4. Tentativo di salvataggio

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Li aveva percepiti, poco dopo, sulla via del ritorno, e ora cercava di correre contro il tempo. Aveva intuito quale tipo di nullo fosse, tardi ormai. Li aveva sentiti per tutto il viaggio, ma non aveva capito. Di norma erano rapidi, molto veloci, piccoli sciami di creature attratte dal calore degli esseri viventi; non li aveva mai percepiti quando erano a riposto, quando erano anche loro alla ricerca di una preda e la nave dei mercanti li aveva ovviamente risvegliati.

Il velivolo era ancora troppo lontano e temeva di fallire ancora. Il suo corpo era scosso da un turbinio di sensazioni, tutte negative: paura, ansia, impotenza, tutte concentrate sulle sue spalle, tutte pronte a schiacciarla. Accumulò ancor più energia, cercò di accelerare, pattinando sulle scie cosmiche che la circondavano, ma le sembrava tutto inutile.

Gridò e spinse ancora, prima di raggiungere finalmente la nave, prima di vedere le ammaccature e i vetri rotti. Si fermò, sentendo il tempo congelarsi, mentre il ritmo del suo cuore aumentava, sino a soffocarla. Polvere viola passò davanti ai suoi occhi, ma era semplice sabbia, doveva essere semplice sabbia.

Si riscosse, sentendo degli spari: era ancora in tempo, ma doveva intervenire subito.

Analizzò i flussi cosmici, trovò la via per entrare rapidamente nella nave e si scompose, seguendo quella scia. Ritornata si trovò dentro un corridoio, illuminato dalle sue pallide luci al neon e creò subito una lama di energia. Si lasciò guidare dai sensi, lasciando libero sfogo alla rabbia, a quella sensazione selvaggia che lasciava gestire i nulli.

Una di quelle creature incrociò il suo cammino. Erano piccoli, con quattro zampe affilate, denti piccoli e aguzzi e due ali ancora vibranti, che si chiudevano e si dischiudevano. Il nucleo era ben evidente, sul ventre, reciderlo fu facile. Passò rapida e lo tagliò a metà, senza dargli nemmeno il tempo di accorgersi della sua presenza.

Non provò alcuna soddisfazione, questa volta la sua attenzione era completamente concentrata sugli spari. Lasciò che i suoi sensi la guidassero, quel pugno nello stomaco che le metteva i brividi. Andò alla cieca, non conoscendo la planimetria della nave, ma capì di essere nella direzione giusta quando tranciò ben quattro nulli, tutti affollati davanti a una porta, tutti che cercavano di entrare in una porta. Li attaccò, cercò di smembrarli meglio che poté, ma gestire una lama le era ancora complesso. Continuò, però, non si arrese e spinse ancora finché non fu dentro, sapendo che non fosse finita. Trovò il capitano intento a tenere a bada una di quelle creature, aiutato da un altro uomo, uno della ciurma di cui non si ricordava.

Lo stavano solo rallentando, la loro pelle era troppo dura per i colpi dei laser, almeno quelli di calibro medio.

Il nullo tentò il balzo proprio quando lei entrò. La scena fu troppo familiare, in un altro luogo, in un altro tempo, con una creatura diversa e più aggressiva, apparsa dal nulla dal soffitto. Attaccò una giovane, dai luminosi capelli gialli, raccolti in una lunga treccia. Il suo sguardo, così impaurito, sarebbe per sempre rimasto impresso nella sua mente, assieme al dolore, l'atroce dolore che provò quando divenne solo una nuvola di polvere.

Un urlo la ridestò, era il capitano: il nullo l'aveva raggiunto e l'aveva morso sul braccio. Nessuno doveva fare ancora quella fine, l'aveva promesso quel giorno e l'aveva promesso poco fa, dentro il negozio. Scattò e tagliò a metà il nullo, per poi diminuire la dimensione della lama. Prese il braccio del capitano e lo recise, sopra il punto che si stava infettando.

L'uomo urlò e la cercò di allontanare. Bloccò il suo braccio prima che la spingesse, controllando che non vi fossero segni di cancrena. Era pulito, la ferita era stata cicatrizzata dal suo colpo. Ascoltò le energie attorno a sé: erano tese e infette, intaccate dalla presenza dei nulli. Capì che non le poteva usare, non le restava cedere le sue. Tracciò lo stellario sul suo braccio e, illuminatosi, tracciò un cerchio intorno al moncherino, concentrandosi. Doveva concedere protezione e guarigione, non proprio il suo campo, ma per una ferita simile erano sufficienti le sue abilità.

