5. Notturno stellato, ripresa

1 0 0
                                    


Il cielo stellato l'aveva confortata, sin da piccola. Quante volte aveva alzato lo sguardo in cerca di conforto, di una risposta, forse per capire il senso della sua esistenza.

E ora si trovava di nuovo là, con i piedi nella sabbia, con gli occhi rivolti alle stelle, attendendo qualcosa. C'era un flusso che danzava tra quei puntini luminosi, un'energia recondita che univa ogni cosa, l'abbracciava e la vivificava. Un tempo aveva trovato, al suo interno, una coscienza che l'aveva sollevata, liberata dai suoi tormenti interiori, ma cosa ne restava in quel momento?

La sabbia era fredda, il deserto di Vidia non emanava alcun calore, come il suo plumbeo cielo blu. Eppure, quelle luci non erano fioche, c'era qualcosa, una melodia nascosta che man mano giungeva alle sue orecchie. Sentiva che il suo animo la stesse anelando, che le stesse chiedendo di liberarla da quel dolore.

Ormai aveva capito, l'illusione che aveva cercato di creare si era frantumata. Aveva passato due giorni a vegetare in una stanza della nave, offerta dai mercanti. Non l'avevano disturbata, solo una volta erano passati a portarle qualcosa da mangiare, che lei aveva consumato poco prima, per ringraziarli in qualche modo. Aveva fallito nei loro confronti e loro erano lo stesso erano stati gentili. Li aveva mal giudicati, era stata vittima di pregiudizi, gli stessi che aveva trascinato con sé da tempo.

Una vibrazione la colse, un senso di sollievo. Aveva fatto la cosa giusta, aveva analizzato e compreso, invece di chiudersi nelle sue idee. Aveva ascoltato, come stava facendo in quell'istante. Le parve così strano, non l'aveva sempre fatto prima? Quel canto velato, quelle sensazioni che toccavano la sua coscienza, come aveva fatto a dimenticarle?

Guardò ancora le stelle, prima di chiudere gli occhi e lasciare il flusso scorrere in lei. Fu difficile, lo percepiva appena, ma cercava di dare un senso a tutto. Così era deciso, questo il pensiero principale, questo il pensiero che non riusciva ad accettare.

Il contatto si interruppe e lei si trovò da sola a fissare il cielo, in mezzo al freddo deserto di Vidia. Si strinse nella sua giacca, quasi la temperatura del pianeta scalfisse la sua pelle. Chiese ancora risposte, ma la volta celeste restò muta. Si era chiusa in se stessa, ancora una volta, si era chiusa a tutto il resto.

«Mi dispiace» sussurrò.

Non sapeva a chi si stesse rivolgendo, forse alle sue compagne, che non era riuscita a salvare; forse a tutte le persone con cui si era comportata male, avvolta dal suo egoismo e dal suo dolore; forse alla stessa Ivah, che aveva in fondo accusato di tutto.

Il senso di colpa la tormentava, più della rabbia. Non sapeva come fare per riscattarsi, temeva che sconfiggere i nulli non sarebbe stato abbastanza. Aveva sbandato, terribilmente, e ora non sapeva come ritrovare la strada.

Sentì le lacrime risalire, non ne aveva versate abbastanza in quei giorni. Trattenne i singhiozzi, con lo sguardo ancora rivolto verso l'alto, sperando di ritrovare anche un minimo bagliore.

Calmati, Mara, va tutto bene.

«Ivah!» esclamò, sorpresa di sentire la sua voce di nuovo.

Non ottenne alcuna risposta, il silenzio l'avvolse ancora. Il senso di colpa salì, ricordandosi del suo precedente contatto, quel luogo freddo e opprimente. Aveva creato lei tutto ciò?

Il suo cuore divenne pesante e si strinse il petto, sperando di alleviare il dolore. Forse non era degna della sua posizione, non per come aveva reagito in tutto quel tempo. Promettevano una vita diversa alle astrali, più elevata, ma non raccontavano mai quanto restassero ancora legate alle emozioni umane.

«Ehi, sei qua.»

Si voltò, sorpresa da quel richiamo. Era il mercante dai capelli lunghi e biondi, quello che le aveva prestato il coltello. Forse avrebbe dovuto almeno imparare i loro nomi, dopo quello che avevano fatto per lei.

Annuì, cercando di asciugarsi gli occhi umidi.

«Va tutto bene?» le chiese avvicinandosi.

«Non importa, siete voi ad aver subito la perdita», disse, stringendo le braccia al petto, scostando lievemente lo sguardo, «Mi dispiace al riguardo. Se fossi intervenuta prima, nulla di tutto ciò sarebbe successo.»

Il mercante restò in silenzio, non sapendo cosa rispondere. La fissò per un istante, infilando le mani nelle tasche del cappotto pesante, prima di avvicinarsi ancora.

«Non devi fartene assolutamente una colpa. Gli incidenti capitano, noi dobbiamo imparare a superarli.»

Annuì ancora, riconoscendo la verità in quelle parole. Erano difficili da applicare, però.

«Stiamo... organizzando qualcosa. È nostra tradizione onorare le anime dei morti con un rito e volevano che tu partecipassi, se te la senti.»

Partecipare a un rito privato dei mercanti, le sembrava così assurdo. Tutti dicevano che fossero persone molto chiuse, l'aveva provato anche lei in tutti quegli anni, quando ancora era con le sue compagne. Raramente avevano offerto loro aiuto e sempre con una certa remissività; o in qualche modo lei li aveva spinti a pietà o quello era l'unico gruppo più aperto rispetto gli altri. Oppure si erano sempre sbagliate sul loro conto, per qualche motivo.

«Sì, grazie, datemi ancora solo un momento.»

«Va bene» disse il mercante, prima di voltarsi.

Aveva accettato per rispetto, ma dentro di sé temeva di essere una presenza scomoda. Come potevano non accusarla? Si era crogiolata nel suo dolore, invece di agire in tempo: se quella giovane era morta era colpa sua.

Forse, prima del rito, era necessario che facesse qualcosa.

«Posso porvi una richiesta?» domandò, riuscendo ad attirare l'attenzione del mercante.

Ultimo Bagliore - Libro di MarāDove le storie prendono vita. Scoprilo ora