Gli otto più giovani arrivarono in ritardo; al dottore non diede particolarmente fastidio, ancora non aveva un rapporto con quei ragazzi. Ma loro si misero comunque a litigare.
- Ti avevo detto di muoverti, che diavolo stavi facendo ancora in stanza?- sbuffò Kindaichi.
- Dovevo cambiarmi la maglietta! E poi non siamo così in ritardo!- si difese Hinata.
- E poi non vi giudichiamo mai quando siete voi ad arrivare tardi ai pasti- aggiunse Lev.
- Quelli non hanno un orario!-.
- Ormai è successo, devi continuare a farne un dramma?- sbuffó Kageyama. Non che proteggere Hinata fosse la sua più grande passione, ma Kindaichi gli dava ancora più fastidio.
Dato quindi che Kunimi si rifiutava di intervenire in quelle discussione, Kindaichi si trovò da solo contro tre avversari. Aveva stretto una strana alleanza con Tsukishima, per via del fatto che entrambi adoravano insultare Hinata e, soprattutto, Kageyama, molto più irritabile del primo. Ma in quel momento il biondo era in disparte, intento ad ascoltare Yamaguchi che tentava di rassicurare Yachi.
- Ragazzi, per questa volta il ritardo non è un problema. Chi vuole iniziare?-.
- Io- Kunimi avrebbe fatto di tutto per evitare di stare a sentire ulteriormente quella sciocca discussione, perciò superó il gruppo ed entrò nello studio.
- Cercate di non litigare- il dottore ammoní i ragazzi prima di entrare a suo volta e chiudersi la porta alle spalle.- È tanto che hai questo disturbo?- chiese Ukai. Akira rimase confuso da quella domanda: non avrebbe già dovuto saperlo dalla sua cartella clinica?
- Ho sempre avuto poca forza; i disturbi del sonno mi sono stati diagnosticati alle medie- mormorò. Aveva deciso di rispondere comunque perché chiedergli il perché di quella domanda avrebbe portato via più tempo, e non aveva voglia di rimanere troppo lí.
- Però sei stato ricoverato solo di recente- notó il dottore. Akira annuì.
- Quando ho iniziato ad addormentarmi di colpo, i miei genitori hanno pensato fosse troppo pericoloso- rispose.
- A te dà fastidio?-. Il ragazzo scrollò le spalle.
- Mi dà fastidio non riuscire a decidere quando dormire, ma per il resto è una buona scusa per non fare niente- non aveva neanche la forza o la voglia di mentire, non lo faceva praticamente mai. Ed il dottore sapeva bene che soffriva sia di insonnia, sia di attacchi di sonno diurni.
- Hai rifiutato molte terapie vero?-.
- Non funzionavano- ammise il ragazzo. Pastiglie, medicinali vari, stati di ipnosi... Non aveva funzionato niente. Aveva un metodo, che riusciva ad utilizzare ogni tanto, per dormire un pochino più tranquillo. Ma non poteva farlo da solo... Ed era doloroso. Non ci teneva a ricorrervi, se non era obbligato; anche perché nessuno lo sapeva. Neanche i dottori.
Ukai aveva compreso che il ragazzo nascondeva qualcosa; lo aveva notato in quei giorni, di come fosse sempre sull'attenti. Ma sapeva che non avrebbe ricevuto risposte per il momento.
Inoltre, vedeva gli occhi di Kunimi iniziare a chiudersi e le sue risposte si erano fatte più lente, come per indicare che il suo cervello stava cercando di riposare.
- Puoi andare, grazie per aver risposto- lo congedó quindi.
Con molta lentezza, Akira si alzò, salutó il dottore ed uscì dalla stanza.Yutaro cercò di rimanere più fermo possibile. Era nervoso per via della discussione con Kageyama, ma muoversi quando non aveva il pieno controllo di sé non era mai una buona idea.
- Sono uno psicologo, non mi imbarazzeró per qualche gesto inadeguato dovuto ad un disturbo- lo informó il dottore. Yutaro sospirò ed appoggió le mani sulle gambe.
- È il primo a dirlo- ammise.
- Purtroppo, ci sono fin troppi dottori che pensano che la repressione sia una buona scelta- commentò Ukai; non gli sfuggì che la mano del ragazzo aveva iniziato a carezzare lentamente un lieve rialzo dei suoi pantaloni, ma non lo fece vedere. Il ragazzo si accorse comunque del suo gesto e provó a bloccarsi; sentí la sensazione spiacevole di qualcosa che non andava in lui e si strinse la gamba con l'altra mano, nel tentativo di distrarsi.
- Non posso certo farlo ogni volta che ne ho voglia- gli fece notare.
- No, ma smettere all'improvviso è la peggiore delle scelte. Bisogna riuscire a resistere con calma, poco alla volta, con obiettivi intermedi-.
