo. La mente era lontana, persa in quei bagliori, tra i quali cercava il suo pianeta natale in uno sforzo disperato. Le parve quasi di vederlo, con il suo immenso oceano, una piccola realtà vassalla di un sistema più grande, dove il tempo sembrava non scorrere mai. Sentì persino il calore del suo sole scottarle la pelle, aumentando l'agonia della sua sete.
Non è reale.
La voce giunse come un'eco lontano e distorto, per quanto familiare. Abbassò il capo e vide davanti a sé la strada oscillare e perdersi in una serpentina infinita, macchiata da delle luci azzurre e bianche. Cercò di aguzzare la vista e riconobbe un centro di sosta, una struttura circolare dall'architettura statuaria, simile ad una stella a otto punte rialzata verso il cielo.
Trascinò le sue gambe, sforzandosi di tenere gli occhi aperti, vedendo davanti a sé la sua salvezza. Necessitava di acqua, dentro e fuori il suo corpo, tanto era il caldo che l'avvolgeva. Ogni passo pesava come un macigno, ogni sforzo le appesantiva la mente, rischiando di fondere le stelle alle luci del centro di ristoro di ristoro.
Non si accorse di aprire la porta e nemmeno di raggiungere il bancone. Sentì solo qualcosa di solido sotto i suoi gomiti, che spinse il suo corpo ad abbandonare le forze, lasciandola ciondolare davanti al barista.
«Vorrei... acqua...» chiese.
Ogni parola sembrò prosciugarle la gola, mentre gocce di sudore iniziarono a scenderle lungo le tempie. Cercò di respirare, ma l'aria parve essere divenuta improvvisamente pesante, troppo per i suoi polmoni.
Il bicchiere fu davanti a lei ma, quando cercò di afferrarlo, il suo corpo cedette. Dopo vide solo buio.
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Ultimo Bagliore - Libro di Marā
Science FictionUna giovane vaga per le infinite strade di Vidia. E' un'astrale, una sacerdotessa di Ivah, uno dei più importanti celesti della galassia. Non ha alcuno scopo, se non annientare i nulli, delle creature aliene giunte da lontano, pronte a distruggere...