Concluse l'operazione e si alzò, sotto lo sguardo sbigottito dell'uomo.

«Mi ringrazi dopo» disse, prima di uscire, lasciandosi la stanza alle spalle.

Sentiva ancora la presenza dei nulli, doveva eliminarli, tutti, altri potevano essere in pericolo. Corse ancora, cercando da sé la via. Erano meno intense le sensazioni, ma c'erano ancora. Quelle creature maledette non mollavano la presa.

Finì nella sala centrale, dove la battaglia parve più accesa. Cinque nulli, allontanati da raffiche di proiettili e da un cannone, l'unica arma che li rallentava e che almeno li feriva. Peccato che il suo possessore non mirasse al nucleo.

Creò rapidamente uno scudo protettivo, poi si gettò nella mischia, assalendo i nulli, tranciandoli, rendendoli polvere, come meritavano. Non sentiva nemmeno i loro stridii quando sbagliava i colpi, voleva solo vedere la polvere provenire da loro, era il giusto contrappasso.

Quattro caddero sotto la sua lama, non vedeva altro che quei nuclei luminescenti, color ambra. Non vide la falla nella serie di colpi, non si accorse di essere stata lenta, non notò che una raffica era cessata, lasciando un nullo libero di agire. Se ne accorse solo quando si voltò, quando ciò che vide fu uno sguardo terrorizzato, due occhi scuri e al contempo luminosi come stelle. Un bagliore che si dissipò in tanti granelli, ancora una volta, sempre davanti a lei.

Reagì subito e d'istinto, recidendo il nullo, eliminandolo per sempre. La polvere si aggiunse alla polvere, finendole addosso. Tossì e la scacciò, cercando di vedere davanti a sé, agitata, sperando di essere caduta vittima delle sue illusioni. Andò avanti, vide la donna più anziana del gruppo, integra, ma il suo sguardo faceva trapelare molto, troppo.

L'illusione divenne realtà e il mondo le parve crollare, come quel giorno lontano. Due fallimenti di fila erano troppi per lei, non riusciva a capacitarsene. Tutto perse senso, colore, suono, divenendo una massa informe. Restarono solo i suoi pensieri, un intricato nodo senza senso da cui non riusciva a liberarsi. I ricordi riaffioravano, lei li reprimeva, come il senso di colpa, cercando una logica e una scusa in qualcosa che, forse, non ne aveva. Forse non capiva nemmeno cosa stesse succedendo e cosa fosse successo. L'idea c'era, accettarla era quanto stesse cercando di non fare.

Voci confuse le scivolarono addosso, deboli in confronto a quanto le stesse vomitando addosso la sua mente. Non poteva essere vero, non poteva accettarlo. Si stava forse alienando dalla realtà, come ogni volta, si stava bene in quell'angolo, per quanto contorto in quel momento.

Percepì uno scossone, debole, una voce ancora più flebile. Aumentarono man mano, cercò di ignorare tutto, cercò di ingabbiarsi ancor più dentro di sé, dove poteva trovare una soluzione, sapeva che sarebbe venuta.

Un'immagine divenne più nitida, era un volto, poco familiare ma abbastanza per poterlo riconoscere. Era il capitano dei mercanti, quello che aveva salvato prima, come non era riuscita a fare con la sua collega, come non era riuscita a fare con le sue compagne.

La realtà la sconfisse, la sconsolazione vinse assieme alla sconfitta.

Le lacrime iniziarono a scendere da sole, cercò di trattenerle, ma fluirono come i suoi ricordi, così vivi. Si sentì sola, per un istante, come in quel giorno, finché non capì che ci fosse qualcuno davanti a lei, qualcuno che le sembrava persino preoccupato.

Aprì la bocca tremante, incapace di frenare il flusso delle sue emozioni.

«Le ho perse, tutte, non sono riuscita a salvarle» confessò.

Era una richiesta di aiuto, non sapeva nemmeno a chi l'avesse rivolta, se a se stessa, a quell'uomo o persino a Ivah. Era la prima volta che si sentiva stufa di stare male, stufa di tutto, stufa di quella lotta impari. Era stata fallimentare, ormai l'aveva capito, aveva seguito uno spettro e le si era dissipato tra le mani, come polvere.

Il capitano la strinse a sé, in un goffo abbraccio, carico di imbarazzo, ma le bastò. Lasciò le sue emozioni sfogare, lasciando aperto un vaso che ormai era straboccato. Se mai avesse provato a cercare un senso, ormai aveva capito che era stato tutto inutile.

Ultimo Bagliore - Libro di MarāDove le storie prendono vita. Scoprilo ora