- Come se non lo sapessi- sbuffò il ragazzo. Non voleva essere scontroso con il dottore, ma aveva già provato in molti modi a farsi passare quella sua mania, e non aveva funzionato niente.
- Preferisci uno psicologo che ti firmi un foglio che ti autorizza a segarti ogni volta che ne senti la necessità?-. La schiettezza del dottore sorprese il ragazzo; all'inizio pensó che fosse arrabbiato, ma aveva semplicemente detto ciò che pensava. E aveva anche ragione: Yutaro sapeva che non era colpa del dottore, non gli stava neanche antipatico. Ma aveva sbottato perché avrebbe voluto imparare a controllarsi.
Entrati nell'adolescenza, tutti i suoi amici avevano iniziato ad interessarsi a sesso e ragazze. Lui per un po' era rimasto indietro, e poi all'improvviso i suoi ormoni erano come scoppiati. Aveva iniziato a sentire sempre più bisogno di contatto fisico, e passava ore chiuso in stanza a fare "cose da adolescenti". Quando non gli era più bastato ed aveva rischiato di farsi beccare anche in pubblico, era andato da uno psicologo. Parafilia: un disturbo che non aveva mai sentito, e che lo faceva sentire costantemente a disagio in mezzo alle persone e con sé stesso. Più volte aveva rischiato quasi di saltare addosso a persone che conosceva. Nel corso degli ultimi tre anni, le sue mire si erano concentrate su una persona sola, ma la situazione non era cambiata.
- Passerà?- non riuscì a trattenersi dal chiedere.
- Tutto passa, ma devi essere tu a fare in modo che accada- rispose Ukai.
- Non dovrebbe essere lei a farmi guarire?-.
- Il mio compito è guidarti sulla giusta strada per aiutarti, ma devi essere tu il primo a capirti e a voler guarire-.
- Ma è ovvio che io voglia guarire!- strinse più forte il pugno. Il dottore non rispose, consapevole che qualsiasi cosa avesse detto in proposito avrebbe solo fatto irritare di più il ragazzo.
- Ed io farò di tutto per aiutarti. Ma ti chiedo, prima di lasciarti andare, di fare attenzione in questi giorni, di cercare di capire quali momenti ti senti peggio e quali invece non manifesti sintomi. Se noti qualcosa, riferiscimelo la prossima volta-. Yutaro non capì esattamente cosa significasse: era in quella situazione da anni, ma non aveva mai fatto particolarmente attenzione. Si limitava a cercare di fare durare a lungo i brevi momenti in cui il suo corpo non reclamava attenzioni. Per il resto, provava solo a non impazzire.
- Ci proverò- disse comunque, alzandosi ed uscendo dalla stanza.
Ignorò le occhiate dei suoi amici e prese Kunimi per mano.
- È stanco!-. Ignorò il commento di Lev: lo sapeva meglio di lui che l'amico era stanco. Ma se non gli diceva niente, allora voleva dire che aveva abbastanza forze.
Superata la porta per tornare nella loro parte di istituto, imboccó le scale e salì al secondo piano. Aprì la porta della stanza dell'altro, entrarono entrambi e la chiuse alle sue spalle.
Akira si trovò presto contro al muro, le labbra dell'amico sulle sue e le mani di Kindaichi che vagavano su tutto il suo corpo. Lo conosceva alla perfezione ormai, ma ogni volta non perdeva occasione per toccare ogni lembo della sua pelle.
Yutaro sentí il suo corpo farsi più teso, ancora più desideroso; ma la sua mente era più leggera, più libera. Sentiva di stare meglio. Avrebbe voluto farsi bastare quello, ma sapeva che se si fosse fermato sarebbe stato peggio dopo. Così, continuò a compiere quelle azioni che lo facevano sentire così bene... E che allo stesso tempo, gli facevano pensare di essere la persona troppo peggiore al mondo.
Akira dal canto suo era troppo stanco per fare qualsiasi cosa; sapeva che all'amico non importava, che gli bastava avere il suo corpo a disposizione. Certo, se gli avesse chiesto di fermarsi l'avrebbe fatto; ma non ne aveva motivo, e sapeva che poi Kindaichi sarebbe stato peggio. Così chiuse gli occhi, assecondando i desideri dell'altro. Non era così che avrebbe voluto che andasse. Ma almeno, sapeva che dopo sarebbe riuscito a dormire per un paio d'ore di fila.
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HAIKYU:LA MIA CURA
Fanfiction- Il primo passo per guarire è ammettere di essere malati-. Ukai è sempre stato un dottore fuori dal comune, i suoi metodi sono diversi da quelli degli altri psicologi; proprio per questo Takaeda deciderà di contattarlo come psicologo per la sua str...