CAPITOLO II.

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L'uomo si portò la sigaretta alle labbra, rabbrividendo appena per l'aria fredda del mattino che entrava dalla finestra aperta della sua stanza. Ne aveva chiesta una che affacciasse sul giardino interno, in modo da poter tenere d'occhio i ragazzi che vi andavano; a quell'ora non c'era nessuno, erano tutti riuniti di sotto per la colazione, ma gli piaceva comunque la vista.
Aspirò un'altra volta e sentì qualcuno bussare alla porta.
- Arrivo!- appoggió la sigaretta nel posacenere e si allontanò dalla finestra. Afferrò la maglietta che aveva lasciato sullo schiena della sedia della scrivania vicino alla finestra e la indossò velocemente mentre apriva la porta, trovandosi davanti il volto sorridente di Takaeda.
- Buongiorno dottore! Le ho portato la colazione- lo informó, alzando il vassoio che aveva in mano.
- La ringrazio- Keishin prese in mano il vassoio e si scostó per permettere all'altro di entrare in camera.
- Si sta trovando bene qui?- gli chiese Ittetsu, mentre lui andava ad appoggiare il vassoio sulla scrivania.
- È un bel posto- commentò il dottore. Dopo aver visto i ragazzi, non aveva più avuto dubbi: voleva rimanere in quel luogo e provare ad aiutarli.
Non era mai stato uno di quegli psicologi che si limitava ad utilizzare le sue conoscenze per guarire i suoi pazienti; anche per questo non era voluto diventare psichiatria: l'ultima cosa che voleva fare era limitarsi a dare medicine a chi andava da lui senza aiutarlo veramente. Preferiva capire cosa ci fosse al fondamento dei problemi dei suoi pazienti, e cercare di risolverli alla radice.
Aveva visto fin troppe persone che sembravano guarite da una terapia e invece erano ricadute poco dopo nella stessa situazione, e questo perché i dottori avevano dato loro un modo per superare la malattia, senza però capire veramente a cosa fosse dovuta.
Era abbastanza spavaldo da pensare che per quei ragazzi, che ormai si erano costruiti ed abituati ad una vita in quel luogo, lui sarebbe potuto essere la persona che avrebbe potuto fare capire loro che c'era un mondo al di fuori da lì, ed aiutarli a tornarci.
Li aveva osservati per tre giorni, senza mai avvicinarsi troppo, per tastare il terreno. I ragazzi l'avevano notato, sapevano che era lì; ma lo trattavano come un ospite indipendente e la cui presenza era completamente indifferente.
Era certo che se avesse provato a parlarci la maggior parte gli avrebbero risposto tranquillamente, ma se non l'avesse fatto la situazione non sarebbe cambiata.
Dopo averli osservati per giorni però, era arrivato il momento di parlarci.
- Direttore, vorrei iniziare a vedere i ragazzi in privato- annunciò. L'uomo sorrise ed i suoi occhi si illuminarono appena.
- Avviserò i ragazzi. Vuole parlare con qualcuno in particolare?- gli chiese, cercando di contenere l'emozione; si era sentito molto sollevato quando il dottore aveva deciso di rimanere, fiducioso del fatto che aveva fatto la scelta giusta a chiamare proprio quell'uomo, nonostante la sua giovane età.
Al biondo non sfuggí la reazione dell'altro uomo e sorrise appena.
- Vorrei parlare con quelli più grandi prima- rispose; si diresse verso la scrivania e prese la lista con i turni che aveva pensato di utilizzare.
Pose il foglio ad dottore, che lo lesse velocemente.
- Perfetto; si ricorda la strada per lo studio?-. Il biondo annuì, ricordando la stanza che gli avevo mostrato l'uomo quando voi aveva annunciato che sarebbe rimasto.
- Allora la lascio alla sua colazione- il direttore si congedó ed il dottore si diresse alla scrivania, su cui aveva lasciato il vassoio.
Osservò la colazione, che gli sembrava più abbondante del giorno prima; il che era una fortuna, dato che sarebbe stata una giornata molto faticosa.

Il dottore osservó lo studio, situato dall'altra parte della struttura rispetto all'ingresso, appena fuori dalla porta che segnava il confine con la zona in cui vivevano i ragazzi, e sistemato di fianco all'infermeria.
Era una stanza grande: una scrivania, con dietro e a destra una libreria, seduto alla quale aveva deciso di accogliere i ragazzi. C'erano anche un divano e delle poltrone, che davano un'aria più comoda e confortevole, ma al momento non voleva ancora iniziare alcuna terapia, solo parlare, per cui ancora non intendeva adoperare quella zona.
Lo studio era provvisto anche di un caminetto, che gli donava un'aria molto confortevole. Il dottore si trovò a pensare che fosse il miglior studio in cui fosse mai stato.
Quando mancavano un paio di minuti all'inizio degli incontri, si alzò ed andò ad aprire la porta, per vedere se il ragazzo fosse già arrivato. La situazione che si trovò davanti lo lasció non poco sorpreso.
In quei giorni, aveva notato che i ragazzi non andavano mai in giro da soli, ma sempre almeno in coppia o anche in gruppi. Le coppie erano più o meno sempre le stesse; alcuni sembravano non avere problemi a cambiare compagni, mentre altri rimanevano sempre con gli stessi.
Che quei ragazzi fossero molto uniti non era certo un mistero. Ma non pensava che si sarebbe trovato davanti tutti i 9 nove ragazzi più grandi dell'istituto.
- Buongiorno a tutti-. I loro sguardi si puntarono su dì lui, come ad intimorirlo; ma non era certo una di quelle persone che si lasciava sconfiggere da un gruppo di ragazzini.
- Io sono il dottor Ukai, probabilmente mi avete visto in giro per l'istituto nei giorni scorsi. Vorrei parlare privatamente con ognuno di voi- si presentò.
I ragazzi si scambiarono degli sguardi d'intesa.
- Veramente, noi vorremmo entrare tutti insieme, o almeno a coppie- gli rispose Kuuro.
- Temo non sia possibile: le sedute sono personali- ribatté il dottore.
- Cerchi di capire, non vogliamo che nessuno di noi rimanga solo- gli disse Daichi.
- Non sarete soli, sarete dentro con me. Non vi preoccupate, è solo una chiacchierata di cinque minuti per conoscervi meglio- rispose Ukai, sicuro.
I ragazzi si guardarono, un po' a disagio.
- E va bene, inizio io- Sugawara fece un passo in avanti.
- Sicuro Suga?- gli chiese Asahi.
- È solo una chiacchierata no? E poi voi sarete qui fuori ad aspettarmi, giusto?- guardó gli amici, come a cercare una conferma, e tutti loro annuirono.
- Accomodati- il dottore gli fece cenno di entrare nella stanza; una volta che il ragazzo fu all'interno, il dottore chiuse la porta.

HAIKYU:LA MIA CURADove le storie prendono vita. Scoprilo ora