7. Forse qualcosa è cambiato

1 0 0
                                    


Svegliarsi fu piacevole. Il letto dove era stata portata era comodo e l'aria fresca. Non sentiva più il caldo opprimerle il corpo, nessun peso che lo bloccava. Era tranquilla e riposata, quasi si era dimenticata cosa volesse dire. Sentiva persino la differenza con le cure ricevute da Noemh, ora stava decisamente meglio.

Aprì lentamente gli occhi e si trovò in una lunga stanza, toccata dalla debole luce proveniente dalle vetrate alle sue spalle. Le pareti erano bianche, parecchio vuote: da qualche parte doveva esserci uno schermo, anche se ora era spento. C'erano anche dei rigidi mobili violacei, di cui una scrivania e un armadio in fondo. Altro non vedeva, se non il pavimento ricoperto di linoleum rosato peloso.

Cercò di mettersi seduta, cercando di capire dove fosse, ma il ricordo del suo incontro con Ivah riaffiorò e, per un istante, si sentì nuovamente soffocare. Non capiva cosa fosse successo, non era mai stato un processo così doloroso entrare in contatto con lei. Che fosse stato il suo rifiuto? Che quello le avesse creato maggiori difficoltà?

Non voleva pensarci, si era ristabilita e questo era l'importante. Sperò di non dover tentare un'impresa simile a breve o avrebbe pensato bene se entrare in quelle acque, se quello era il risultato.

Delle luci azzurrine si accesero attorno a lei e sussultò, sorpresa: doveva essere un sistema automatizzato per chi voleva alzarsi, era in una struttura ben dotata. Chi la ospitava, però, restava un mistero.

Si mise in piedi e si avviò verso la porta, camminando sul morbido pavimento. C'era una fonte di calore proveniente dal basso, la poteva percepire. Era piacevole, come il che le carezzava i piedi. Dopo quell'incubo, almeno il risveglio era più che positivo.

La porta era ad apertura automatica e premette il pulsante, attivando il meccanismo che la trascinò sul pavimento. Si trovò in un largo salotto, con un angolo cucina in fondo. Non c'era nessuno, almeno in fondo alla sala, vicino al tavolo illuminato da piccoli spot appesi alla cappa del cucinino. I mobili erano semplici come nella stanza, avevano quanto fosse essenziale. Si guardò attorno e trovò un divano, vicino alla vetrata che occupava tutto il lato destro. E sul divano c'era una figura familiare, intenta a guardare una mappa luminescente color pesca.

Sperò non l'avesse aspettata tutto il tempo, andava conto quanto le aveva promesso. Non poteva aver agito di nuovo di sua iniziativa, non per aiutarla ancora. Doveva finire, in quel momento, stava divenendo troppo pericoloso.

«Noemh» la chiamò.

La sua voce era rauca, strozzata. Doveva bere qualcosa, non si era nemmeno accorta di avere la gola secca.

L'astrale, al suono del suo nome, si voltò e fu felice di vederla in piedi.

E quel sorriso per lei fu come una mazzata nello stomaco.

«Stai bene vedo. Hai ripreso le forze?»

Annuì, avvicinandosi mesta e tremante. Doveva dirglielo, per quanto sapeva di poterla ferire.

«Sì, grazie. Per quale motivo sei ancora qua?»

Il sorriso sparì dal volto di Noemh e lei si sentì anche peggio di prima, consapevole di essere stata troppo dura.

L'astrale sospirò, quasi fosse delusa, e abbassò lo sguardo. Annuì, prima di parlare, avendo capito cosa volesse dirle.

«Sono stata alla cittadina, quella di cui mi hai parlato.»

Trattenne il respiro per un istante e si fermò: poteva essere entrata in contatto con le altre consorelle e, nel peggiore dei casi, poteva averle portate con sé.

Ultimo Bagliore - Libro di MarāDove le storie prendono vita. Scoprilo ora