CAPITOLO III.

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Dopo la pausa pranzo, Ukai si sentiva pronto per rincominciare. Mentre mangiava aveva sistemato le cartelle che gli erano state fornite da Takaeda, aggiungendo le informazioni che aveva ottenuto parlando con i ragazzi quella mattina.
Adesso, era il momento di iniziare con quelli di un anno più piccoli rispetto ai precedenti.
Non si stupì quando, aprendo la porta del suo ufficio, notó che erano già tutti lì. Erano solo in cinque: Kenma e Akashi, in silenzio vicino alla porta; Nishinoya, Tanaka ed Ennoshita, vicini alla parete opposta a parlare.
Quando si affacció al corridoio, si voltarono tutti verso di lui.
- Buongiorno ragazzi, sono il dottor Ukai. Immagino che i vostri amici vi abbiano già parlato di come funziona- iniziò.
- Inizio io- affermò Keiji.
- Perfetto: allora entra pure-.

A Keiji non cambiava molto parlare con i dottori o meno: non che avesse tanto da fare comunque. Bokuto si era calmato ed era con Kuuro, per cui si sentiva a posto.
Sarebbe anche andato per ultimo, ma sapeva che Kenma non se ne sarebbe andato senza di lui e per correttezza non voleva farlo attendere troppo.
Inoltre Ennoshita per via della sua sindrome non rimaneva volentieri in mezzo alle persone, per cui se doveva aspettare era meglio che lo facesse con i suoi amici.
- Veniamo subito al sodo Akashi. Tu soffri di apatia giusto?-. Il ragazzo annuì alla domanda del dottore.
- Sulla tua cartella c'è scritto che ormai sono quasi cinque anni che non provi sentimenti. Ma io credo di poter affermare con abbastanza certezza che non è vero-. La frase non era quella che Akashi si aspettava, anche se non ne rimase sorpreso o altro.
Per via della sua espressione, era sempre stato definito "apatico": la gente spesso e volentieri aveva iniziato ad evitare di avere a che fare con lui, perché l'espressione che aveva faceva pensare che fosse una persona a cui non importava nulla degli altri. Un tempo ovviamente non era così, ma con il passare degli anni Akashi aveva iniziato ad ignorare le chiacchiere che sapevano esserci su di lui e a non provare più fastidio per quegli sconosciuti che lo giudicavano. E alla fine, aveva smesso di provare tutto.
- Cosa intende?- chiese.
- Bokuto Koutaro-. Keiji si accigliò alla risposta del dottore. Lui non se n'era reso conto, ma il dottore aveva notato qualcosa che cambiava negli occhi del ragazzo quando era insieme all'altro.
- Cosa c'entra Bokuto?- chiese Keiji.
- Cosa ne pensa lui della tua malattia?-. Il ragazzo non capiva il motivo di quella domanda, ma decise di rispondere comunque.
- Quando gliel'ho detto, mi ha risposto che a volte anche a lui capitava, per via della sua depressione. E che non gli importava se non sentivo niente, voleva essere comunque mio amico. Gli ho detto che un tempo mi sarebbe piaciuto scrivere manga, e mi ha consigliato di scriverne uno sulla storia dei ragazzi di questo posto perché poteva aiutarmi ad empatizzare- raccontó. Il suo tono variò impercettibilmente al ricordo, anche se lui non se ne accorse.
Aveva accolto il consiglio del ragazzo, pur non capendolo, ma almeno in quel modo si teneva occupato la maggior parte del tempo. E poteva aiutare persone come Sugawara, che avevano problemi con la memoria, a ricordare.
- Voglio dirti solo un'ultima cosa; non mi serve una risposta, basta che ci pensi. Quando sei con lui, senti qualcosa?-. La mente di Keiji iniziò subito a pensare ad una possibile risposta.
"Sentire", provare sentimenti, era qualcosa che non riusciva a fare da molto tempo. In quel luogo si trovava tranquillo perché nessuno lo giudicava per quello, ed era libero di fare come pareva senza venire continuamente ripreso come gli accadeva invece a casa sua.
Pur non sentendo niente, riconosceva comunque di star vivendo in un ambiente piacevole.
E se pensava a Bokuto... Be', Keiji doveva ammettere che con lui sentiva qualcosa. Non erano definibili veri e propri sentimenti, ma sentiva qualcosa smuoversi dentro di lui ogni volta che il ragazzo gli era vicino. Non si curava più di tanto delle persone che aveva intorno, ma non era riuscito ad ignorare la gioia che quel ragazzo sembrava trasmettere. Non che volesse ignorare le persone, semplicemente gli usciva naturale; tranne che con lui, con lui non riusciva. La cosa lo lasciava indifferente; ancora non provava nulla, ma negli anni aveva imparato a conoscere quel ragazzo ed era diventato l'unico in grado di curare i suoi attacchi peggiori di apatia o altri sintomi della sua depressione. Aveva iniziato perché non voleva che quel ragazzo passasse quello che stava passando lui: a Keiji andava bene essere apatico, non gli importava più di tanto, ma sentiva che Bokuto non era nato per quello. Era nato per portate gioia.
E pur non provando emozioni, Keiji era ancora in grado di riconoscere cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato.
- Akashi?-. Vedendo che erano un paio di minuti che rimaneva in silenzio dopo la sua domanda, il dottore richiamò l'attenzione del ragazzo.
Quest'ultimo alzò lo sguardo su di lui.
- Scusi; arrivederci- Keiji si alzò, salutó il dottore ed uscì dalla stanza.

HAIKYU:LA MIA CURADove le storie prendono vita. Scoprilo ora